Politiche

Transizione energetica: il mercato delle energie rinnovabili potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per le donne in un settore ancora prevalentemente maschile e oggi più che mai di importanza strategica per sopravvivere alla crisi. Analisi dei dati e ruolo delle politiche

Donne alla guida della
transizione energetica

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Foto: Unsplash/NASA

La transizione energetica – vale a dire il passaggio dall’uso di fonti non rinnovabili a quello di fonti rinnovabili per la produzione di energia – è considerata strumentale per il raggiungimento di una maggiore sostenibilità, non solo ambientale, ma anche sociale. Essa si prefigge, infatti anche l’obiettivo di creare nuove opportunità di lavoro, più inclusive per le donne rispetto a quelle del tradizionale settore energetico. Tuttavia, in un mercato come quello dell’energia, storicamente dominato dagli uomini, e in particolar modo in un paese come l'Italia dove le donne sono ancora poco rappresentate nelle Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), è possibile che la transizione energetica, più che ridurre le disuguaglianze di genere, contribuisca ad accentuarle.

Con la dichiarata volontà dell'Unione europea di raggiungere il 40% di energia rinnovabile entro il 2030 e la neutralità del carbonio entro il 2050, il mercato energetico europeo sta vivendo una svolta determinante per la produzione e il consumo di energia, che avrà ripercussioni sul mercato del lavoro. L'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili prevede che, in Europa, entro il 2050 verranno creati 6 milioni di posti di lavoro addizionali, mentre per l’Italia il Censis ha stimato la creazione di 150.000 posti di lavoro legati alla transizione energetica. Come questi saranno distribuiti tra uomini e donne non è scontato.

Il settore energetico, come altri settori tecnico-scientifici, è stato storicamente dominato dagli uomini. Il settore della produzione di gas e petrolio è infatti tra quelli con la più bassa percentuale di donne (22%), secondo solo al settore edile (11%). Per coloro che riescono a superare le barriere di ingresso, vi sono purtroppo altri ostacoli da affrontare: come spesso accade anche in altri settori, le donne faticano a farsi strada all’interno di queste industrie e il loro avanzamento di carriera si blocca spesso prima di quello dei loro colleghi. I dati sul settore di gas e petrolio confermano questa tendenza: le donne occupano, infatti, il 27% delle posizioni entry level e il 25% delle posizioni a metà carriera, mentre troviamo soltanto il 17% di loro in posizioni apicali.

I motivi di questa polarizzazione sono molteplici e perlopiù legati all’infondato stereotipo per cui le donne sarebbero meno portate degli uomini per attività che richiedono abilità matematiche e scientifiche. La persistenza e l’influenza che questi stereotipi hanno su interessi, autostima e scelte accademiche e professionali delle donne, fanno sì che queste ultime siano ancora in svantaggio, rispetto agli uomini, nelle Stem. In Italia, il divario di genere nelle scienze si presenta molto presto, sin dal passaggio dalle scuole medie alle scuole superiori, quando le ragazze iniziano ad allontanarsi dall’ambito scientifico preferendo scuole a indirizzo umanistico: le ragazze rappresentano, infatti, l’82% degli studenti nei licei delle scienze umane, il 78% nei licei linguistici e il 70% nei licei classici, contro il 42% nei licei scientifici.

L’allontanamento dal settore scientifico aumenta nei successivi passaggi educativi e, infine, professionali, un fenomeno che viene solitamente chiamato con il termine inglese di leaky pipeline – letteralmente “tubo che perde” – che rappresenta appunto il progressivo abbandono delle scienze da parte delle donne. Tornando ai dati italiani, sebbene la percentuale femminile del corpo studenti dei licei scientifici non si discosti molto da quella maschile, nel passaggio all’università questa si riduce drasticamente: le donne rappresentano infatti il 14% dei laureati in informatica, il 26% dei laureati in ingegneria e il 31% di quelli in fisica.

Tornando al discorso della transizione energetica, essendo questi i dati sull’attuale condizione delle donne nelle Stem, ci si potrebbe quindi aspettare che un simile sbilanciamento di genere si osserverà anche per i nuovi posti di lavoro legati alle energie rinnovabili. Tuttavia, questo particolare settore potrebbe rappresentare un punto di svolta per la condizione femminile.

I sondaggi sulle opinioni di cittadini e cittadine rispetto alle questioni legate alla sostenibilità ambientale e alla crisi climatica suggeriscono, infatti, che siano le donne, più degli uomini, a prestare attenzione a queste tematiche e ad adottare comportamenti più sostenibili. Questo divario – per cui è stato coniato il termine eco gender gap – risiederebbe nella tendenza delle donne a essere in generale più empatiche, più attente alla cura degli altri e più altruiste, tutte qualità che favoriscono l’adozione di comportamenti più sostenibili.

I dati sull’attuale composizione della forza lavoro nel settore delle energie rinnovabili confermano questa tendenza: rispetto al settore petrolifero dove, come abbiamo visto, le donne sono il 22%, le energie rinnovabili attraggono un maggior numero di professioniste, con una percentuale di lavoratrici donne che sale al 32%. Questo fenomeno è perfettamente in linea con quello che tipicamente avviene quando le donne iniziano a farsi strada in settori considerati di dominio maschile. Ciò che accade, infatti, è che le donne tendono a scegliere mansioni che richiedono caratteristiche tipicamente definite “femminili”. Nel caso del settore energetico, ad esempio, dei lavoratori che svolgono mansioni di tipo amministrativo il 53% sono donne, contro circa il 24% di coloro che sono, invece, coinvolti nella filiera produttiva.

Le caratteristiche del settore delle energie rinnovabili potrebbero attrarre, quindi, un numero superiore di donne rispetto al più tradizionale settore energetico. Sebbene vi siano delle premesse favorevoli, affinché ciò accada sarà necessario un intervento da parte delle politiche pubbliche che sostenga una transizione energetica più equa e favorevole per le donne rispetto al passato. A questo proposito, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha fatto della parità di genere un principio cardine della sua implementazione. Più nello specifico, tra le strategie proposte per garantire la parità di genere, vi è il rafforzamento dell’accesso delle donne alle competenze Stem, linguistiche e digitali. Tuttavia, gli investimenti previsti per questo obiettivo sembrano favorire le donne solo indirettamente, attraverso iniziative per migliorare la conciliazione vita-lavoro e la diffusione dell’insegnamento delle discipline Stem nei percorsi scolastici e all’università.

Data la pluralità di ostacoli che le donne affrontano per entrare e rimanere nei settori scientifici, affinché l’obiettivo che il Pnrr si è posto rispetto alla parità di genere venga effettivamente raggiunto, a nostro avviso sono necessarie delle linee guida più precise rispetto a come gli investimenti previsti potranno beneficiare direttamente le donne e, in particolar modo, le donne nelle Stem. Come mostrato in quest’articolo, il settore delle energie rinnovabili potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per attirare le donne in questo settore ancora maschile. Sarà compito delle politiche pubbliche cogliere quest’opportunità in maniera efficace.

Riferimenti

Assossomm. (2022). Lavoro: Censis-Assossomm, nei prossimi 3/4 anni previsti oltre 150.000 nuovi posti di lavoro nel settore energia

Czako, V., European Commission, & Joint Research Centre. (2020). Employment in the energy sector: Status report 2020

Italiadomani. (2022). Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Governo Italiano

MIUR. (2021). Studenti per anno di corso, classe e genere. Scuola statale anno scolastico

OECD. (2020). Gender and environmental statistics: Exploring available data and developing new evidence (p. 16). OECD Publishing Paris. 

Rick, K., Martén, I., & von Lonski, U. (2017). Untapped reserves. Promoting gender balance in oil and gas (p. 40). World Petroleum Council and The Boston Consulting Group.