Maria Skłodowska, fisica polacca naturalizzata francese, meglio nota come Marie Curie, è stata una delle più grandi scienziate del nostro tempo. Due premi Nobel e una scoperta cruciale nella cura al cancro, quella dell'isolamento del Radio. La stessa che le causò la morte
Pioniere. Marie Curie,
una vita per la scienza

Il Polonio. Chi è costui? Devono prima morire il leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Yasser Arafat, e una spia dissidente dei servizi segreti russi, Aleksandr Litvinenko, perché se ne parli al grande pubblico. Un elemento chimico, che causa avvelenamenti ma, soprattutto, una delle grandi scoperte di Maria Skłodowska, fisica polacca naturalizzata francese, meglio nota come Marie Curie. O Madame Curie.
Correva l’anno 1898 quando questa donna, nata trentuno anni prima a Varsavia, appassionata di scienza, considerata un tutt’uno con il marito francese Pierre, fece le scoperte che la resero famosa, le fruttarono due Premi Nobel (uno per la fisica nel 1903 e uno per la chimica nel 1911) e l’ingresso all’università parigina della Sorbona come prima docente donna a soli 39 anni.
Marie Curie lavorava in situazioni estreme con attrezzi rudimentali, priva di collaboratori. A segnare la sua esistenza professionale e personale più che quella del Polonio fu la scoperta del Radio che si rinveniva nella pechblenda, un minerale tra le principali fonti di uranio. Isolare il radio dalla pechblenda era un’impresa che aveva del titanico, almeno con i mezzi di allora. Per ottenere alcuni milligrammi di radio, abbastanza puro da poter stabilire il suo peso atomico, era necessario trattare tonnellate di pechblenda. Maria poteva lavorare su 20 kg per volta che versava in una bacinella di ghisa. Un processo delicato che non ammette incidenti: se un granello di polvere o una particella di carbone fossero caduti nei recipienti utilizzati sarebbero stati giorni di lavoro perduti. Ma Maria, anche di fronte a questa oggettiva difficoltà, non si dà per vinta e si dedica con accanimento a separare il radio dal bario con il metodo della cristallizzazione frazionata ideato e messo a punto da lei.
È il 28 marzo del 1902 quando Madame Curie annota sul suo quaderno nero: RA = 225,93. Peso di un atomo di radio.
Siamo in presenza di una delle pietre miliari nella storia della scienza. Da allora si punterà ad una gamma di utilizzi della radioattività: il primo è quello terapeutico, contro il cancro. Lo si sperimenta con successo nel cancro della pelle. Gli orizzonti possono essere più ampi e di qui in avanti si scatena la caccia al radio da estrarre su scala industriale. Ma, si sa, una scoperta scientifica è poca cosa se non va a beneficio dell’umanità. Marie, durante la prima guerra mondiale, opera in qualità di radiologa per curare i soldati feriti: dotando un'automobile di un'apparecchiatura radiografica rende possibili indagini radiologiche in prossimità del fronte.
Donna generosa e lungimirante Marie Curie: con una decisione insolita, o solo imprevedibile, la scienziata non aveva depositato intenzionalmente il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio. Aveva deciso di lasciarlo libero (Ilaria Capua più di un secolo dopo seguirà il suo esempio con il virus dell’aviaria) per dare alla comunità scientifica la possibilità di effettuare ricerche in questo campo senza alcun ostacolo.
Una mente unica quella di Marie, donna sulla quale si abbatte la sciagura di una precoce vedovanza, nel 1906, per la morte improvvisa del marito Pierre Curie investito da una carrozza. Da quel momento è la sua vita di donna tout court e non di scienza ad essere nel mirino: il breve legame con Paul Langevin, fisico sposato con 4 figli, trasforma Marie in una "ladra di mariti", anche per una campagna denigratoria organizzata ad arte dalla moglie di Langevin.
Giovane donna dalla luminosa intelligenza e dalla pacata tenacia, protagonista dell'accademia, due figlie – una diventerà Premio Nobel per la chimica nel 1935 –, Marie non si lascia abbattere dal perbenismo della pur laica Parigi e lotta per il progresso della scienza fino alla sua morte avvenuta per anemia aplastica nel 1934, e causata da quel Radio tanto amato e di cui, allora, si ignorava la pericolosità. Procedendo sempre con coraggio, come aveva lei stessa scritto nel suo libro La vita non è facile, e allora? Lettere di un genio forte e curioso: "Bisogna perseverare e avere fiducia in se stessi. Dobbiamo credere di essere portati per qualcosa e che questo qualcosa vada raggiunto a ogni costo". Anche al prezzo della vita stessa.
Marie Curie e il cinema
È approdato a fine giugno 2017 nelle sale The courage of knowledge, film diretto da Marie Noelle che ne ha curato anche la sceneggiatura. Cento minuti promossi dalla critica dove l’accento è posto più sulla donna sleale in amore che su quella animata da una passione irrefrenabile per scienza e ricerca. La storia di Marie Curie era già finita sul grande schermo in passato. Nel 1943 era uscito un film semplicemente intitolato Madame Curie e realizzato dalla Metro Goldwin Mayer sulla base di una biografia curata dalla figlia più giovane Eve.