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Nel suo ultimo saggio da poco pubblicato da Carocci, la filosofa Enrica Rigo ci invita a guardare alle migrazioni con lo sguardo della "straniera". Uno sguardo femminista, decoloniale e intersezionale

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Cosa significa (ri)leggere le migrazioni adottando una lente di genere? Una lente femminista? Questo interrogativo merita una risposta complessa e articolata che è fatta di tanti contributi teorici che negli anni hanno destrutturato pezzo dopo pezzo l’immagine universalizzante e fintamente neutrale di chi migra, tradizionalmente rappresentato come un uomo giovane che si sposta da solo per poi eventualmente ricongiungere la famiglia. È a questo corpus teorico che afferisce il libro di Enrica Rigo, studiosa, docente, avvocata e attivista. Un solco teorico che traccia un posizionamento politico che trova in “La straniera” un tassello prezioso del suo ragionamento: chi è la straniera al centro del volume?

L’autrice ci tiene a chiarire che leggere le migrazioni con una lente di genere non significa meramente rendere manifesto il dato scontato per cui il numero delle persone che si spostano attraverso i confini comprende anche quelle di genere femminile. Al di là del sesso biologico di chi migra, adottare "la straniera" come punto di osservazione e analisi dei processi migratori significa spostare il riflettore sulla falsa neutralità dei regimi di controllo delle migrazioni e sulla natura sessuata dei confini. Ma soprattutto significa riconoscere la giusta centralità che la mobilità transnazionale ha nei processi di riproduzione sociale, sia nei paesi di arrivo che in quelli di partenza e transito.

È proprio il tema della riproduzione sociale, caro al femminismo e già accennato negli studi migratori, che si snoda l’argomentazione dell’autrice. E, però, il testo non è solo un’interessante disquisizione teorica ma un testo situato. Situato in vari modi. In primo luogo, costante è la puntualizzazione del contesto storico e geografico in cui l’analisi si articola, quello di un’Europa sempre più fortificata da confini che arretrano verso i paesi di transito e partenza. In secondo luogo, chiaro è il posizionamento dell’autrice in ogni pagina del testo: un posizionamento teorico, dottrinario, politico. Un’enunciazione all’incrocio tra diritto e attivismo.

Infine, l’espediente narrativo da cui parte la riflessione ci ancora al dato materiale dell’impatto delle politiche restrittive in materia di immigrazioni sui corpi di chi migra. In particolare, Enrica Rigo ci accompagna nella comprensione giuridica e simbolica di quanto accaduto nel 2015 a 69 donne nigeriane rinchiuse nel centro di detenzione di Ponte Galeria, vicino Roma: perché 19 di loro vennero deportate quando la procedura di valutazione della loro domanda di asilo non era ancora stata espletata? Perché alcune altre invece hanno avuto una sorte diversa? Come funzionano le maglie della discrezionalità giuridica e amministrativa? A cosa servono davvero i dispositivi giuridici e repressivi dei movimenti migratori?

Partire da quell’episodio – che l’autrice ha seguito in prima persona come avvocata insieme alla Clinica di diritto dell’immigrazione dell’Università degli Studi Roma Tre – è un espediente narrativo ma soprattutto un’opzione di metodo: la ricerca, infatti, si sofferma sulle “modalità attraverso cui il diritto riconosce e rappresenta le differenze delle quali [le donne] sono portatrici, l’intersezionalità della subordinazione delle discriminazioni costruite attorno agli assi del genere, della razza e della classe”. Proprio per questo motivo, la straniera non è solo (o tanto) una figura incarnata ma “un punto di vista da cui osservare i regimi di mobilità”.

Le quattro sezioni che compongono il libro – che si apre con una rilettura in chiave femminista del classico Excursus sullo straniero di Georg Simmel – sono quattro tessere del puzzle argomentativo: perché una chiave di genere sulle migrazioni? In che modo questa deve ripensare la discussione e le politiche in materia di diritto di asilo? Qual è la relazione che intercorre tra mobilità e riproduzione sociale e perché questa è centrale nelle dinamiche attuali di sfruttamento? Quali forze destabilizzanti vengono messe in campo dalla mobilità delle persone straniere? Il filo comune costituisce la sfida più complessa del libro: riuscire a parlare di diritto in una pubblicazione pensata per un pubblico più ampio delle persone “addette ai lavori”, all’intersezione di diverse discipline e contribuendo al necessario rinnovamento del discorso pubblico e politico sull’immigrazione. Discorso questo che in maniera sempre più stantia si accontenta di migliorie al margine, di riforme su piccola scala di questioni che investono invece una dimensione globale. E che sempre più fanno dello strumento penalistico – sia in funzione repressiva che umanitaria – la principale leva di intervento.

La straniera è allora il tentativo di ripensare il diritto come strumento di intervento pratico, di attivismo. Ed è un testo animato dall’ambizione di destrutturare o ripensare criticamente le categorie ormai classiche del diritto migratorio, in primis quella di "vulnerabilità". È l’invito a pensare alle persone migranti come soggetti dotati di agentività che, tramite i loro progetti migratori, questionano e sfidano la costruzione nazionalista e coloniale degli stati moderni. Come soggetti vulnerabilizzati e non vulnerabili in sé ma resi sfruttabili da un regime costante di selezione e deportabilità.

Uno stimolo, quindi, a pensare alle migrazioni come un’azione decoloniale, non solo in quanto forma di riparazione al passato imperialista e coloniale ma come “rinegoziazione, nel presente, della persistente subordinazione seguita ai processi di decolonizzazione”. E, infine, una spinta a rileggere la migrazione come meccanismo di riproduzione sociale su scala globale e intergenerazionale.

Testi come questo ci impongono di guardare al mondo intorno a noi – mondo di cui le migrazioni costituiscono una nervatura strutturale – a partire dalla rinuncia a ogni categoria essenzialista e naturalizzata: tutto è politico e, in quanto tale, risultato di interessi contrastanti. Sta a noi posizionarci: l’autrice ci invita a farlo con lo sguardo della straniera. Uno sguardo femminista, decoloniale e intersezionale.

Enrica Rigo, La straniera, Carocci editore, 2022