Politiche

Mentre la Spagna continua a perdere popolazione per una progressiva riduzione del numero di nascite, c'è chi sta pensando di avviare una ricerca sull'effetto dei prezzi delle case sulla natalità

Se il calo delle nascite
dipende dalle case

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Foto: Unsplash/ Roman Kraft

Nella città di Parla, nella comunità autonoma di Madrid, 128.256 abitanti, la media di figli per donna è di 1,63, un valore alto per gli standard spagnoli. Si tratta della quarta città spagnola con oltre 20mila abitanti nella classifica del numero medio di figli per donna, subito dopo Melilla (2,34), Ceuta (1,81) e Lorca (1,68). Parte della spiegazione è dovuta all'alta percentuale di popolazione migrante, un 25% proveniente dal Marocco. Ma poi c'è un'area, un quartiere ad est di circa 30mila residenti, dove il tasso di natalità è quello più alto di tutta la città: 19,26 nati ogni mille abitanti. I media lo hanno definito il "baby boom degli appartamenti economici", disegnati e costruiti negli anni delle speculazioni urbanistiche della comunità autonoma di Madrid.  

Tra gli anni '60 e '70 la piccola città si è popolata infatti di famiglie povere provenienti dal sud della Spagna che cercavano di avvicinarsi a Madrid per le opportunità di lavoro e miglioramento di vita. La città di Parla ha un prezzo al metro quadro che è il secondo più basso tra i 22 municipi con oltre 50mila abitanti di Madrid, secondo un noto portale di compravendite immobiliari, ma continua ad avere pochi servizi, e gli abitanti ancora aspettano più scuole e nuovi centri di salute. L'età media della città, tuttavia, è bassa. Ventenni e trentenni si sono trasferiti qui negli ultimi anni attratti dalla facilità abitativa e questo ha avuto effetti sulla natalità. E c'è chi, come all'università Complutense di Madrid, pensa di avviare una ricerca specifica sugli effetti del prezzo delle case sulla natalità, fenomeno ancora poco indagato. Anche se non è statisticamente dimostrabile che un impiego di qualità, una pensione sicura o una bella casa possono bastare a convincere le donne spagnole a riprodursi con tassi di natalità sufficienti per arginare lo spopolamento.

Intanto in Spagna continua il calo delle nascite, dopo una diminuzione del 40,7% che si era già accumulata nel corso dell'ultimo decennio, una tendenza al ribasso interrotta solo nel 2014. 

Sempre meno figli

Il numero di nascite registrate nel 2018 è stato 369.302, che corrisponde a una diminuzione del 6,1% rispetto all'anno precedente, 23.879 nascite in meno, con un numero medio di bambini per donna sceso di 0,06 punti. Sono i dati pubblicati dall'inchiesta Movimiento Natural de la Población (MNP) Indicadores Demográficos Básicos (IDB), dati provvisori che saranno ricalcolati e pubblicati a dicembre 2019 dall'Istituto nazionale di statistica (Ine) e disponibili nella banca dati INEBase.

Delle 369.302 nascite avvenute in Spagna, 76.184 sono di madre straniera, il 20,6% del totale, in aumento rispetto al 19,3% del 2017.

Il tasso di natalità lordo si è attestato a 7,9 nascite per ogni mille abitanti, cinque decimi in meno rispetto a quello registrato nel 2017. Calo dovuto, in parte, alla diminuzione del numero di figli per donna, ma anche alla riduzione del numero di donne in età fertile. 

Infatti, il gruppo di donne dai 25 ai 40 anni, in cui si concentra l'85% delle nascite, è diminuito del 2,5% nel 2018, dai 4,98 milioni del 2017 a 4,85 milioni. È una tendenza che si mantiene negli anni ed è dovuta al fatto che questa fascia d'età è formata da generazioni meno numerose, nate durante la crisi delle nascite degli anni '80 e la prima metà degli anni '90. L'indicatore di fertilità a breve termine, il numero medio di figli per donna, si è attestato a 1,25 nel 2018 registrando il valore più basso dal 2002.

Per nazionalità, il numero medio di figli per donna è diminuito di sei centesimi tra le madri spagnole, arrivando a 1,19, e di otto centesimi tra le donne straniere, arrivando a 1,63.

Madri domani

Negli ultimi anni si è osservato anche che la diminuzione del numero di nascite è stata accompagnata da un ritardo della prima gravidanza.

I dati Ine registrano che l'età media della maternità è salita a 32,2 anni nel 2018, rispetto ai 32,1 dell'anno precedente. Sia le donne spagnole, che quelle straniere, aspettano quindi più tempo per avere il loro primo figlio (rispettivamente 32,7 anni e 29,9 anni). 

Un altro indicatore del ritardo nella maternità si riflette nel numero di nascite da madri di età pari o superiore a 40 anni, che è cresciuto del 63,1% nell'arco di 10 anni. In termini relativi, mentre nel 2008 il 4,2% delle nascite era di madri di età pari o superiore a 40 anni, nel 2018 la percentuale è salita al 9,7%.

La Spagna è così diventata il paese europeo con la più alta percentuale di primipare in tarda età. Nessun altro dei 27 partner della comunità europea raggiunge la percentuale spagnola. I dati rilevati da Eurostat per il 2015, riportavano le italiane al primo posto, ma la percentuale di spagnole che partorisce tardi risulta cresciuta più velocemente che altrove. 

Un problema Mediterraneo

Oggi la Spagna si colloca nel gruppo dei paesi europei con il numero più basso di figli per donna, insieme a Malta, Cipro, Grecia, Italia e Portogallo (tutti con un numero inferiore a 1,4 figli per donna) e sembra proprio che un figlio prima dei 30 anni in Spagna stia per diventare  un'anomalia.

Ci sono ragioni per un allarme? A leggere alcuni titoli di giornale sembra proprio di sì. Il “rischio per la civiltà di non fare figli” sembra essere diventato una minaccia peggiore di pestilenze o meteoriti. 

La preoccupazione è per le coppie che ritardano la nascita di figli e per le donne che scelgono di diventare madri in età matura, con il risultato che molte potrebbero finire per non riuscire ad averne: è quanto sta accadendo in Spagna.

Nel paese sono piuttosto diffuse e sostenute le tecniche per la riproduzione assistita, come l'inseminazione artificiale o la fecondazione in vitro, che consentono di prolungare l'età in cui può avvenire un concepimento. Tecniche a cui possono accedere, in regime di sanità pubblica, non solo donne con uno specifico profilo eterosessuale con un partner e problemi di fertilità, ma tutte le donne che nel corso della propria vita riproduttiva hanno avuto difficoltà a diventare madri. Ecco perché, secondo la Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) la Spagna guida la riproduzione assistita europea – seppure nelle statistiche sulla fertilità del paese si vede che un  25%-30% delle donne che non sono madri a 40 anni, non lo sono perché non riescono a rimanere incinte.

Guardare oltre

La stima generale è che oltre il 20% dei nati negli anni '70 non avrà figli. Non sarà come in Giappone, dove si raggiunge quasi il 30%, ma a lungo termine potrebbero esserci delle conseguenze. Una per tutte, l'invecchiamento della popolazione, già iniziata, che in assenza di quella rete familiare che sostituisce sempre più frequentemente un sistema di welfare pubblico, ritenuto non sostenibile per gli attuali modelli economici europei, dovrà trovare una risposta in altri sistemi di assistenza e cura. Per ora si fatica ancora a pensare al fenomeno migratorio come una soluzione possibile, almeno in parte, del problema. 

Più che allarmarsi, c'è da farsi le giuste domande. Per capire, ad esempio, se le persone che desiderano diventare genitori hanno o meno le condizioni materiali per realizzare questo desiderio. E se le ragioni delle mancate condizioni risiedono nella precarietà lavorativa o abitativa, o nel ritardo con cui si abbandonano i nuclei familiari di origine.

Riferimenti

Movimiento Natural de la Población (MNP), Indicadores Demográficos Básicos (IDB), Año 2018. Datos provisionales, Instituto Nacional de Estadística, 19 giugno 2019 

Over 5 million births in EU in 2017, Eurostat, 12 marzo 2019