Le politiche e le pratiche locali possono dare un impulso decisivo allo sviluppo delle attività d'impresa delle donne. E le aree in cui le donne hanno sviluppato imprese o capacità imprenditoriale sono quelle che rendono la città un luogo piacevole per vivere e lavorare

Mettiamo in comune
le imprese femminili

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Come recita il documento di presentazione della strategia Europa 2020, (1) è “opinione diffusa che l'Unione Europea debba concordare un numero limitato di obiettivi principali”, che “devono rispecchiare il tema di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Devono essere misurabili, riflettere la diversità delle situazioni degli Stati membri e basarsi su dati sufficientemente attendibili da consentire un confronto.” (p. 10)

Su queste basi, il primo traguardo fissato dalla nuova strategia riguarda il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni, “che dovrebbe passare dall'attuale 69% ad almeno il 75%, anche mediante una maggior partecipazione delle donne e dei lavoratori più anziani e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva.” (p. 10)

 Donne, anziani e migranti: sono dunque questi i soggetti indicati come principali destinatari delle politiche attive sul mercato del lavoro, in particolare guardando al tema della crescita inclusiva, ossia capace di “rafforzare la partecipazione delle persone mediante livelli di occupazione elevati, investire nelle competenze, combattere la povertà e modernizzare i mercati del lavoro, i metodi di formazione e i sistemi di protezione sociale per aiutare i cittadini a prepararsi ai cambiamenti e a gestirli e costruire una società coesa.” (p. 17)

In questo ambito, il tema dell'imprenditoria femminile (spesso declinabile anche in modo trasversale con riferimento a lavoratrici in età matura e a migranti) risulta particolarmente cruciale.

Sebbene sia stato ampiamente dimostrato come l’imprenditoria femminile possa incidere positivamente sull’aumento di imprese start-up, il lavoro autonomo femminile (inteso come proxy del numero di donne imprenditrici) non è cresciuto nella maggior parte dei paesi europei agli stessi ritmi di quello dipendente. Studi finanziati dalla Commissione Europea dimostrano il persistere di differenziali di genere nell'attività imprenditoriale di uomini e donne, sia a livello Ocse che in Europa (si veda Fig. 1). (2)

Figura 1: Attività imprenditoriale (2007)

Fonte: Allen et al. (2008)

Nota: A livello EU, assenza di dati per BG,CY, CZ, DE, EE, LT, LU, MT, PL, SK.

Per modificare il quadro attuale, le pratiche e le strategie promosse a livello locale possono avere un ruolo determinante, e, tuttavia, il coinvolgimento dei comuni continua a essere un approccio sorprendentemente poco applicato. Oggi, infatti, abbiamo una maggiore conoscenza di cosa è necessario per incoraggiare e sostenere le donne nel fare impresa ed è noto che, per produrre avanzamenti, il livello locale è un’area di intervento importante.

Ci sono due buoni motivi per incentivare questo cambiamento di atteggiamento. In primo luogo, è provato che sostenere l’attività imprenditoriale femminile sia un modo per coinvolgere nell’attività economica le donne delle aree e dei gruppi socio-economici più disagiati delle città. In secondo luogo, le aree in cui le donne hanno sviluppato imprese o capacità imprenditoriale, sono quelle che, nel lungo periodo, rendono la città un luogo piacevole per vivere e lavorare. Cura, commercio al dettaglio, servizi di accoglienza e settori ad alta intensità di conoscenza sono infatti le aree in cui le donne preferiscono fare impresa. Aree importanti per le economie delle città contemporanee, dove, al fine di proteggere molte famiglie dalla povertà, si dovrebbero sviluppare servizi per la conciliazione.

La sfida con cui dobbiamo confrontarci è trovare nuove idee per rafforzare la posizione sociale delle donne – più o meno svantaggiate – e accrescere il loro contributo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Le città possono avere successo nella promozione di politiche per lo sviluppo d’impresa al femminile, ma, affinché questo accada, c’è bisogno di avere un quadro istituzionale, strutture ed idee chiare.

Esempi di buone pratiche rilevate dai partner WEED dimostrano come:

1. La promozione di una cultura e di condizioni che consentano la nascita d’impresa tra un’ampia gamma di donne, può essere sostenuta da una formazione innovativa ben pianificata a livello locale.

2. Con il coinvolgimento dei comuni è possibile creare servizi di supporto finanziario e commerciale di alta qualità, che prevedano il coinvolgimento di enti privati e pubblici, al fine di fornire un sostegno continuativo e coerente.

3. Si possono creare incubatori di impresa più women-friendly attraverso azioni di partenariato tra imprese locali e università.

4. Cambiare le procedure per gli appalti pubblici al fine di includervi clausole sociali, permette di allargare il mercato alle imprese a conduzione familiare, in cui si collocano prevalentemente le donne imprenditrici.

Le politiche e l'innovazione sviluppate dai comuni e dai loro partner hanno molto da offrire in termini di un’efficace promozione della parità di genere. E nonostante l'attività imprenditoriale rimanga una sfida per tutti, ci sono pratiche che vanno tenute in considerazione come mezzo per combattere gli effetti della crisi economica, per gettare le basi che migliorino la qualità della vita delle città del futuro, e per utilizzare il dinamismo delle donne imprenditrici per uscire dalla recessione. Iniziano a esserci ormai dati che dimostrano come le imprenditrici abbiano superato i loro colleghi in "voglia di crescere", quindi le lezioni imparate dal sostegno all’imprenditoria femminile potrebbero rivelarsi valide per nuove generiche iniziative di sostegno all’impresa (3).

Tuttavia non esiste un’unica strada o una facile soluzione. Ci sono vari pericoli insiti nello sviluppo di impresa localizzato quando questo non viene legato alla riqualificazione del territorio e non viene accompagnato da adeguati strumenti di supporto al reddito. (4) Le innovazioni imprenditoriali in atto spesso si interrompono quando si tratta di applicarle a soggetti ai margini dell’attività economica e quando il finanziamento dei progetti si esaurisce. Come ha detto Peter Ramsden, membro fondatore della Community of Practice on Inclusive Entrepreneurship (Cpoie), "L'imprenditoria può sicuramente essere uno strumento di inclusione, ma solo se abbiamo gli strumenti giusti e un impegno reale verso l'inclusione. Le donne che lavorano hanno maggiori possibilità di diventare imprenditrici di successo perciò c'è ancora molto da fare per includere nel cambiamento le donne disoccupate e in particolare le donne disoccupate appartenenti a gruppi emarginati. "(5)

Ci sono misure, ancora molto poco sperimentate dalle autorità pubbliche o private in Europa, che potrebbero aumentare il numero di imprese guidate da donne, per esempio politiche che assegnino gli appalti pubblici a piccole medie imprese (Pmi) di donne. L’apporto delle donne imprenditrici non è ancora pienamente compreso perché non è ben documentato e studiato. (6)

Oggi, la sfida per i comuni e i loro partner nello sviluppo economico europeo riguarda il come creare strategie per stimolare l'innovazione e il come comprendere e sfruttare il potenziale offerto dalle donne per una crescita economica sostenibile. Secondo i partner WEED il passo successivo dovrebbe essere lo sviluppo di piani d’azione locali per affrontare tali sfide; per costruire a partire dai punti di forza esistenti, e affrontare il divario che impedisce di usare le capacità delle donne per contribuire ad avere ambienti dinamici e competitivi.
Mostrare ciò che può essere fatto a livello comunale è un primo passo, ma per avere un impatto reale è necessario che l’azione si traduca in un insieme di principi e strategie.

* L'articolo qui pubblicato sviluppa una parte dei temi affrontati in "Female Entreprenuership: Towards an urban agenda for the economic downturn", pubblicato in The Urbact Tribune, novembre 2009  

 

[1] Commissione europea (2010), EUROPA 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020, Bruxelles.

[2] Allen E, Elam A, Langowitz N, Dean M (2008) Global Entrepreneurship Monitor (GEM) 2007 Report on Women and Entrepreneurship. Disponibile su http://www.gemconsortium.org/

[3] Make your mark (2008) Entrepreneurs, British Business and the Credit Crunch. Available at: www.makeyourmark.org.uk

[4] Scott G, Campbell J and Brown U (2001) “The Contribution of childcare to local employment: poor work or work for the poor?”, Local Economy , Vol 16:3.

[5] Rake,K and Rothesone A (2009) Are women bearing the brunt of the recession?, London, Fawcett Society.

[6] Stoumann J. (2007) Moving out of the shadow economy: tools and methods for an inclusive entrepreneurship approach. Disponibile su http://wikipreneurship.eu/images/5/58/Moving_Out_of_The_Shadow_Economy.pdf