A caccia di stereotipi nella scienza

Politiche
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La biologia può essere sessista? Possono gli studiosi proiettare i propri preconcetti maschilisti sul loro lavoro?

Il 14 maggio 2014 il direttore dell’Istituto nazionale di sanità (NIH) degli Stati Uniti ha pubblicamente esortato i ricercatori a non testare farmaci esclusivamente su tessuti e cellule maschili, escludendo lo studio sul genere femminile  a causa di potenziali distorsioni dei risultati portate dal ciclo ormonale. Le ricerche, secondo il direttore, dimostrano che non ci sono alterazioni conseguenti a fattori ormonali femminili e pertanto gli studi rivolti al NIH saranno sottoposti ad un’attenta analisi che assicuri un coretto equilibrio tra soggetti maschili e femminili.

Il Guardian riporta che ad aprile l’università del Wisconsin-Madison  ha istituito un corpo di ricerca per smascherare e modificare le faziosità sessiste nel campo della biologia. I membri del gruppo “Biologia femminista” trascorreranno due anni nel dipartimento di Studi di genere per individuare gli errori e produrre nuove teorie che riflettano un approccio femminista.


La professoressa Jenet Hyde, direttrice del dipartimento di Studi di genere, tiene a sottolineare che la neutralità e l’obiettività della scienza è un’ottima aspirazione, ma non riflette la realtà. Nel lavoro di molti scienziati, afferma Hyde, si riflettono i loro pregiudizi, sessisti, raziali o etnici che siano. Esserne consapevoli e produrre una versione alternativa non solo è importante, ma necessario.