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Dopo le terribili notizie dalla Cecenia, diverse città hanno ospitato manifestazioni contro l'omofobia. Intanto gli ultimi dati del Parlamento europeo mostrano che la discriminazione sessuale è un problema tutt'altro che superato

L'omofobia è tutt'altro che superata.
Non solo in Cecenia

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Foto: Flickr/ thematthewknot

Negli ultimi giorni la Cecenia, repubblica della Federazione Russa, è finita sotto i riflettori della stampa internazionale per i raid anti-gay
riportati dal quotidiano di opposizione russa Novaya Gazeta: si è parlato di cento gay scomparsi, arrestati illegalmente e torturati in un centro di detenzione di Argun a causa del loro orientamento sessuale “o al sospetto di questo”. 

Una terribile violazione dei diritti umani in un paese in cui l’omofobia – come sottolineato dalla direttrice di Human Rights Watch per la Russia, Tanya Lokshina - “è comunque intensa e dilagante”. 

Il governo ceceno nega l’accaduto. Ma quanto detto dal portavoce del leader della Repubblica autonoma cecena, Ramzan Kadirov, che ha valutato improbabile l’evento per "l’assenza di omosessuali nella regione", non ha fatto che restituite il clima che si vive in una regione omofoba, in cui il muro di omertà rende difficile l’accertamento della verità.

Varie organizzazioni internazionali sono dunque scese in campo con diverse petizioni per avere risposte chiare sull’inquietante vicenda e far sì che la diplomazia europea faccia sentire alta la sua voce. 

Lo stesso presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in un intervento alla plenaria del Parlamento europeo, ha chiesto alle autorità cecene di “fornire al più presto notizie precise e dettagliate su ciò che sta accadendo".

E mentre l’opinione pubblica resta sotto shock dopo la notizia di campi di prigionia per omosessuali in Cecenia, si è costretti a costatare come nel mondo la discriminazione contro gay, lesbiche, trans e bisessuali sia purtroppo ancora molto diffusa.

Nel 2016 ben tredici risultano gli stati che prevedono la pena di morte per gli omosessuali, e 14 quelli in cui si rischia l’ergastolo.

In Africa, sono più di 30 i Paesi che discriminano gay, lesbiche e transessuali per legge. In Angola, Kenya e Marocco esistono ordinamenti che prevedono la reclusione fino a 14 anni.

In Europa, dove l’uguaglianza di genere è iscritta fin dall’inizio nella storia dell’Unione – sancita dal Trattato costitutivo della Comunità Economica Europea, e redatta nell’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – è però presente una forte incapacità di accoglienza nei confronti di quei richiedenti asilo gay, lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuali che scappano dai paesi di origine perché fortemente discriminati.

Come sottolineato dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), mancano delle linee guida nei paesi membri per far fronte a questo tipo di persecuzioni, complice anche un personale governativo addetto alle richieste d’asilo non sufficientemente formato nel gestire temi così delicati. 

E fanno riflettere due rapporti pubblicati a febbraio dal Parlamento europeo, in cui si registra una situazione di effettiva discriminazione anche nel vecchio continente: il 23% delle donne lesbiche e il 35% delle persone transgender in Ue sarebbero state aggredite o minacciate fisicamente o sessualmente almeno una volta nei ultimi 5 anni. 

Lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (Lgbti) sono più a rischio di subire violenze o discriminazioni: identità e orientamento sessuale si confermano variabili determinanti nell’agevolare o nell'ostacolare l’accesso delle persone al lavoro, all’istruzione, alla politica, alla salute.

Per questo la Commissione europea ha chiesto che l’identità di genere e l’orientamento sessuale siano inseriti nelle legislazioni nazionali dei paesi membri, domandando anche che vi sia da parte dello stato un sostegno alle vittime come anche un sistema penale efficace in grado di perseguire gli autori di molestie e discriminazioni. 

Il 17 maggio prossimo, intanto, come ogni anno, si celebrerà la Giornata mondiale contro l’omofobia, ricordando quello stesso giorno del 1990 in cui l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) tolse l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.

Al di là delle ricorrenze di rito, la strada per contrastare efficacemente le discriminazioni delle persone Lgbti è però ancora tutta in salita, e molti pregiudizi nella sfera pubblica e lavorativa fanno sentire il loro peso anche nella nostra Italia. 

Il 4 aprile scorso, per esempio, in Umbria è stata approvata una legge regionale contro l’omotransfobia, un testo a tutela delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans sul posto di lavoro e nella fruizione dei servizi, ma l’iter per l’approvazione non è stato semplice: “10 anni e tanta fatica – si legge sulla pagina Facebook dell’associazione Lgbti umbra Omphalos - ma l’Umbria ha finalmente fatto un passo avanti contro la discriminazione verso le persone Lgbt”.

Riferimenti 

Report del Parlamento europeo, 20 febbraio 2017

Report del Parlamento europeo, 23 febbraio 2017

Report Ilga 2016