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Assegno di maternità universale, congedi parentali di livello europeo, crediti di cura per la pensione, sgravi fiscali mirati, incentivi a orari non standard, riduzione dei costi dei nidi pubblici. Sei misure per far arrivare il welfare laddove non c'è; e per favorire la conciliazione tra lavoro e figli, per tutti

Sei proposte
per la maternità e la paternità

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Le misure che qui proponiamo sono pensate per favorire madri e padri, superando la tradizionale divisione dei ruoli, in un mercato del lavoro in cui convivono lavoratrici e lavoratori dipendenti, parasubordinati e autonomi. Le proposte mirano a rimuovere l’ostilità delle aziende alla maternità (e al lavoro femminile) e ai padri che decidono di usare i congedi; a favorire la conciliazione dei tempi per il lavoro con quelli per la cura; a tutelare la maternità, anche quando non ci sono le condizioni per ricevere un’indennità legata al lavoro; a riequilibrare la pensione di chi ha dedicato tempo ed energia alla cura della figli; a permettere ai genitori di accedere agli asili nido e/o di seguire più a lungo direttamente i propri figli, senza essere costretti ad abbandonare il lavoro.

Sono misure che prefigurano un welfare universale, per donne e uomini che lavorano e curano, e che proprio per questo tendono a favorire la presenza dei padri nel lavoro di cura; un welfare attivo che prevede che tutti i soggetti diano il loro contributo alla vita e all’economia secondo le proprie capacità; un welfare che offre libertà di scelta, secondo le diverse strategie personali e familiari.

  1. Indennità universale di maternità per tutte le madri

Il 55% delle donne italiane sotto i 30 anni e il 40% delle donne sotto i 40 anni non accede all’indennità prevista dal D. lgs. 151/2001 (ex legge 53) (dati al 2009, attualmente è probabile che la situazione si sia ulteriormente aggravata). Questo è un ulteriore elemento che scoraggia la natalità.

Su una questione di importanza centrale per lo sviluppo umano, come la maternità, riteniamo necessario superare la logica delle tutele esclusivamente legate all’occupazione e al lavoro subordinato. E’ importante favorire la libera scelta delle donne di avere dei figli e il riequilibrio della fecondità, dare l’opportunità alle giovani di non attendere un lavoro stabile prima di fare un figlio.

Chiediamo un assegno di maternità per tutte le madri e indipendentemente dal lavoro, pari al 150% della pensione sociale (al 2012 circa 700 euro mensili, per 5 mesi), a carico della fiscalità generale, con contributi a carico dell'Inps.

  1. Congedi parentali di livello europeo

I congedi previsti dalla legge sono rigidi e troppo poveri per costituire una reale possibilità di scelta in direzione della cura diretta dei bambini. Questa è anche una ragione per cui sono poco utilizzati dai padri.

Ci sembra importante consentire a tutti genitori - indipendentemente dalla posizione nel lavoro (lavoro subordinato/collaborazioni/lavoro autonomo) - la possibilità effettiva di scegliere il proprio mix tra le diverse opzioni di cura (servizi per l’infanzia e cura diretta indennizzata). Nell’ottica di un welfare attivo, riteniamo che i periodi di cura non debbano causare la perdita del contatto con il lavoro e debba quindi essere garantita la continuità di reddito e contributiva. Ci sembra altrettanto importante in un paese ancora tradizionalista nella cultura familiare come l’Italia, dare un impulso alla partecipazione dei padri alla cura e allo sviluppo di un modello genitoriale dual earner/dual caregiver.

Chiediamo di elevare la durata dei congedi parentali sia elevata a 18 mesi, con quota indennizzata al 60%, e che siano estesi a tutte le tipologie contrattuali. Chiediamo anche che siano utilizzabili part time: una misura a costo zero che potrebbe ridurre l’abbandono del lavoro da parte delle donne che non ottengono il part time.

  1. Crediti di cura ai fini pensionistici

Le donne hanno dovuto rinunciare all’anticipo del pensionamento – che era loro riconosciuto proprio in quanto caregivers – ma le risorse liberate non sono state rese disponibili a loro favore e poco è cambiato sia dal punto di vista della offerta dei servizi e degli aiuti monetari da parte dello Stato, sia dal punto di vista della condivisione della cura. In prospettiva – soprattutto alla luce del passaggio al sistema contributivo - è assolutamente probabile che le pensioni delle donne si impoveriscano ulteriormente.

Le fasi della vita dedicate all’accudimento dei bambini vanno considerate, almeno dal punto di vista contributivo, come periodi lavorati. In un’ottica di cittadinanza sociale, le/i caregivers vanno tutelati anche dal punto di vista previdenziale: le riforme pensionistiche devono prendere in seria considerazione la opportunità di integrare le pensioni di chi si è dedicato alla cura.

Proponiamo:

  • contributi figurativi legati al numero dei figli (ed eventualmente altri impegni di cura): 24 mesi per il primo figlio e 12 per ogni figlio successivo (a scalare rispetto alla contribuzione già riconosciuta per indennità di maternità e di congedi parentali);

  • integrazioni contributive per i periodi di lavoro part time per ragioni di cura, dato che a maggior ragione col passaggio al contributivo chi lavora a part time risulta molto penalizzato nella pensione;

  • possibilità di anticipare la pensione, nel quadro di un sistema di pensionamento flessibile (62-67), in caso di perentorie necessità di cura di un anziano non autosufficiente.

  1. Sgravi fiscali per le micro e piccole imprese

Il congedo di maternità ha un costo (l’integrazione dell’assegno al 100% della retribuzione, i ratei delle mensilità aggiuntive, le ferie e le ROL maturate anche nell’assenza, i lunghi tempi per rimborsi Inps, etc.). Questo costo incide particolarmente sui conti delle micro imprese ed è probabilmente alla radice di molta parte della discriminazione subita dalle donne al momento della assunzione, oltre che pretesto per mobbing nei confronti delle madri al rientro dalla maternità.

Fin quando i costi della maternità non saranno interamente a carico della fiscalità generale, le donne saranno penalizzate, con riflessi importanti sull’economia del paese e sulla loro autonomia personale ed economica.

Chiediamo che le micro e piccole imprese abbiano diritto a:

  • un credito d’imposta per ogni congedo di maternità, utilizzabile a partire dall’anno di vita del bambino (per contrastare il fenomeno delle pressioni alle dimissioni entro l’anno)

  • una riduzione dell’Irap per i congedi parentali dei padri che prendono almeno tre mesi di congedo.

  1. Un incentivo alla riduzione volontaria dell’orario di lavoro

Un pilastro fondamentale per la conciliazione è la destandardizzazione degli orari, sotto forma di orari flessibili e di riduzioni volontarie (part time) temporanee o durature.

L’inerzia del modello di orario di lavoro standard, nato sulla rappresentazione del lavoratore come maschio-breadwinner, è ancora molto forte ed è di ostacolo ai nuovi modi di intrecciare la vita e il lavoro delle donne e delle giovani generazioni. Un sistema di welfare attivo deve promuovere una più efficace conciliazione per le madri e per i padri tra i tempi delle responsabilità familiari e quello del lavoro retribuito e consentire così una maggiore libertà dei genitori di scegliere il regime di cura dei figli, anche riducendo in alcune fasi della vita la quantità di tempo dedicato al lavoro per il mercato.

Chiediamo l’attuazione del sistema già previsto dalla l.196/1997, art. 13 (cd pacchetto Treu) che stabilisce una rimodulazione delle aliquote contributive in base alle fasce orarie (ove le riduzioni di orario siano definite contrattualmente), per incentivare la scelta volontaria di orari ridotti.

  1. Riduzione delle tariffe degli asili-nido pubblici

L’offerta di asili-nido, pur migliorata nell’ultimo triennio resta abbondantemente al di sotto dello standard europeo e le tariffe – e il modo con cui vengono articolate in ragione del reddito familiare - restano spesso proibitive per famiglie a due redditi (e insostenibili nel caso di due figli sotto i 3 anni).

In un’ottica di welfare attivo e di libertà di scelta nel regime di cura, se vogliamo permettere alle madri di continuare a lavorare dobbiamo fare in modo di spostare il costo-opportunità tra spesa per il nido e reddito da lavoro nella direzione di quest’ultimo.

Chiediamo che:

  • i nidi non siano più considerati “servizi a domanda individuale”

  • che i costi siano resi più coerenti con una redistribuzione su tutta la filiera educativa

  • che ci sia trasparenza nei costi sostenuti dalle amministrazioni locali nella creazione del servizio per favorire una maggiore efficienza amministrativa e quindi costi più bassi.

 

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