Donne europee al vertice, in Banca non c'è posto. Passi avanti nei Cda

Politiche
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Dopo gli Stati uniti (con Janet Yellen) e la Russia (con Elvira Nabiullina), anche Israele ha nominato una donna alla guida della sua banca centrale. Il tetto di cristallo al top delle istituzioni finanziarie si incrina ovunque. Tranne che in Europa, dove proprio pochi giorni fa la Commissione europea ha diffuso i dati sulla leadeship femminile in molti contesti, dalle società quotate ai parlamenti alle istituzioni finanziarie. Quest'ultima è la nota più dolente: ai vertici delle banche centrali nazionali, ci sono più di 4 banchieri centrali uomini su 5 posti, cioè l'81,4% del totale. Un dato che non si è mosso di un millimetro dal 2003 a oggi. Ancora peggio va nelle istituzioni di livello europeo: tra Banca centrale europea, Banca europea degli investimenti e il Fondo europeo d'investimenti, le donne sono solo 3 su 57, ossia il 5,3%. (La fettina rossa nei cerchi dell'immagine: si noti che nella Bce, la pià importante delle istituzioni finanziarie, le donne sono a quota zero).

Qualcosa si muove invece nell'economia privata, ai vertici delle grandi società quotate in borsa. Nella media europea, siamo al 16,6%, cioè su sei poltrone nelle stanze di comando, una è occupata da una donna, e per una volta anche l'Italia fa la sua parte in positivo. I dati appena diffusi sulle donne nei Cda si riferiscono ad aprile, quando le presenze feminili sono risultate il 16,6% del totale, mentre a ottobre 2012 si arrivava a un massimo di 15,8% nei board. I segni "più" sono stati registrati in 20 dei 27 paesi membri, e gli aumenti più consistenti sono stati in Slovacchia, Ungheria e Bulgaria, mentre le presenze femminili nei posti di comando sono diminuite in Romania, Lituania, Polonia, Malta, Grecia, Portogallo e Regno unito - come mostra la figura che segue.

Se si prova a guardare indietro nel tempo, il miglioramento è ancora più evidente: dal 2010 la percentuale di donne nel Cda è aumentata di 4,8 punti percentuali, con una media di 1,9 punti percentuali in più ogni anno. Se sembra poco, basta pensare che lo stesso dato era cresciuto a un passo molto più lento - solo mezzo punto all'anno - dal 2003 al 2010. Il colpo di acceleratore, dice la Commissione, è conseguenza diretta delle leggi adottate da alcuni paesi, che impongonoil rispetto di quote di genere nei board. E' il caso italiano, con la nuova legge in vigore per le società quotate dal 2011: con il suo 12,9% di donne nelle maggiori società quotate, l'Italia è citata (per una volta!) tra i paesi in cui sono stati registrati i maggiori successi insieme a Francia (dove oggi le donne nei Cda sono il 26,8%, cioè il 14,4% in più rispetto al 2010), e Olanda (dove si è raggiunto il 23,6%, con un aumento dell'8,7%.

Questo non vuol dire però che l'obiettivo in Italia è raggiunto: siamo pur sempre sotto una condizione di equilibrio, la tabella qui sotto mostra a colpo d'occhio: la zona marrone indica che l'equilibrio tra uomini e donne al comando c'è, e l'Italia è ben al di sotto e non arriva neanche alla media europea. Vale la pena ricordare che si tratta dei dati relativi ai board delle grandi società quotate in borsa, e che nel conteggio rientrano i membri del consiglio di amministrazione. Ben diversa la situazione per presidenti e amministratori delegati.

 

Delle 587 azienze monitorate attraverso il database della Commissione (e da cui derivano i dati riportati sopra), solo 26 hanno una presidente donna (4,4%) e ancora di meno - 16 - quelle in cui il Ceo è donna.