Sono 6 milioni 788 mila le donne che hanno subito qualche forma di violenza nella loro vita, lo rende noto l'Istat nell' indagine La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, e relativa al quinquennio che include il 2014. La violenza sessuale resta la forma più diffusa (21%), affiancata da quella fisica (20,2%) e dallo stalking (16,1%). A commettere le violenze più gravi sono proprio i partner attuali o gli ex compagni, sono questi a commettere stupri nel 62,7% dei casi. Violenze fisiche e sessuali riguardano le donne italiane come le straniere, ma i soggetti più vulnerabili sono le donne separate, divorziate o con problemi di salute o disabilità.
Nonostante il fenomeno della violenza contro le donne resti una questione capillare e ancora profondamente radicata nel tessuto culturale e sociale, accanto all'aumentare della gravità delle violenze subite l'Istat segnala alcuni importanti miglioramenti registrati rispetto all'indagine relativa al quinquennio precedente. In particolare, si riscontra un assorbimento del 2% delle violenze fisiche e sessuali (che negli ultimi 5 anni sono passate dal 13,3% all'11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2009), specialmente tra donne con un livello di istruzione più alto. Cala anche fortemente la violenza psicologica da parte dei partner (dal 42,3% al 26,4%).
Inoltre, aumenta la consapevolezza delle donne rispetto al fenomeno: “Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6% per la violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell'ordine (dal 6,7% all'11,8%). Più spesso ne parlano con qualcuno (dal 67,8% al 75,9%) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza, sportelli (dal 2,4% al 4,9%). La stessa situazione si riscontra per le violenze da parte dei non partner” spiega l'indagine dell'Istat. Risultato, questo, del lavoro meticoloso sul campo di strutture come quelle dei centri antiviolenza.
"Il dato di chi si rivolge ai centri è ancora basso – il 4,9 per cento – ma è raddoppiato rispetto al quinquennio precedente" commenta Titti Carrano, Presidente della rete DiRe – Donne in Rete contro la violenza. "Questo significa che il lavoro di sensibilizzazione, formazione e contrasto svolto fra il 2009 e il 2014 ha innescato un primo cambiamento, e che ora bisogna aggredire con determinazione le zoccolo duro della violenza, ovvero gli omicidi, i maltrattamenti fra le mura domestiche, gli stupri. A maggior ragione, dunque, chiediamo che venga valorizzata l’opera fondamentale dei centri antiviolenza, e che il ruolo dell’Istat sia strutturato nell’ambito del Piano antiviolenza".
Proprio rispetto al piano del governo, così criticato dai centri, Carrano ha sottolineato: "Leggendo questi dati, giudichiamo ancora più stupefacente che il governo, invece di riconoscere che questi primi risultati sono dovuti all’azione e al metodo dei centri antiviolenza, unitamente all’opera di informazione e di sensibilizzazione svolta in tempi più recenti da alcuni organi di informazione, abbia varato un Piano d’azione che non attribuisce ai centri antiviolenza il ruolo fondamentale di motore di cambiamento e di trasformazione di un impianto culturale che ancora genera e giustifica la violenza maschile contro le donne".