Politiche

Quando lei ha un buon reddito anche gli uomini puliscono il bagno. La parità nella gestione domestica non è un miraggio per le coppie in cui le donne hanno entrate maggiori o uguali a quelle del partner. A proposito dell'articolo "Quando lei guadagna di più"/1

Anche i soldi
fanno la parità

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Lo stimolo a scrivere questa breve nota di ricerca ci viene dalla recente pubblicazione su “In genere” dell'articolo di Francesca Bettio e Alina Verashchagina dal titolo “Quando lei guadagna di più”. Le autrici osservano che persino in Italia (paese notoriamente arretrato per quanto riguarda i rapporti di genere), nelle coppie a doppio reddito non è trascurabile la quota di donne che guadagna più del partner maschile (il 16,1%). Si pongono poi l'interrogativo se queste maggiori risorse economiche femminili possano o meno influire sulla tradizionale divisione del lavoro domestico e di cura, a seconda che tale situazione crei o meno disagio nel rapporto di coppia e formulano in proposito interessanti ipotesi, per le quali si rimanda all'articolo. L'interrogativo rimane aperto, anche perché, come si afferma, non esistono studi in proposito che riguardino in modo specifico l'Italia. Posto il quesito in questi termini, è indubbiamente vero che le ricerche esistenti non sono in grado di dare una risposta; più modestamente, è però possibile verificare se esiste una relazione tra il reddito dei partner di coppia e la distribuzione del lavoro familiare.
Utilizziamo a tal fine i dati di una ricerca Cofin svolta nel 2004 su un campione nazionale di 2.500 coppie, il cui obiettivo specifico era l’analisi dei modelli di gestione delle risorse economiche tra i partner e tra le generazioni, e i cui principali risultati hanno dato luogo al volume ‘Conti aperti’(1). La ricerca, che ha sondato una serie di variabili per entrambi i partner, ha permesso la costruzione di diverse tipologie di coppia, comprese, per i casi in cui entrambi i partner lavorano, quelle relative al reddito o all’orario di lavoro.
I nostri risultati si discostano un po' da quelli che emergono dall’indagine Eu-Silc utilizzata da Bettio e Verashchagina, a causa dei diversi criteri di campionamento, ma le differenze non sono tali da impedire un confronto. Secondo i nostri dati(2), le coppie in cui entrambi sono occupati e in cui lei guadagna più di lui sono il 12%, quelle in cui c'è una sostanziale parità di reddito tra i partner(3) più della metà (quasi il 54%). Le situazioni di maggiore parità o di vantaggio femminile appaiono più frequenti nelle regioni del Nord, quando la donna ha una scolarità pari, o maggiore a quella dell’uomo e tra le coppie più giovani, vuoi come effetto della maggior presenza di situazioni in cui la donna ha una scolarità maggiore, vuoi in quanto, nei primi anni di inserimento lavorativo, non si sono ancora dispiegati i noti meccanismi di differenziazione retributivi tra i generi.
I nostri dati ci permettono inoltre di verificare se la struttura del reddito nella coppia abbia un qualche incidenza sulla divisione dei ruoli coniugali per quel che riguarda il lavoro domestico e di cura. Come noto, moltissime ricerche ci mostrano come tuttora, in Italia, esista una forte asimmetria di genere nella distribuzione del lavoro domestico, che permane, pur riducendosi, quando si tratta della cura dei figli(4). Anche i dati della nostra ricerca confermano nella sostanza questi risultati ben noti: in particolare, il saggio di Anna Laura Zanatta nel volume succitato(5) cerca di individuare i fattori che possono favorire una collaborazione alla pari tra i partner nelle attività familiari: premesso che tale situazione di parità riguarda una minoranza di casi, le maggiori probabilità di collaborazione paritaria nel lavoro domestico si verificano quando la donna è occupata e si trova in una posizione impiegatizia. Si conferma inoltre una maggiore condivisione, specie tra le giovani coppie, per quel che concerne la cura dei figli (certo, anche in questo caso si tratta di una minoranza, ma più corposa), in quanto evidentemente giocano anche fattori culturali, legati al cambiamento dell’identità paterna.
Possiamo ora chiederci se, nelle coppie in cui entrambi i partner sono occupati, il fatto che lei guadagni in misura uguale o maggiore di lui cambi questa sistematica condizione di svantaggio femminile. Si può ipotizzare in proposito che un reddito delle donne uguale o superiore a quello dei partner maschili attribuisca ad esse un maggior potere decisionale all'interno della famiglia e che, in tal caso, i loro partner collaborino di più nel lavoro familiare.
I risultati che emergono dalla tabella 1, statisticamente significativi, mostrano che la nostra ipotesi è fondata: quando la donna ha un reddito uguale a quello del partner, cresce sensibilmente rispetto alla media la quota della condivisione alla pari del lavoro domestico (rispettivamente il 37,9,% e il 43,1%), mentre, quando lei guadagna di più, aumentano in misura ancor più evidente i casi in cui è lui ad occuparsi prevalentemente delle attività casalinghe (il 15,3% contro una media del 4,8%).



Anche per quanto riguarda la cura dei figli, i risultati vanno nella stessa direzione, con la differenza che la condivisione paritaria è molto più diffusa rispetto al lavoro domestico e riguarda, in media, più della metà delle coppie (56,3%). Anche in questo caso, il fattore reddito influisce in misura statisticamente significativa: quando lei guadagna di più, aumentano  sensibilmente sia l'impegno prevalente di cura dei figli da parte del partner (il 13,2% rispetto a una media del 4,8%), sia la collaborazione paritaria (il 63,2% contro una media del 56,3%). Meno netto, ma comunque non irrilevante, l'effetto di un reddito uguale sulla responsabilità alla pari nella cura dei figli (il 59,2%) (tab.2).



Possiamo quindi concludere che la nostra ipotesi è verificata e che effettivamente le donne che hanno risorse economiche pari o superiori a quelle dei loro partner risultano avere più peso decisionale in famiglia e possono contrattare e ottenere una più equa divisione del lavoro familiare (6).
Questo dato ci sembra interessante specie se lo si confronta con l’impatto che ha, sulla condivisione dei compiti familiari, la struttura del’orario lavorativo dei partner: in questo caso infatti, impegni lavorativi simili non intaccano la sostanziale titolarità femminile e anche le poche coppie in cui la donna ha un orario più gravoso ben poco modificano a vantaggio di lei la ripartizione del lavoro domestico.

 

Note

(1) Facchini C.(a cura di), Conti aperti. Denaro, asimmetrie di coppie e solidarietà tra le generazioni, Il Mulino, Bologna, 2008.

(2) Il campione è limitato alle 499 coppie di occupati per le quali abbiamo il reddito di entrambi. Mancano quindi le coppie in cui lei è casalinga, o disoccupata, e quelle in cui almeno uno dei due è in pensione. In molti casi inoltre, manca l’informazione sul reddito di uno dei due partner; sulla problematicità a rilevare questo dato, cfr., in particolare, nel volume succitato, il saggio di Elisabetta Addis, Dentro la scatola nera. Il reddito tra caratteristiche sociali e difficoltà a parlarne (pp. 77-105).

(3) In quanto rientrano entrambi nello stesso scaglione previsto nel questionario.

(4) L'indagine più significativa in proposito è quella condotta dall'Istat nel 2003 sull'uso del tempo. Si vedano: Istat, Rapporto annuale. La situazione del paese 2004, Roma, Istat e Sabbadini L.L.  (a cura di), Come cambia la vita delle donne, Roma, Istat, 2004.

(5) Zanatta A.L., Risorse, potere e lavoro familiare (pp. 147-170).

(6) Del resto, una relazione positiva tra risorse economiche e potere decisionale in famiglia è rilevata anche in altri due saggi pubblicati in Facchini C. (a cura di), (2008): quello di Francesca  Bettio e Alessandra Caretta, La coppia e la gestione delle risorse: una lettura economica (pp.195-218), e quello di Dora Gambardella, Se donne e uomini (si) raccontano del denaro (pp. 173-194).