Storie

Una lettura attraverso alcuni estratti da Le parole e i corpi. Scritti femministi di Maria Luisa Boccia, appena uscito per la collana sessismoerazzismo di Ediesse

Le parole e i corpi.
Scritti femministi

9 min lettura

Quando si legge un libro, ma anche quando lo si recensisce, si tende alla rapina e allo scarto: rapina dei concetti che più ci piacciono, che più sentiamo nostri, scarto sommesso di ciò che non sentiamo nostro. Ma in ogni caso, leggendo, ripercorriamo e ripensiamo le nostre stesse convinzioni, per avvalorarle, per arricchirle,  per cambiarle. Se il libro è bello fa scattare il pensiero. Certamente è quello che accade con il libro di Maria Luisa Boccia, Le parole e i corpi. Scritti femministi (collana sessismoerazzismo, Ediesse, 2018). 

E allora vorrei ripercorrere saggi e capitoli del libro proprio con questa rispondenza soggettiva, ritenendo che le mie domande, le risposte che cerco nei suoi testi, siano comuni a molte e molti. Per due motivi. Perché Marx, Gramsci, Simone De Beauvoir, Hannah Arendt, Simone Veil…sono figure tutte presenti nelle nostre letture e nei nostri pensieri, anche se solo per ricordi o per flash. Perché il corpo, i nostri corpi pensanti, si pongono gli stessi interrogativi che l'autrice in questo volume affronta, interrogativi che intersecano le nostre diverse esperienze e ci coinvolgono personalmente.

Scrive l'autrice, nell'introduzione:

Vi è anche una motivazione [nell’aver composto questo libro] legata al contesto attuale, contrassegnato dalla presenza di un movimento femminista, del quale sono protagoniste le generazioni giovani. Mi riferisco innanzitutto a «Non una di meno» e a «#Metoo», ma anche ad una più estesa e composita realtà di gruppi, centri, associazioni che operano nei luoghi e negli ambiti più diversi dell’esperienza. È una realtà che viene spesso definita come «nuovo» femminismo, proprio per marcare la discontinuità con il femminismo degli anni Settanta. Personalmente questo accento sul nuovo mi è risuonato come una «chiamata» alla mia generazione femminista a dare conto di sé: si può infatti parlare di «neo» femminismo, solo se si è consapevoli, vecchie e nuove generazioni, di cosa abbiamo in comune e quali sono le differenze. Senza individuare la prima dimensione, infatti, non si può neppure stabilire la discontinuità. Ma non è questo il compito che mi sono proposta, quanto quello di corrispondere a quella «chiamata»; dando conto, per me e dunque in modo parziale, del femminismo della differenza che ho praticato nel pensiero e nella politica. Anche per capire se e come è possibile metterlo in relazione con altri femminismi, non solo quello più recente. Ripercorrere alcune delle tappe più significative del mio percorso è stato un modo per riflettere sulle politiche comuni tra femministe differenti. Faccio una premessa. I «femminismi», al plurale, non vanno intesi come sistemi di pensiero compiuti, finiti; come tali, inevitabilmente alternativi tra loro. Non lo dico per conciliare le diverse tendenze, tanto meno per ricondurle tutte in un indistinto alveo ideologico. Fare del femminismo un’ideologia, è infatti la mossa di chi vuole addomesticarlo; rendendolo compatibile con l’ordine esistente.

L’intento è chiaro: il confronto con i nuovi movimenti femministi, il dar conto del proprio femminismo, l’offrire il proprio pensiero maturato negli anni per “riflettere sulle politiche comuni tra femministe differenti”. 

Di seguito una possibile lettura ripercorre il volume attraverso alcune citazioni (in corsivo) e semplificando moltissimo, quello che è senz'altro un libro complesso. Partiamo, come fa Boccia, dalle grandi figure della storia del pensiero e delle rivoluzioni.

Marx, la rivoluzione possibile

Sconfessato dalla storia, imbalsamato nelle sue utopie: questa la vulgata, da destra a sinistra. Ma non è colpa di Marx che sia prevalsa l’identificazione tra teoria e storia, l’una che si dovrebbe compiere nell’altra, “il mito del  compimento storico dell’Idea”, perché così si può rovesciare nel suo contrario, come è avvenuto e avviene nell’opinione corrente: o c’è stata distorsione della teoria – l’Urss, la Cina, la Corea del Nord, hanno distorto l’idea di Marx  oppure una smentita –  il comunismo è irrealizzabile. Ma, sostiene Boccia, se “della rivoluzione avvenuta con il pensiero di Marx, l’eredità che io scelgo è quella simbolica” allora quello che in Marx e di Marx è ancora vivo è il suo pensare l’impensato, il suo aprirsi al possibile evento. La fecondità di Marx non consiste in verità ingessate o mitizzate, ma nel suo modo di significare la realtà che ha modificato la storia, ha generato la possibilità della rivoluzione. Nel Manifesto Marx non scopre qualcosa che c’è già, ma lo fa esistere. E a proposito di soggettività e di rivoluzioni, non è forse vero che l’unico movimento che smaschera e colpisce l’intreccio dominante tra sessismo e razzismo è il movimento delle donne? In tutto il mondo.

Simone Weil, Hannah Arendt e i significati della politica

Politica, parola spesso abusata nei movimenti, oppure denigrata quando è solo conquista e detenzione del potere (nell’orribile gergo attuale: la casta, la poltrona). Ma perché la politica può essere al contempo una dimensione di potere, propria del sistema politico moderno, e il suo contrario, cioè l’interazione con la pluralità, la ricostruzione della convivenza, cioè quella che come femministe pratichiamo? Ce lo spiegano Arendt e Weil. Ci vuole un po’ di impegno per leggere questo saggio, ma ne vale la pena, troviamo risposte proprio a questa domanda.  

Simone De Beauvoir, il congedo dal destino

Un libro può cambiare una vita, Simone ha cambiato la storia, con il suo Secondo sesso, nel 1949. Il congedo dal destino di appartenere a un sesso "secondo" è l’inaugurazione del percorso della libertà nel divenire donna. "Un percorso non più affidato a realizzare la Femminilità, come identità di genere. Ovvero a fare della donna un essere in funzione dell’uomo", scrive Boccia. A leggere quanto scrive l'autrice quando confronta De Beauvoir con Carla Lonzi viene da parteggiare ora per l’una ora per l’altra. Ci piace quanto le accomuna: “non si può prescindere dal fatto di essere donna” ma la femminilità, il genere, sono una costruzione storica, socio-culturale che può, deve, essere disfatta. E qui subentra l’interpretazione di Judith Butler, le donne diventano soggetto nel decostruire la femminilità. Tuttavia “se donna non si nasce, ma si diventa, posso ri-divenire donna, come soggetto”.

Alain Touraine, le parole delle donne

Per Touraine (e per l'autrice) ai discorsi sulle donne – sulle loro difficili condizioni sociali, sulla persistenza delle discriminazioni  sono di gran lunga preferibili le parole delle donne che provengono dal quel monde des femmes in cui comunque, anche grazie a quel femminismo che magari disconoscono perché non conoscono, se non nella vulgata mediatica, sono protagoniste dell’opera di creazione di sé.

…la rivoluzione antropologica è una radicale alternativa politica. Ed ha operato in modo efficace. Proporsi come soggetti della propria esistenza è in sé un mutamento politico; vorrei dire quello più profondo necessario. E’ già politica, perché non investe soltanto la dimensione individuale.

Finalmente capiamo le nostre figlie che non si professano femministe, anzi: è  perché la rivoluzione femminista è già avvenuta, dentro di loro, dentro le loro vite. Oggi molte giovani donne, quando percepiscono sulla loro pelle che questa rivoluzione non è avvenuta nel lavoro, nelle politiche sociali, e che soprattutto è in atto una reazione avversa, violenta, omicida da parte di molti uomini, scendono in piazza, come è accaduto con Non una di meno, o nell’arena mediatica, come nel caso di #Metoo.

Immanuel Kant e non solo

Sembra quasi ci sia un filo nella sequenza di questo e del precedente capitolo, uno di quei fili che, come si legge nell'introduzione al libro, Boccia cerca per legare testi scritti in periodi diversi. E il filo sta tutto in quel richiamo di Kant, Osa sapere, che Boccia rivolge alle donne, sia quelle che considerano ininfluente il loro essere donna, sia quelle che praticano la passione della differenza. Osa sapere, contesta l’autorità maschile, costruisci un sapere autonomo a partire da te.

Antonio Gramsci, le contraddizioni della storia

«Odio gli indifferenti [...] mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compitoche la vita gli ha dato e gli pone quotidianamente […].Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia». Poche, asciutte parole per porre con forza il nesso tra politica e vita… per nessuno e nessuna vi è rifugio nella presunta innocenza di non «prendere parte». Nell’essere partigiano, dunque, la singolarità che adempie il compito,  posto dalla sua stessa vita, entra in relazione con altri ed altre. Prende cioè forma l’agire collettivo.

Sono parole, quelle di Gramsci riportate da Boccia, tante volte lette, citate, commentate. Ma qui si confrontano con le contraddizioni della storia, perché quando il partito – ma oggi lo si può dire anche rispetto all’associazionismo o alla riduzione della politica al voto, alla partecipazione online – non è più stato luogo di pratica e di passione politica, quando l’organizzazione ha prevalso e si è trasformata in istituzionalizzazione, allora partiti e associazioni si sono separati da chi invece pratica la politica a partire dal nesso con la propria vita. Il femminismo ha evitato il peso e l’irrigidimento dell’organizzazione.

Femminismi 

Due capitoli sono dedicati al confronto con altri femminismi, il femminismo musulmano, il femminismo paritario, definito addomesticato. 

Non ho competenza per parlare di femminismo musulmano o arabo. Posso invece parlare dello spiazzamento che mi ha prodotto il confronto con questa realtà. L’ascolto di voci ed esperienze di differenti femministe mi ha aperto domande sul «mio» femminismo[...]. Come soggetti pensanti siamo «estranee» a tutte le tradizioni; e però a tutte apparteniamo, in quanto «la donna» è il pensato che ci consegnano, nel quale siamo chiamate ad identificarci. E con il quale non possiamo non fare i conti. Un mondo pensato da donne non può non mettere in evidenza la trama complessa disegnata dai corpi e dalle relazioni sessuate e sessuali. Una trama in grado di lacerare il velo delle immagini femminili: da quelle del corpo celato dai diversi hijàb-burqa, pardeh, chador niqàb, a quelle del corpo celato dalla nudità, diversamente esibita e abbigliata, nella pubblicità, nel porno, nella quotidianità – pants, mini, scollature, topless, tatuaggi, ecc. –. Dietro lo schermo di immagini e  linguaggi corporei va mostrato il conflitto tra soggettività e disciplinamento che tutte le attraversa.

La pratica del fare e disfare insieme nel confronto, nel nostro comune mondo di donne, è cosa ben più giusta ed efficace di quell’universalismo dei diritti che prescinde dalle soggettività, quando per liberare le donne tende a sottrarle alle autorità patriarcali e religiose per sottoporle al controllo dello Stato, vedi la legge francese sul velo.

Femminismo addomesticato è quello riscontrabile nelle posizioni di quasi tutte le parlamentari della maggioranza politica della scorsa legislatura. Un femminismo considerato, soprattutto dalle più giovani, benemerito ma superato, oppure una sorta di “miseria del femminile” di fronte “alle magnifiche sorti e progressive” della raggiunta parità. Boccia ripercorre le interviste che io stessa, con Vittoria Tola, abbiamo condotto con alcune parlamentari del Pd e di Sel. E svolge le sue puntuali considerazioni. Nonostante la grande crescita numerica, anche Boccia ha uno sguardo attonito sulla scena parlamentare:

Non solo non è stata raccolta la sfida del femminismo più radicale, ma quella scena delude anche l’aspettativa – per alcune la certezza – che tante donne in Parlamento e nel Governo avrebbero inciso sulle scelte politiche e sulla qualità della democrazia.

Corpo a corpo

Basta scorrere l’indice e i titoli dell’ultima parte del libro per farsi un'idea della complessità e attualità dei temi trattati: corpi mutanti nello scenario tecnologico, il corpo e la legge, procreare altrimenti, il grembo insostituibile, l’embrione sovrano, chi è madre.

Partire dai corpi muta i termini del confronto ed apre possibili piani di convergenza tra femminismi differenti. Nel percorso femminista la riappropriazione del corpo, in tutte le sue forme, è stata centrale. Dalle pratiche del self, alle narrazioni dell’autocoscienza, alla critica dei saperi sul corpo (scienze biofisiche e sociali, storia, filosofia, psicoanalisi, arti e comunicazione) è stata fatta un’opera ampia e diversificata, volta a esplorare la corporeità, in tutta la sua ambivalenza e complessità, con le differenze storiche, culturali, sociali che ne segnano l’esperienza.

È stato lavorando su questo 'corpo a corpo', a più riprese e in diverse prospettive, che ho sentito più saldo nelle mani il filo del mio pensiero. E mi sono ritenuta autorizzata a proporlo.

Maria Luisa Boccia, Le parole e i corpi. Scritti femministi, Ediesse, 2018