Politiche

In Germania da anni le ministre della famiglia portano avanti proposte per facilitare il lavoro delle donne e aumentare l'offerta di assistenza all'infanzia, ma solo di recente queste proposte hanno trovato una forma politica concreta

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Foto: Unsplash/ Andre Hunter

Avere bambini: quanti, quando e in quale situazione sociale, professionale ed economica della coppia e soprattutto della donna? In Germania sembra sempre più chiaro come questo sia un problema di massima valenza pubblica e politica, il principale nodo da risolvere se si vuole che lo stato funzioni anche in futuro.

Le statistiche dicono che a maggiore grado di istruzione e formazione delle donne corrisponde il minore grado di natalità, e che la natalità è calata in maniera significativa nella Germania dell'Est, ex Repubblica Democratica Tedesca, dove prima dell’unificazione tedesca il numero di figli per donna era più alto che nel resto del paese e le donne erano occupate quasi totalmente. Ne consegue che i fattori determinanti per la scelta in favore dei figli sono due: la possibilità di lavorare per le madri e la sicurezza di una qualificata assistenza per i bambini, che la Repubblica Democratica Tedesca più o meno bene garantiva.

Le considerazioni che discendono dal progressivo calo demografico rendono inoltre irrinunciabile il lavoro delle donne, primo perché il numero dei contribuenti, che devono sostenere una piramide demografica sempre più sbilanciata verso l’alto, diminuisce con l’aumentare dell’età media; secondo perché consegnare le donne all’esclusivo lavoro famigliare significa discriminarle e privare la società di lavoratrici, di cui lo stato ha promosso istruzione e qualificazione, spesso superiore a quella della componente maschile. Quest’ultima deve a sua volta essere incentivata ad assumersi parte del lavoro “privato”, di cui molte donne non vogliono più farsi carico da sole.

A queste conclusioni erano già arrivate anche le ministre della famiglia dei governi Kohl e Schröder, che avevano avanzato le loro proposte per facilitare il lavoro delle donne e aumentare l’offerta di assistenza ai bambini. Proposte significativamente simili alle attuali, con la differenza che non avevano trovato alcun ascolto. La ministra von der Leyen ha avuto più fortuna di coloro che l’hanno preceduta, perché  essendo stata lei stessa ministra della famiglia sotto il governo Kohl – il suo primo incarico ministeriale – conosce bene lo stato dell’arte: in più, provenendo dalla Repubblica Democratica Tedesca, sa quanto le donne dell’est siano state deluse nelle loro aspettative dopo l’unificazione.

Veniamo alle misure attuate dalla ministra van der Leyen e ulteriormente sviluppate dalle ministre della famiglia dopo di lei.

Congedi e sussidi per i genitori

La legge su congedi (elternzeit) e sussidi per i genitori (elterngeld) risale all’inizio del cancellierato di Angela Merkel ed entra in vigore a partire dal primo gennaio 2007. Il provvedimento si basa su due misure fondamentali, il congedo parentale e il relativo sussidio finanziario. Parallelamente vengono previsti e stanziati massicci finanziamenti da parte del Ministero della famiglia per sopperire al sussidio per i genitori, ma anche da parte dei länder e dei comuni per un considerevole aumento delle istituzioni di assistenza ai nati a partire dal compimento del primo anno.

Elternzeit, il congedo parentale

Il primo pilastro della legge su congedi e sussidi per i genitori è il congedo parentale: ne hanno diritto i genitori anche adottivi o affidatari di un bambino dalla nascita al compimento di tre anni. Non dipende dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro precedente, che può essere a tempo determinato, a orario parziale, può valere per studenti lavoratori, o in formazione, lavoratori a domicilio o a tempo ridotto. Ne possono usufruire anche i nonni del bambino, se il genitore è minorenne o si trova alla fine del percorso di una formazione iniziata prima del diciottesimo anno di età, a condizione che nessuno dei genitori ne usufruisca già. La durata del congedo si può estendere fino ai 36 mesi del bambino, il congedo di maternità (sei settimane prima e otto dopo il parto) vi è compreso e non aggiunto. Per i nati fino al 30 giugno 2015 una parte del congedo fino a un massimo di dodici mesi può essere utilizzato tra il terzo e l’ottavo compleanno del bambino, previo l’accordo del datore di lavoro. Per i nati dal primo luglio 2015 questo congedo prorogato si può estendere a 24 mesi e il datore di lavoro può rifiutarlo solo per stringenti motivi di organizzazione interna.  

Tutti i tempi dei congedi possono essere utilizzati contemporaneamente o in momenti alternati dai genitori, che si dividono il congedo tra loro, fermo restando il periodo massimo di trentasei mesi. A questo periodo ha diritto per intero unicamente il genitore singolo. Per tutto il periodo del congedo parentale, a cominciare da otto settimane prima del suo inizio, vige il divieto di licenziamento. Alla fine del congedo parentale si ripristina il regime di lavoro precedente. Chi durante il congedo aveva ridotto l’orario di lavoro, ha diritto a riavere il tempo pieno se lo desidera, ma permane il diritto all’opzione di orario ridotto. La copertura assicurativa sia ai fini pensionistici che in caso di disoccupazione non subisce interruzioni di sorta. Il genitore che ritorna al lavoro dopo il congedo ha diritto, se non allo stesso posto originario, a un posto equivalente per tariffa e qualifica: lo confermano le sentenze in proposito.

Elterngeld, il sussidio parentale

Hanno diritto al sussidio parentale i genitori che a causa dell’accudimento del nuovo nato non possono lavorare o possono lavorare solo a orario ridotto o devono interrompere il rapporto lavorativo.

Il sussidio parentale viene corrisposto, a partire dal primo gennaio 2007, per i dodici mesi dopo la nascita del bambino più due mesi all’altro genitore, per tutti i quattordici mesi al genitore singolo. L’ammontare del sussidio dipende dal reddito medio netto nei dodici mesi precedenti la nascita del bambino conseguito dal genitore che ne fa domanda. L'importo varia da un minimo di 300 euro per il genitore disoccupato a un massimo di 1800 euro mensili. Non ha diritto al sussidio chi guadagna 250.000€ netti all’anno o più. La percentuale prevista per legge è mediamente del 65 per cento del salario o stipendio netto e sale gradatamente fino al 100 per cento per i redditi più bassi.

Elterngeld plus

La legge sul sussidio parentale plus vige per i nati a partire dal primo luglio 2015 e introduce un elemento di flessibilità, permettendo di percepire per un periodo doppio la metà del sussidio nel caso di orario di lavoro ridotto. È per esempio possibile per i genitori lavorare alternativamente a mezzo orario e allungare così i tempi di accudimento del bambino, naturalmente percependo un sussidio dimezzato.

Nel 2013 sono stati corrisposti 4,9 miliardi di euro in congedi parentali, cifra che corrisponde all’83 per cento della spesa del Ministero della famiglia. Poco meno dell’80 per cento degli uomini ha usufruito del congedo di due mesi, il 90 per cento delle donne ha utilizzato il congedo dai 10 fino ai 12 mesi.

Mediante l’introduzione del congedo e del sussidio parentale il governo intendeva conseguire un radicale cambiamento nella politica famigliare e incoraggiare gli uomini ad assumersi un maggiore carico nel lavoro genitoriale e domestico. Si era pensato, in particolare, a favorire la natalità tra le persone con un elevato grado di istruzione. Facendo dipendere il sussidio dal reddito precedente, si voleva rendere possibile un livello di vita non troppo più basso di quello abituale. Questa riflessione era causata dall’alta percentuale di donne laureate senza figli – stimata, probabilmente con esagerazione, al 40 per cento – e naturalmente dal calcolo dell’apporto economico perduto, anche di contributi fiscali, nei casi in cui donne qualificate avessero rinunciato alla professione a causa del carico famigliare.

Invece di obbligare i partner a congedi genitoriali, si è preferito incentivarli mediante la corresponsione del sussidio, che però si perde se il congedo non viene usufruito. Il buon successo ottenuto da questa misura ha probabilmente contribuito a far crescere prestazioni e competenze genitoriali e domestiche tra gli uomini e li ha comunque messi almeno in parte a 'rischio famiglia' agli occhi dei datori di lavoro, che si sono trovati così ad assumere e a facilitare carriere non più solo in un’ottica di appartenenze di sesso, ma di merito e qualificazione.

Scuola materna e asilo nido a tempo pieno

Dal 1991 in Germania vige per legge il diritto al posto nella scuola materna dal compimento dei tre anni fino al momento della scolarizzazione. A partire dall’ agosto 2013  è stato esteso al diritto al posto nell’asilo nido al compimento di un anno di età. Il comune di residenza è tenuto a garantire il posto o, in mancanza del nido, a fornire una soluzione assistenziale – per es. la tagesmutter qualificata e controllata dal comune – pena la corresponsione del mancato reddito da lavoro del genitore costretto a rinunciarvi. A questa legge corrisponde un grande sforzo dei comuni per provvedere all’aumento di asili nido comunali, incentivi per asili privati, sovvenzionati anch’essi dai comuni per qualificare un tuttora insufficiente numero di educatori per bambini in età prescolare.

La spesa dei genitori per nidi, tagesmütter e scuole materne dipende dai comuni e dal land di residenza. A Francoforte i genitori pagavano circa 150 euro al mese per l’assistenza, sovvenzionata dal comune per il resto della spesa reale, quantificata in 450 euro a bambino. Dall’agosto 2018 la frequenza della scuola materna – a partire dai tre anni – è gratuita in tutta l’Assia.

Statistiche

Partendo dalla constatazione che le laureate tendono a posticipare le nascite al conseguimento di una stabile sistemazione professionale, lo studio dello Statistisches Bundesamt sulla ricerca demografica, presentato nell’ottobre 2012, si è concentrato sul tasso di natalità tra le donne laureate con più di trent'anni.

A partire dal tasso di natalità minimo del 2005 i dati mostrano un significativo sbalzo tra il 2007 e il 2008. Il tasso di natalità delle laureate dopo l’entrata in vigore della legge sul sussidio parentale è passato nel giro di un anno dall'1,29 all'1,38. E anche se, secondo Martin Bujard, responsabile di questo studio, non si può necessariamente desumere dai dati se ciò è avvenuto a seguito della legge, non si può ignorare che dal 1998 al 2016 il tasso di natalità è passato dall'1,37 all'1,59.