Faghan, il cortometraggio di Emanuela Zuccalà che accompagna le fotografie di Simona Ghizzoni esposte a Roma nella mostra Figlie dell'Afghanistan, racconta cinque donne che hanno dovuto lasciare il loro paese per riavere la libertà

Figlie dell'Afghanistan

Dopo vent’anni di presenza militare occidentale, il 15 agosto 2021 i talebani riconquistano l’Afghanistan, instaurando nuovamente una dittatura di stampo religioso che fa sprofondare il paese in un caos di violenze, povertà e violazioni dei diritti umani. Le donne afghane devono fare i conti con un’apartheid di genere che le priva dei loro diritti fondamentali, primo fra tutti quello all'istruzione. In pubblico, non possono mostrare il volto né far sentire la loro voce. Per riconquistare la libertà, l’unica scelta è fuggire all’estero.

Con interviste e video esclusivi della presa di Kabul nel 2021, Faghan racconta le storie di cinque donne fuggite dal loro paese e ora rifugiate in Italia. Realizzato da Emanuela Zuccalà, giornalista, scrittrice e regista, il cortometraggio accompagna le fotografie di Simona Ghizzoni esposte all'interno della mostra Faghan. Figlie dell'Afghanistan, in programma a Roma presso Officine fotografiche fino al 16 novembre 2024.

La parola faghan, che dà il titolo al documentario e alla mostra, è tratta da un verso di Figlia dell’Afghanistan della poeta Nadia Anjuman (1980-2005). In lingua dari, indica un gemito, un pianto di dolore. Lo stesso che ritroviamo nelle parole di una delle protagoniste del cortometraggio, quando racconta: "ora sto vivendo dove posso godere dei diritti umani fondamentali: la libertà d'espressione, di scegliere cosa studiare, che lavoro fare, come vivere. Ma da un altro lato penso: perché non dovrei avere questi diritti a casa mia? Perché sono dovuta diventare una rifugiata per avere questi diritti?".