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La libertà comincia dalle parole, e consenso è una di queste. A ricordarlo dopo i femmincidi delle ultime settimane che hanno coinvolto anche donne giovanissime, è il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell'Emilia Romagna, che nel 2024 ha accolto 5mila donne in situazioni di violenza

Parliamo di
consenso

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Parliamo di consenso
Credits Unsplash/Glen Carrie

Il contrasto alla violenza di genere parte dalla cultura del consenso, dalla possibilità per una donna di dire no. A ricordarlo in una nota è Laica Montanari, Presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna che solo nel 2024 hanno accolto 5mila donne: “le donne rischiano la vita per poter dire di no: il minimo che le istituzioni possano fare è imparare ad ascoltarle”.

Che cos'è il consenso? Il consenso "è la possibilità di dire di no, presupposto fondamentale perché sia possibile esprimere un entusiastico sì" ricorda Montanari. "Non può esserci consenso laddove ci siano minacce, coercizione o uno squilibrio di potere troppo forte tra le due parti. Allo stesso modo in cui non si può parlare di consenso quando una persona è in uno stato di alterazione da sostanze. Il consenso è contestuale e limitato nel tempo: dire di sì una volta non significa rinunciare per sempre alla possibilità di dire di no in futuro, o di cambiare idea rispetto a ciò a cui si aveva inizialmente acconsentito". 

Dovrebbe essere una consapevolezza radicata e invece, come ci ricordano i femminicidi delle ultime settimane, in Italia abbiamo un grave problema di consenso, non solo perché per le donne, anche giovanissime, decidere di non portare avanti una relazione significa ancora rischiare la propria vita, ma anche perché "regna ancora molta confusione rispetto a cosa possa costituire un sì".

Uno dei passaggi più critici e pericolosi di ogni percorso di fuoriuscita dalla violenza, racconta Montanari "è il momento di rottura, quando una donna decide di interrompere la relazione, di andarsene di casa o di denunciare le violenze subite – di dire, insomma, di no al maltrattante". Ed è proprio in corrispondenza di questa manifestazione di autonomia che spesso le donne vengono uccise.

Lavorare alla costruzione di una consapevolezza collettiva sull'importanza del consenso è allora un passaggio fondamentale, a partire dalle generazioni più giovani, che nonostante le nuove sensibilità in campo si ritrovano alle prese con le stesse dinamiche, amplificate dagli strumenti digitali, "in un Paese che invece di promuovere l’educazione all’affettività finanzia le associazioni antiabortiste, dove le dichiarazioni di ministri negano l’esistenza della violenza di genere o ne parlano esclusivamente in chiave razzista e securitaria". Il consenso, insomma, è una questione che riguarda tutta la società a livello esteso.