Politiche

Clima: la riflessione di un'attivista sugli intrecci tra femminismi e contrasto al riscaldamento globale, aspettando la Cop29 che si terrà a novembre a Baku, in Azerbaijan

Femministe nella
crisi climatica

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Donne e crisi climatica
Credits Unsplash/USGS

Quando a gennaio, il presidente dell'Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha annunciato che il comitato della prossima edizione della Conference of Parties (Cop) - il vertice internazionale che ogni anno si riunisce per decidere sulle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici che stanno surriscaldando il pianeta - sarebbe stata composta da 28 membri, tutti uomini, si sono levate molte critiche.

Le attiviste di SHE Changes Climate, in seguito alla notizia, hanno rilasciato un comunicato in cui definivano questa scelta "un passo indietro", aggiungendo anche che "il cambiamento climatico riguarda tutto il mondo, non solo la sua metà". 

Anche Christiana Figueres, ex Segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfcc), ha espresso il suo disappunto sulla questione, definendo la decisione "uno shock" e "inaccettabile", come riportato dal quotidiano britannico the Guardian.

La decisione rappresentava un controsenso anche rispetto all'ultima edizione della conferenza - la Cop28, tenutasi a Dubai - nel corso della quale era stata organizzata una giornata dedicata alle dinamiche di genere. In quell'occasione, l'Entità delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne aveva presentato il report Feminist climate justice: a framework for action, come proposta di un approccio femminista verso il raggiungimento della crisi climatica. 

Secondo il rapporto, entro il 2050 il cambiamento climatico porterà a una condizione di povertà 158 milioni di donne e ragazze in più rispetto al numero attuale, con 236 milioni di donne in più che soffriranno la fame. 

Per questo motivo, l'ente ha individuato quattro capisaldi per disegnare politiche più sostenibili e inclusive: il riconoscimento dei diritti delle donne e degli altri gruppi di persone che subiscono discriminazioni, nonché del loro lavoro e delle loro conoscenze; la ridistribuzione delle risorse economiche; la rappresentazione delle voci delle donne e la lotta contro disuguaglianze e ingiustizie.

Oggi sappiamo che le connessioni tra crisi climatica e condizione delle donne sono diverse. Come riportato sul sito dell'Entità delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'empowerment delle donne, il cambiamento climatico aumenta infatti le disuguaglianze già esistenti sul pianeta: in molte regioni del mondo sono le donne a doversi occupare, ad esempio, di procurasi cibo, acqua e altre risorse necessarie alla sussistenza delle comunità, attività che fanno tutte parte di quei lavori di cura storicamente delegati alle donne. 

Nei paesi a reddito basso o medio-basso, inoltre, il settore di impiego principale per le donne è rappresentato dall'agricoltura, che risente molto delle conseguenze dei fenomeni climatici estremi, come i periodi di siccità o di piogge torrenziali, che portano quindi le donne a dover lavorare di più e più duramente per assicurare cibo alle loro famiglie. 

In questa situazione, nelle aree del mondo meno industrializzate ma più ricche di risorse, le ragazze sono spesso costrette ad abbandonare gli studi per aiutare le loro madri. A questo si aggiunge, che quando si verificano disastri ambientali, proprio in queste aree del pianeta le donne hanno meno possibilità di sopravvivere a causa delle disuguaglianze, che rendono loro più complicato, ad esempio, aver accesso a risorse e informazioni. 

La salute delle donne quindi è più a rischio a livello internazionale, anche a causa dell'aumento delle temperature, che secondo le ricerche porta a un incremento della natimortalità e alla diffusione di malattie come la malaria o la febbre dengue.

Infine, è utile ricordare che le donne discriminate su più livelli – non solo per il genere ma anche per razza, orientamento, disabilità, posizione geografica e posizione che occupano a livello sociale – sono anche quelle che risentono di più degli effetti della crisi climatica. Le donne nere, Lgbtqia+, quelle con disabilità o che vivono in zone di conflitto e remote sono quelle su cui le conseguenze del clima che cambia hanno un maggiore impatto.

Le numerose intersezioni tra l'appartenenza al genere femminile e la crisi climatica sono analizzate anche all'interno di una sezione dedicata, sul sito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Unfcc), su cui si basano le Conferenze delle Parti.

La decisione di non includere le donne nel comitato organizzativo della prossima edizione risulta quindi paradossale, e non è sorprendente che abbia generato critiche. D'altra parte, il divario di genere alle Cop non è una novità: in ventinove conferenze, solo cinque donne hanno avuto il ruolo di presidente, come sottolinea lo stesso comunicato. 

Solo in seguito alle critiche, pochi giorni dopo l'annuncio della composizione del comitato, Ilham Aliyev ha aggiunto dodici donne e un uomo al comitato originale. 

Si tratta di un piccolo passo di cambiamento all'interno di processi in cui vengono prese decisioni che riguardano l'umanità intera e la sua sopravvivenza: queste conferenze, infatti, rappresentano per moltissime comunità l'unica occasione in cui rendersi visibili al resto del mondo - come la popolazione che abita nelle Isole Marshall, in Oceania, ad esempio, che rischia di scomparire a causa dell'innalzamento del livello del mare.

Per quanto piccolo possa sembrare questo cambiamento, è una dimostrazione concreta di come sia necessario e utile mantenere alta l'attenzione sulle decisioni che vengono prese ai vertici e che poi hanno conseguenze sulle vite di molte persone. 

In questo caso, sono bastati solo quattro giorni per ottenere un risultato che si più definire degno di nota, dal momento che riguarda l'evento più importante dell'anno per le decisioni volte a limitare i danni della crisi climatica.

Certo, non è semplice seguire tutto quello che succede intorno a noi, in particolare quando ci sembra che qualcosa non ci riguardi direttamente. Tuttavia, prestando la giusta attenzione ai processi in corso, ci si può rendere conto che molte lotte sono collegate tra loro, e che ci sono intersezioni anche tra ambiti che a prima vista possono sembrare distanti gli uni dagli altri, come, appunto, il clima e il ruolo delle donne nella società. 

Adottare un'ottica intersezionale, attenta ed empatica può essere la chiave per affrontare le sfide dei nostri tempi. 

In vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo, anche alcune delle istituzioni europee, come il Comitato economico e sociale europeo e i Consigli economici e sociali nazionali, hanno consigliato di attuare misure per un maggior coinvolgimento delle cittadine e dei cittadini nella vita politica; per esempio promuovendo momenti come le assemblee cittadine, che rappresentano un'antitesi all'individualismo che permea ormai molti ambiti delle nostre vite, e che possono farci (ri)scoprire il potere delle comunità e del senso di appartenenza a qualcosa di più grande.

L'importanza della società civile dovrebbe essere insegnata già nei contesti educativi e nei luoghi di formazione, che costituiscono le prime occasioni in cui abbiamo a che fare con persone che non fanno parte della nostra cerchia familiare, e attraverso cui impariamo a confrontarci con stili di vita, opinioni e gusti diversi dai nostri. 

A questo dovrebbe aggiungersi un ascolto più attento, da parte delle istituzioni, di tutte le fasce della popolazione, dei loro bisogni e delle loro considerazioni, in modo tale che nessuna persona si senta ignorata, o pensi che la propria opinione non conti e i suoi gesti non possano apportare un valore comune.

Il ruolo della società civile è proprio quello di assicurarsi che si agisca concretamente in base a quei valori che dovrebbero essere alla base di qualsiasi democrazia: formare spazi di dialogo, di condivisione e confronto, fare da cassa di risonanza per esprimere anche il dissenso e le critiche, quando necessario; in generale, far sentire la propria voce, specialmente quando i bisogni delle cittadine e dei cittadini non vengono ascoltati a sufficienza o presi in considerazione. 

Tutto ciò richiede pazienza, tempo, una messa in discussione non solo di quello che ci circonda, ma anche di sé. Per trasformare la rabbia verso il presente e la paura del futuro, in un motore di cambiamento.