Dati

50 milioni per le famiglie più povere di tutt'Italia, con una spesa mensile dai 230 ai 404 euro. Quale sarà l'effetto, da Roma a Bari, della nuova carta acquisti per i più poveri? La sperimentazione è partita da gennaio. E alcuni dati fanno pensare che ne saranno interessate di più le donne, italiane e immigrate

La carta acquisti
nella borsa della spesa

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Il primo gennaio  è partita in 12 comuni italiani con più di 250.000 abitanti la sperimentazione della nuova “carta acquisti”, che non sostituisce la precedente, ma si affianca a essa. Durerà un anno con un impegno complessivo di risorse pari a 50 milioni di euro, ripartiti tra i comuni interessati in base all’incidenza della povertà assoluta nella ripartizione territoriale corrispondente. Si va così dai 12 milioni di euro di Roma, ai 9 di Napoli, ai 5,6 di Milano fino ai 3 di Bari.

A differenza della vecchia carta acquisti di 40 euro in media al mese, destinata essenzialmente a persone ultrasessantacinquenni o a famiglie con bambini di cittadinanza italiana al di sotto dei 3 anni e un reddito Isee inferiore ai 6000 euro annui, la nuova è di importo ragguardevole (si va da un minimo di 230 euro per un nucleo familiare di 2 persone a un massimo di 404 per un nucleo di 5 o più componenti) e ha il duplice obiettivo di combattere la povertà minorile, sostenendo le famiglie in maggiore difficoltà sul versante del mercato del lavoro, e di raggiungere i cittadini immigrati stranieri comunitari ed extracomunitari che soggiornano per un lungo periodo in Italia.

La gestione della nuova carta è affidata ai comuni che hanno il compito di stabilire i criteri per la selezione dei beneficiari e assumersi la responsabilità di una loro presa in carico, attraverso la definizione e condivisione di un progetto personalizzato finalizzato all’inclusione sociale, al reinserimento lavorativo e al superamento della condizione di deprivazione economica.  Saranno coinvolti il servizio sociale professionale, i servizi per l’impiego, la scuola, le Asl,  per assicurare l’accompagnamento e il sostegno del nucleo nel suo percorso. Una condizione i cui confini sono dati essenzialmente dalla presenza di minori e da una condizione di disagio lavorativo, associate a una situazione di estremo disagio economico. La difficoltà economica è data da una serie di considerazioni congiunte relative al livello Isee (che deve essere inferiore ai 3000 euro) ma anche ai beni immobiliari e mobiliari eventualmente posseduti. Tali beni devono presentare un limitato valore di mercato. Naturalmente è riservata ai comuni la possibilità di individuare criteri aggiuntivi per la definizione del numero effettivo di beneficiari da raggiungere. Tra questi la condizione alloggiativa del nucleo, la sua numerosità (mono-genitoriale o famiglia con tre o più figli), la presenza di persone disabili ecc…

Ulteriore novità di questa sperimentazione sta nell’averne previsto il monitoraggio, attraverso una rendicontazione intermedia del piano personalizzato condiviso con i beneficiari, nonché la valutazione finale attraverso il confronto con un gruppo di controllo che non ha avuto accesso alla misura di policy oggetto di analisi. 

Alla luce di questo quadro d’insieme, quali implicazioni di genere possono derivare dalla introduzione della nuova carta acquisti? Potrebbe avere una ricaduta efficace sulle condizioni di vita delle donne rispetto alla precedente?

Il nuovo strumento  guarda alle famiglie in condizioni di estremo disagio economico, tanto che le risorse stanziate sono ripartite in base all’indicatore d’incidenza della povertà assoluta. Secondo tale indicatore in Italia nel 2011 le famiglie maggiormente in sofferenza sono proprio quelle in cui la persona di riferimento non è occupata (6,6%) o in cui almeno un membro sia in cerca di occupazione (15,5%). L’incidenza della povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con basso profilo professionale (7,5% operai o assimilati) o con basso titolo di studio (9,4% nessun titolo/elementare; 6,2% media inferiore), tra le coppie con un figlio (4%), in particolare se minore (5,7%). Lo svantaggio in termini di povertà assoluta aumenta anche quando le famiglie sono più numerose (12,3% con 5 o più componenti) con tre o più figli (10,4%), così come quando il nucleo è mono-genitore (madre sola con figlio, 5,8%). Se a questi dati si aggiungono le differenze territoriali si rileva che il Mezzogiorno presenta una più accentuata condizione di svantaggio rispetto al Centro e al Nord con un valore più che doppio di incidenza della povertà assoluta (8,0% contro il 4,1% del Centro e il 3,7% del Nord).

Si tratta di profili di povertà che toccano piuttosto da vicino la condizione femminile. Sono le donne a essere meno presenti nel mercato del lavoro rispetto agli uomini e, quando lo sono, il loro inquadramento contrattuale è precario e instabile; i nuclei mono-genitore sono costituiti per lo più da donne sole con figlio; al Sud le donne hanno livelli di istruzione più bassi e più frequentemente vivono in nuclei familiari numerosi. È verosimile, dunque, che la nuova carta acquisti possa avere un impatto, per quanto indiretto, sulla condizione delle donne che vivono in nuclei a forte disagio economico e lavorativo, con 5 o più componenti o mono-genitore. Non è un caso che, dall’esplorazione di alcuni siti in cui sono aperte discussioni su questa nuova misura, siano soprattutto le donne a scrivere per chiedere informazioni e chiarimenti.

Inoltre, il fatto che alla misura cash si associ in modo vincolante la condivisione di un progetto personalizzato di inclusione sociale potrebbe costituire un buon punto di partenza per la sperimentazione di una misura di policy mista, in cui interventi monetari e in kind sono finalizzati alla promozione integrale della persona per l’affrancamento da condizioni di deprivazione. Sarebbe auspicabile che il processo di valutazione della sperimentazione della nuova carta  tenesse conto della misura in cui la sua attuazione abbia  favorito l’inserimento o il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro. Ipotizziamo  che l’integrazione di queste due forme di intervento possa effettivamente consentire alle donne di liberare tempo e risorse da destinare alla ricerca attiva di una occupazione. Un risultato che, se conseguito, potrebbe costituire un nodo chiave per il contrasto della povertà minorile. Il processo di emancipazione dall’indigenza infatti  non può che passare attraverso l’occupazione degli adulti (le donne in particolare) e l’istruzione dei minori. Per verificare tale ipotesi occorre che il processo di valutazione tenga conto delle differenze di genere nell’analisi dei risultati, diretti e indiretti, per i  beneficiari “adulti”.

Un’altra importante implicazione riguarda  le donne immigrate comunitarie ed extracomunitarie. I dati Istat di questi giorni rilevano una crescita dell’occupazione femminile dovuta essenzialmente all’aumento dell’ impiego delle donne immigrate e delle over-55. L’aumentare dell’occupazione delle donne immigrate non diminuisce però la loro potenziale esposizione al rischio di esclusione sociale o di povertà. Resta significativamente alto il numero  delle straniere, sole con figlio minore, che non dispongono del reddito necessario all’acquisto di alcuni beni essenziali. Si auspica, dunque, che la valutazione di questa misura evidenzi la sua capacità di raggiungere anche quella fascia di popolazione straniera, esclusa dalla vecchia social card, e considerata a pieno titolo nella nuova.

Resta il fatto che la nuova carta acquisti ha come unità di riferimento il nucleo familiare, dunque, qualsiasi analisi successiva non potrà che restituirci una valutazione di impatto di genere solo di tipo indiretto. Valutazione comunque utile ai fini di un’applicazione su più vasta scala della misura, in quanto capace di indicare strategie di intervento di tipo sistemico.

 

Bibliografia

Istat (2012), La povertà in Italia. Anno 2011, Statistiche Report, 12 luglio 2012

M. Baldini, L. Beltrametti (2013), La sperimentazione della nuova carta acquisti, Nel Merito, 1 febbraio 2013 

Decreto interministeriale Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero dell’Economia e delle Finanze, 15 gennaio 2013