Politiche

Dati falsificati, cene nascoste, manovre illegali, e infine lo scandalo del Libor. Il mercato non è né efficiente né trasparente, e la cronaca nera lo dimostra ogni giorno. Ecco perché la prima riforma che serve è quella della finanza. Per non continuare ad affidare le previsioni a chi guadagna dalla loro manipolazione

Finanza, gli incendiari
della lunga estate calda

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“Tempi duri per chi, come me, crede nel libero mercato”, scriveva qualche giorno fa Luigi Zingales sul Sole 24 Ore.

Non passa infatti settimana senza un nuovo scandalo finanziario. Se ci si limita a una breve rassegna, dal 2007 abbiamo avuto lo scandalo dei mutui subprime, con la falsificazione dei dati sui prestiti cartolarizzati, le manovre contro l’eurozona concertate dai più importanti hedge fund (documentate dal Dipartimento di Giustizia americano), le cene del terzo mercoledì del mese dei primi 9 banchieri americani per concordare le operazioni sui derivati (denunciate da Gary Gensler, capo della authority di vigilanza sui derivati), le valutazioni delle agenzie di rating in continuo odore di conflitto di interesse e di insider-trading. Un crescendo culminato (per ora, ma già si è aperta l’inchiesta sulla manipolazione dei tassi sui bond municipali Usa) nello “scandalo del Libor” (il Sancta sanctorum della finanza internazionale), cioè la manipolazione (falsificazione) dei tassi di interesse interbancari, quelli cioè che determinano i tassi di interesse su quasi tutte le operazioni di credito, dai derivati, ai mutui, ai prestiti , e che ha coinvolto le principali banche internazionali: una cospirazione itinerante che data dal 2005, cioè da ben prima che scoppiasse la crisi finanziaria. Continua intanto, nell’afa di agosto, l’ottovolante dei mercati: le quotazioni si inabissano e si impennano a ogni voce, detta o taciuta. In questa guerra per l’euro in cui nulla è più certo o sacro, una sola fede sopravvive: il mito del mercato. In effetti, ci vuole fede. E anche una buona dose di strabismo per passare sopra agli enormi costi che vengono imposti in suo nome.

Due argomenti principali vengono avanzati a sua difesa. Il primo è quello delle poche mele marce. Questi scandali, si dice, sono la responsabilità di un gruppo di mele marce, banche divenute ormai troppo grandi, colluse con il potere politico, e gestite poco saggiamente. In queste condizioni la regolamentazione non serve, anzi “è spesso la causa del problema”, scrive Zingales nell'articolo già citato. La vera soluzione è “spezzare le grandi banche cattive”, ristabilendo così la competizione nel settore e restituendo al mercato il suo ruolo di allocatore efficiente. Vi sono certamente forti argomenti a favore della urgenza di spezzare lo strapotere del settore finanziario e le collusioni con il potere politico, ma è sbagliato illudersi che, liberato delle mele marce, il mercato si comporti in modo concorrenziale. "È raro – scriveva Adam Smith, da molti considerato il primo fautore del mercato - che professionisti dello stesso ramo si incontrino, anche in occasioni di divertimento o di svago, senza che la conversazione vada a sfociare in una cospirazione contro il pubblico, o un qualche stratagemma per far aumentare i prezzi". “La rete densa e pervasiva di relazioni [e di interessi] che opera dietro la scena del mercato e connette gli operatori fino a lambire regolatori e controllori, è uno strumento di alterazione dei meccanismi informativi che dovrebbero far funzionare i mercati in modo efficiente e trasparente” ci ricorda Giuseppe Soda, sempre sul Sole 24 Ore. 

Se questo è il modus operandi del mercato, è fatalmente compromessa anche la seconda linea di difesa, e cioè che la speculazione attacca là dove ci sono squilibri fondamentali: sostituendosi alle autorità di vigilanza, la speculazione costringe i paesi e i loro governi ad attuare riforme che sarebbero state altrimenti procrastinate all’infinito. Come si è visto in queste ultime crisi, la speculazione ha colpito paesi che si trovavano nelle situazioni più diverse. Certo si colpisce il più debole, ma il “contagio” finisce per trascinare nel baratro anche chi poteva ritenersi relativamente tranquillo. Infatti, in un mondo così fortemente integrato, economicamente e finanziariamente, non esistono muri (firewalls) sufficientemente alti da isolare neppure il paese più virtuoso: neppure la Germania è più al di sopra di ogni sospetto.

Il problema è che la speculazione non è come le previsioni atmosferiche: sebbene entrambe cerchino di prevedere il futuro, a differenza della meteorologia, la speculazione vince se può influenzarlo. In certi giorni, più frequenti di agosto, bastano 2 o 3 grandi broker - poche centinaia di milioni di euro - per muovere lo spread di una manciata di punti. La valutazione negativa delle agenzie di rating sotto la soglia di BBB può obbligare gli investitori istituzionali – fondi pensione, fondi di investimento, gestioni patrimoniali, casse previdenziali - a eliminare dal proprio portafoglio i titoli del paese declassato, facendone così cadere il prezzo. Basta anche il solo avvertimento di un declassamento a precipitare le vendite. Il comportamento gregario di tutti gli altri investitori fa il resto. Gli economisti parlano di previsioni autorealizzantesi. L’attribuzione di un valore legale e vincolante al rating, inizialmente pensata per evitare investimenti poco prudenti da parte degli investitori istituzionali, funziona così come un boomerang (e infatti qualcuno comincia a farne a meno: dal 2012 l’Emilia Romagna ha annullato la certificazione).  Dobbiamo concludere dunque che la regolamentazione è inefficace, o addirittura negativa? No, ma occorre che i figli della luce si facciano scaltri almeno quanto i figli di questo mondo (Luca 16,1-13), che i regolatori abbandonino cioè la visione idilliaca del mercato efficiente e delle poche mele marce. Se incentivi, obiettivi e cultura degli agenti che operano nei mercati finanziari sono tali da spingerli a cercare di eludere le regole alla ricerca del massimo profitto, i regolatori devono essere pronti non solo a innovare continuamente gli strumenti della regolamentazione, ma anche a vietare strumenti e pratiche che si dimostrino contrari al bene comune. È un po’ come il discorso delle armi alla portata di tutti. Negli Stati Uniti si continua a sostenere che non è il possesso delle armi che è un male, anzi, sono un utile strumento di difesa, ma il male è il loro uso da parte di alcuni pazzi. E così i massacri continuano.

Purtroppo, non pare proprio che la regolamentazione della finanza sia la priorità internazionale ed europea al momento. Stiamo assistendo a tutt'altro film, sui cui sviluppi torneremo presto, in questa estate caldissima della finanza.

1 Dal 2012 l’Emilia Romagna ha annullato la certificazione.