Nel mercato del lavoro italiano le donne sono ancora costrette a farsi da parte. C'è bisogno di reti d'impresa che sostengano le piccole e medie imprese nella transizione a un welfare aziendale che permetta a lavoratrici e lavoratori di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro e condividere i carichi di cura legati alla famiglia
Verso un welfare aziendale
per la conciliazione nelle pmi

I dati lo confermano da anni, in Italia le donne lasciano o perdono il lavoro dopo la nascita del primo figlio o a causa dei carichi di lavoro legati alla famiglia. Come conferma l'ultima indagine Istat lasciare o perdere il lavoro dopo il primo figlio riguarda soprattutto le lavoratrici del mezzogiorno, mentre al nord e al centro il fenomeno aumenta con l’aumentare del numero dei/delle figli/e. Le motivazioni della scelta sono legate proprio alla difficoltà di conciliare famiglia e lavoro, oltre all’insoddisfazione per il tipo di lavoro svolto in termini di mansioni, posizione lavorativa e retribuzione. Insomma, mentre da un lato si parla di responsabilità sociale d’impresa (rsi) che valorizzi le pmi e il territorio di riferimento, dall’altro le donne sono costrette a farsi da parte.
Le difficoltà dovute al doppio ruolo di madre e lavoratrice permangono e sono in aumento. Dai dati del 2012 emerge che il 52,5% delle lavoratrici dipendenti lamentano problemi di conciliazione, rispetto al 48% del 2005. Anche le lavoratici dipendenti, con orario a tempo parziale, non esauriscono con questo istituto le loro difficoltà di conciliare: ad avere problemi sono il 29,4% nel 2012 rispetto al 22,1% nel 2005. C’è allora da chiedersi se effettivamente l’istituto del part time possa essere considerato uno strumento efficace nell’ambito della conciliazione tra famiglia e lavoro.
Non da ultimo è interessante notare come le motivazioni principali che inducono le donne a rinunciare a entrare nel mondo del lavoro, in un momento della vita, siano legate alla necessità di far fronte a carichi di cura legati alla famiglia in senso ampio. Per le stesse ragioni, un quinto delle donne (contro l'8,6% degli uomini) ha rinunciato nel corso della propria vita lavorativa a un particolare incarico che avrebbe voluto accettare.
È evidente che nella complessità della società contemporanea italiana i carichi di cura influenzano le decisioni delle donne nell’ambito lavorativo, sia per una visione “tradizionale” della famiglia, sia per la poca suddivisione dei ruoli, ma anche per la poca offerta sul territorio di strumenti efficaci per aiutare le famiglie a sostenere la conciliazione tra famiglia e lavoro.
Il sistema produttivo italiano è caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese (pmi) che non hanno possibilità di elaborare con facilità politiche di welfare aziendale, se non alleandosi tramite accordi di rete d’impresa. Le reti d’impresa possono, pertanto, favorire l'incremento della capacità innovativa e della competitività aziendale. Ma non solo. Trasformando il welfare aziendale in welfare community è possibile consolidare definitivamente il patto di collaborazione tra imprese e territori, mettendo in campo un sistema integrato di servizi territoriali calibrato sulla base delle peculiarità economiche e sociali di ogni contesto.
Creare una rete di comunicazione e di condivisione tra pmi, trovando insieme strategie organizzative di welfare e conciliazione, potrebbe essere l’occasione per affrontare gli scenari futuri in maniera vincente, al fine di sostenere l’entrata e soprattutto la permanenza delle donne nel mercato del lavoro.
Sarà necessario mettere a disposizione delle pmi un supporto e degli strumenti adeguati ad agevolare l’implementazione di una policy di welfare aziendale. Una nuova politica di gestione delle proprie risorse umane e una strategia organizzativa volta a mettere in centro la conciliazione tra famiglia e lavoro possono diventare una filosofia di vita e di lavoro innovativa e all’avanguardia.
Tra le buone pratiche, c'è quella avviata dall’associazione Want (Welfare advisor audit net tre). Want intraprenderà nel corso del 2016 un roadshow su tutto il territorio nazionale rivolgendo l’attenzione proprio alle pmi e ai/alle futuri/e imprenditori/trici, che vorranno sperimentare l’apertura di nuove attività d’impresa legate ai servizi della conciliazione in un’ottica di welfare territoriale, al fine di trovare soluzioni adeguate per le famiglie e per le organizzazioni stesse. Il progetto ha trovato finanziamento anche attraverso il bando sulle pari opportunità della provincia autonoma di Trento, che da alcuni anni porta avanti la certificazione family audit riconosciuta a livello nazionale come processo culturale di cambiamento della gestione delle risorse umane che rivolge le azioni ai propri dipendenti, alle famiglie e ai territori.
L'obiettivo, per il futuro, dovrebbe essere proprio quello di aiutare le pmi nel diffondere la cultura di un welfare aziendale che sappia andare incontro alle esigenze dei/delle dipendenti con azioni concrete, suscitare la nascita di nuove idee imprenditoriali per aumentare la sostenibilità dell’occupazione femminile, creare una nuova cultura d’impresa che possa rispondere in modo efficace e sostenibile alle esigenze di conciliazione tra famiglia e lavoro.
I carichi di cura non possono essere la causa dell’uscita delle donne dal mondo del lavoro.