Politiche

I papà di oggi condividono di più la cura dei figli, ma non chiedetegli di stirarsi una camicia. Parola degli ultimi dati Istat: in Italia pulire il bagno e fare il bucato è ancora una faccenda per signore

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Foto: Flickr/Apionid

L’ultima edizione dell’indagine dell’Istat sull’uso del tempo[1] spiega bene cosa sta cambiando nell’organizzazione dei tempi di vita di uomini e donne: nel 2014 c’è ancora squilibrio nei comportamenti tra i due sessi nella gestione dei tempi di lavoro, sia familiare che retribuito, ma qualcosa si muove ed è il momento di capire cosa[2]. Assenti fino ai 10 anni, le differenze di genere nel lavoro familiare si accentuano all’aumentare dell’età. Già tra gli 11 e i 14 anni le ragazze dedicano al lavoro familiare 13 minuti in più dei ragazzi, tra i 15 e i 24 si arriva a un’ora di differenza e solo il 44,2% dei giovani maschi spende almeno 10 minuti per svolgere qualche attività di lavoro familiare, contro il 72,3% delle femmine. Ma è tra i 25 e i 64 anni che le differenze si acuiscono maggiormente: il lavoro familiare rappresenta il 21,7% della giornata media delle donne (5h13'), contro il 7,6% di quella degli uomini (1 ora e 50 minuti)[3]. D’altro canto il lavoro retribuito occupa il 19,4% del giorno medio degli uomini (4h39'), contro il 9,9% di quello delle donne (2h23')[4], a causa delle forti differenze di genere che si registrano ancora nel 2014 nei tassi di occupazione, pari al 69,7% per gli uomini e al 50,3% per le donne[5]. Ma le differenze di genere nel lavoro familiare sono tali da non riuscire a bilanciare il minore tempo dedicato dalle donne al lavoro retribuito, e ciò va a detrimento della quantità di tempo libero delle donne (Figura 1).

Anche tra gli occupati le differenze di genere, pur se attenuate, persistono. Gli uomini dedicano mediamente più tempo al lavoro retribuito (24,8% contro il 19%), ma le lavoratrici aggiungono alla giornata lavorativa un altro 16,1% di carico familiare (3h52’), raggiungendo una quota di lavoro totale pari al 35,1% del giorno medio (8h26’) contro il 31,1% per gli uomini, circa 58 minuti in meno. Il tempo libero delle occupate si comprime al 13,5% della giornata (3h15’) contro il 17% di quello maschile (4h05’), con una differenza di 50 minuti in meno al giorno. Ma allora che cosa sta cambiando?

Figura 1 - Composizione percentuale delle 24 ore di un giorno medio settimanale delle persone di 25-64 anni per condizione e sesso (anno 2014)

Nell’ultimo quinquennio l’asimmetria di genere nel lavoro totale diminuisce in entrambe le sue componenti: nel lavoro retribuito a causa della diminuzione del tasso di occupazione maschile dovuta alla crisi (sceso dal 73,7% del 2009 al 69,7% del 2014), a fronte della tenuta del tasso di occupazione femminile, stabile al 50%. Ma diminuisce anche l’asimmetria di genere nel lavoro familiare all’interno delle coppie e, cosa interessante, ciò riguarda in particolare le coppie con figli, sia in quelle in cui lei ha 25-44 anni che in quelle in cui lei ne ha 45-64. Diminuisce di più nelle coppie in cui ambedue lavorano che tra quelle in cui lavora solo lui e lei è casalinga, ma riguarda anche queste ultime (Figura 2).

Per analizzare il grado di equilibrio dei carichi di lavoro familiare nelle coppie è possibile utilizzare l’indice di asimmetria del lavoro familiare, che misura quanta parte del tempo dedicato da entrambi i partner al lavoro domestico, di cura e agli di acquisti di beni e servizi è svolto dalle donne. 

Figura 2 - Indice di asimmetria del lavoro familiare nelle coppie con figli per tipologia di coppia. Anni 1989, 2003, 2009, 2014, in percentuale

Fonte: Istat, Indagine sull'uso del tempo 2016

Ebbene nel 2014, considerando in particolare le coppie con figli in cui lei ha 25-44 anni e entrambi i genitori lavorano, il 67,3% del lavoro familiare è a carico delle donne; rispetto al 2009 si osserva un calo nell’indice di asimmetria di quasi 5 punti percentuali. Non è poco, 5 punti in 5 anni: in passato si era ridotta di 8,6 punti in 20 anni. Assistiamo, quindi, a una accelerazione del cambiamento. Le madri occupate dedicano al lavoro familiare 5h11', dato rimasto stabile rispetto a quanto osservato nel 2009, mentre i loro partner vi dedicano 2h16’, con un incremento di 17 minuti rispetto alla passata edizione. È la prima volta che si registrano dei valori dell’indicatore di asimmetria sotto la soglia del 70% per il complesso delle coppie analizzate: fino a 5 anni fa solo le coppie con figli di 3-5 anni e le coppie con donna laureata avevano raggiunto questo livello. Queste tipologie di coppie mantengono una distribuzione dei tempi più equilibrata anche ora, con un indice intorno al 65%, ma la tendenza al riequilibrio è finalmente visibile anche per le altre coppie. Le trasformazioni sono in atto maggiormente al centro-nord del paese, mentre nel mezzogiorno il miglioramento stenta ancora a farsi sentire.

L’asimmetria diminuisce, dunque, e in particolare ad essere maggiormente condiviso è il lavoro di cura. 

Le attività di cura dei figli vedono, infatti, una divisione dei tempi più equilibrata: il 61,2% del carico è svolto dalle madri, che vi dedicano 1h43’ contro 1h01’ dei padri. D’altronde, dei 17 minuti aggiuntivi dedicati dai padri al complesso del lavoro familiare nell’ultimo quinquennio, ben 12 minuti vanno ad accrescere il loro contributo proprio al lavoro di cura. Anche le madri dedicano più tempo di prima al lavoro di cura, continuando con una tendenza in atto da vari anni. Ma c’è una differenza tra la tipologia di lavoro di cura che svolgono le madri lavoratrici e i padri.

Le madri sono più impegnate nelle cure fisiche e nella sorveglianza (dar da mangiare, vestire, far addormentare i bambini o semplicemente tenerli sotto controllo): in un giorno medio settimanale vi dedicano 57 minuti, contro i 20 minuti dei padri. Tuttavia rispetto al 2009 la divisione dei tempi è migliorata, poiché l’asimmetria in queste attività è scesa dal 77,6% al 72,6% grazie all’aumento della quota di padri che si assume l’onere di queste attività (dal 35% al 42,2%).

L’attività che, invece, impegna i padri più delle madri è quella di giocare con i bambini: è a carico dei padri il 61,7% delle attività svolte dalla coppia, che vi dedicano in media 26 minuti al giorno, contro i 22 minuti delle madri, più di quanto i padri dedicano al custodirli. L’indice di asimmetria nelle attività di gioco resta stabile rispetto alla passata edizione, poiché entrambi i genitori aumentano il loro impegno in tale attività e lo fanno in egual misura. Più equilibrata e in miglioramento la divisione dei tempi per le altre attività di cura: per l’aiuto nello svolgimento dei compiti l’indice di asimmetria scende dal 75,1% al 66,4%, e per le altre attività di cura (leggere, parlare con i figli, accompagnarli) passa dal 65,5% al 61,5%. 

Nel lavoro domestico permane, invece, una maggiore asimmetria: viene svolto per il 74% dalle donne, che vi dedicano giornalmente 3h01’ contro i 57 minuti dei loro partner, anche se la situazione migliora e l’asimmetria cinque anni prima era pari al 78,4%. Nel dettaglio del lavoro domestico, le attività che vedono prevalere il contributo maschile rispetto a quello femminile restano la manutenzione della casa e dei veicoli (solo l’8,8% delle ore è svolto dalle donne) e la cura di piante e animali (30,4%), anche se ricordiamo che tali attività hanno frequenze di partecipazione molto basse (in un giorno medio le svolgono rispettivamente solo il 5,1% e il 10,7% degli uomini). Per il resto delle attività di lavoro domestico la divisione dei ruoli all’interno delle coppie è ancora molto sbilanciata sulle donne, in particolare lavare e stirare grava per il 94% su di loro, pulire casa per il 77% e la preparazione dei pasti per il 76,6%. Gli acquisti di beni e servizi sono invece, l’attività che più si avvicina alla parità tra i partner: con il 56,2% del tempo a carico delle donne, che nel giorno medio vi dedicano 22 minuti contro i 15 minuti dei loro partner. 

Le tendenze in atto sono di grande interesse e dovrebbero essere attentamente studiate anche dal punto di vista delle politiche. La cura[6] – è un’attività concentrata sulle spalle delle donne da tanto tempo. La redistribuzione del carico di cura tra i generi e nella società è fondamentale. I segnali che emergono dall’ultima indagine sull’uso del tempo lasciano ben sperare. Molta strada dobbiamo ancora fare per evitare le specializzazioni del lavoro familiare femminile e maschile. Ma è indubbio che nel mondo maschile più giovane si fa strada un nuovo modo di rapportarsi alla cura e alla paternità.

Dai risultati delle prime analisi statistiche condotte, ciò avviene di più dove la donna è laureata - anche perché ha maggiori capacità di contrattazione - più al Nord e ancora non al Sud, più in famiglie con bimbi piccoli, spesso in famiglie con grandi vincoli sia di budget sia legati a orari di lavoro rigidi anche per le donne, come ad esempio nelle famiglie operaie, in cui, dati i tempi rigidi di lei e nell’impossibilità economica di acquistare servizi sostitutivi, un maggior contributo dell’uomo al lavoro familiare è l’unica soluzione praticabile.

È un segnale importante che va assecondato, non va sottovalutato e va sostenuto. E il clima sociale nelle imprese non facilita l’emergere di una nuova paternità e diventa un ostacolo sulla strada del percorso di una maggiore simmetria e soprattutto condivisione da parte dei partner nelle responsabilità familiari e genitoriali.

È il momento di battere il ferro finché è caldo. Misure che facilitino l’emergere della nuova paternità in questo momento possono incontrarsi maggiormente con il sentimento e i bisogni dei padri. 

Note

[1] L’indagine è stata pubblicata a fine novembre 2016. Il presente contributo riflette le opinioni degli autori e non quelle dell’Istat.

[2] Le attività svolte dalla popolazione sono classificate in: cura personale (dormire, mangiare e altra cura), istruzione, lavoro retribuito, lavoro familiare (lavoro domestico, lavoro di cura e acquisti di beni e servizi), tempo libero (socialità, fruizione culturale, sport, partecipazione sociale e religiosa, altre attività ricreative) e spostamenti. Per il dettaglio delle attività cfr. Istat, I tempi della vita quotidiana, 2016.

[3] Le durate medie generiche delle attività, citate nell’articolo, sono riferite ad un giorno medio settimanale, cioè un giorno teorico calcolato su base annua che tiene conto di tutti i giorni della settimana. Queste sono calcolate sul totale della popolazione di riferimento, a prescindere che abbia o meno svolto l’attività, pertanto possono essere sommate. La loro somma è pari alle 24 ore e permettono di costruire i bilanci del tempo della popolazione.

[4] I tempi di lavoro calcolati per chi ha effettivamente lavorato nel giorno medio (durata media specifica) sono pari a 8h03' per gli uomini e 6h47' per le donne.

[5] Tasso di occupazione per la classe 20-64 anni. Fonte: Istat, Rilevazione sulle Forze di lavoro, anno 2014.

[6] Qui ci si riferisce prevalentemente alla cura dei figli. Sia la cura di anziani conviventi sia gli aiuti ad altre famiglie (in cui sono inseriti gli aiuti ad anziani non conviventi) sono inserite nei tempi di lavoro familiare, ma la fonte più idonea per lo studio di tale argomento è l’indagine Istat Famiglie e soggetti sociali (di prossima uscita), che nelle edizioni precedenti indicava chiaramente che la cura di anziani è prevalentemente a carico delle donne. 

Riferimenti bibliografici

Istat, I tempi della vita quotidiana, 23 Novembre 2016 

Cappadozzi T., Sabbadini L.L., Spizzichino D. I mutamenti nell'asimmetria della divisione dei ruoli nella coppia dalla fine degli anni'80 ad oggi, relazione presentata al convegno “La Società italiana e le grandi crisi economiche 1929-2016, 26 Novembre 2016”.