Vocabolaria

Vocabolaria. Femminile? Il problema non sta nella lingua

Politiche
3 min lettura

Il ministro, la ministra, la ministro? Il giudice donna, la giudicessa, la giudice? Un poster pieghevole e un ebook affrontano in 14 schede i dubbi e i problemi più comuni che nascono quando si tratta di “dire la differenza”, cioè di parlare di donne e uomini con chiarezza e senza stereotipi, usando semplicemente le regole di funzionamento della lingua italiana. 

Si tratta di Vocabolaria, un progetto dell'Associazione Piano F realizzato con il finanziamento della Regione Lazio, che si rifà a un principio molto semplice: l'italiano è una lingua che prevede il genere grammaticale maschile e femminile. “Se vogliamo nominare la differenza, sovvertiamo gli stereotipi, non la grammatica” questo l’invito delle autrici. 

Ma come nasce Vocabolaria? Qual è il significato politico del progetto? Che cosa aggiunge rispetto ad altre iniziative dello stesso tipo? Lo abbiamo chiesto a Giorgia Serughetti, tra le autrici del vademecum. 

“Il problema del sessismo linguistico non è stato scoperto oggi. Le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana di Alma Sabatini risalgono addirittura al 1987, e furono commissionate dall'allora Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma è difficile non accorgersi che da allora non è cambiato molto nelle abitudini linguistiche di chi scrive e chi parla nel nostro paese” ricorda Serughetti. Per chi si chiedesse qual è il problema, "c'è un rapporto tra il linguaggio e la realtà, e ciò che non si dice è come se non esistesse, rischia di rimanere invisibile. Quando le donne sono nominate al maschile per il ruolo che rivestono, accade proprio questo, che subiscono una forma di cancellazione. E la cancellazione culturale ha profondamente a che fare con le discriminazioni sociali e con la violenza di genere”.

La specificità di Vocabolaria, allora, non sta tanto nell'aggiungere nuovi contenuti al patrimonio di studi linguistici in questo campo, del resto non rappresenta un lavoro scientifico, quanto nell'essere un progetto divulgativo, che attraverso uno strumento semplice e portatile - un poster pieghevole, accompagnato da un ebook per la diffusione telematica – mira a raggiungere un pubblico ampio di parlanti. "Non si rivolge cioè in modo specifico ai media, né alla sola pubblica amministrazione, ma è adatto alla divulgazione in vari circuiti, come quello delle scuole, delle biblioteche, delle associazioni culturali, dei luoghi di aggregazione. In 14 brevissime schede cerchiamo di affrontare i dubbi più comuni e di offrire semplici soluzioni” spiega Serughetti, che continua: “il messaggio principale è: non abbiate paura ad usare il femminile per parlare delle donne. Parole come ministra, sindaca, rettrice, primaria, avvocata non contraddicono alcuna regola della nostra lingua, sono tutti usi regolari del genere grammaticale. Quindi non si tratta di imporre delle regole ‘nuove’ in modo ideologico, ma di applicare normalmente quelle della grammatica italiana. Se il femminile 'suona male', o è percepito come inconsueto o strano, il problema non è nella lingua ma nella cultura, nella scarsa abitudine che abbiamo a utilizzare queste parole per nominare le donne”.

Perché, conclude Serughetti “guarda a caso, la questione non riguarda parole come cuoca, maestra, parrucchiera o infermiera, ma altre come assessora, deputata, (la) presidente, (la) giudice, ecc. L'obiezione linguistica viene sollevata solo di fronte ai ruoli di vertice nelle professioni, in magistratura, nel mondo politico. E questo vorrà ben dire qualcosa”.

L'iniziativa, ideata per la diffusione nelle scuole e nei circuiti culturali di Roma e del Lazio, sarà presentata il 9 marzo alle ore 10 presso il Liceo “Terenzio Mamiani” di Roma, alla presenza del Vicepresidente della Regione Massimiliano Smeriglio, e con la giornalista Roberta Carlini. L'11 marzo alle 17,30 è prevista poi una presentazione pubblica alla Biblioteca Europea di Roma, in via Savoia 13: le autrici (Cristina Biasini, Carlotta Cerquetti, Giorgia Serughetti) ne discuteranno con Cecilia D'Elia, consulente del Presidente della Regione Lazio per la tutela dei diritti di genere, Anita Raja, direttrice della Biblioteca Europea, Francesca Caferri, giornalista de “La Repubblica”, Gioacchino De Chirico del Consiglio di Amministrazione delle Biblioteche di Roma, e con letture dell'attrice Francesca Romana Miceli Picardi.