Politiche

All'inizio dell'anno la Spagna ha approvato una legge che prevede congedi retribuiti per le donne con mestruazioni particolarmente dolorose, una decisione che si accorda al progressivo riconoscimento di patologie invalidanti come l'endometriosi o la vulvodinia. L'Italia prova a seguire l'esempio, ma il clima non è troppo favorevole

La battaglia
dei corpi

6 min lettura
Foto: Unsplash/Celeste Horrocks

Il corpo delle donne è un campo di battaglia sul quale si svolgono gli scontri della politica, della religione, della scienza e della medicina, e naturalmente dell’intreccio di tutte queste dimensioni. Letto spesso come un terreno da conquistare, in molti sensi il corpo delle donne è un territorio soprattutto da normare, sul quale non si sa più chi può legiferare, anche se la risposta sarebbe molto semplice: le soggettività coinvolte.

Lo mostra bene la proposta di legge sul cosiddetto “congedo mestruale” presentata in parlamento a fine febbraio 2023, a prima firma della deputata Elisabetta Piccolotti di Alleanza verde e Sinistra e sottoscritta da tutto il gruppo parlamentare alla camera, e ora in attesa di essere assegnata alla commissione di merito.

Una proposta di legge simile era già stata presentata da quattro deputate del Partito democratico nel 2016, ma l’iter per l’approvazione non è mai stato concluso. Prevedendo ad esempio la distribuzione di assorbenti e prodotti per l’igiene intima gratuiti e modifiche per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, la proposta italiana fa eco in qualche modo a una legge simile ma in realtà molto più ampia, quella della Spagna, primo paese europeo ad approvare una legge sul congedo mestruale, che si stima avrà un costo di 23 milioni di euro (una stima simile non è stata ancora fatta in Italia). A livello extraeuropeo qualcosa di paragonabile esiste già in Corea del Sud, Taiwan, Cina e Giappone. 

Il clima nel nostro paese è lo stesso che ha visto la richiesta dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di rendere gratuita la contraccezione ormonale per le donne con meno di 25 anni (non è ancora chiaro se estesa a tutti i dispositivi esistenti sul mercato) suscitare se non grande entusiasmo una cauta speranza, poi delusa a fine maggio con l’annuncio del consiglio di amministrazione dell’agenzia che ha sospeso la decisione perché per il momento "non ci sarebbero abbastanza elementi per decidere".

Tornando ai congedi mestruali, la proposta di legge prevede il diritto a due giorni al mese di congedo, sia da scuola che da lavoro, per chi ha mestruazioni "particolarmente dolorose", ovvero per chi soffre di una forma acuta di dismenorrea: secondo i dati della Società di ginecologia e ostetricia, un disagio che interferisce con le attività quotidiane di circa un terzo delle donne.

Il parametro delle mestruazioni "particolarmente dolorose" dev'essere definito tale da un medico, che dovrebbe rilasciare un certificato che attesti la patologia. Per quanto riguarda la scuola, il certificato dev’essere presentato all’inizio dell’anno scolastico e ogni assenza dev’essere accompagnata dalla giustificazione di un genitore se chi usufruisce del congedo è minorenne, ma non viene contata all’interno del numero massimo di assenze che si possono fare durante l’anno scolastico. In ambito lavorativo, sempre consegnando il certificato, i due giorni di congedo vengono retribuiti al 100% e se ne può usufruire in diverse tipologie contrattuali, comprese le più precarie.

Qualora venisse approvata, la legge coinciderebbe certamente con un riconoscimento delle diversità dei corpi e soprattutto del fatto che questi non si debbano adattare a un sistema, scolastico e lavorativo, costruito su corpi maschili pensati come neutri, non tanto perché non possano farlo ma proprio per riconoscere che i soggetti, studenti e lavoratrici, sono anche corpi. Inoltre, la proposta di legge rende visibile una questione fin ora taciuta, che addirittura lo stesso mondo medico a volte fa fatica a riconoscere, se pensiamo ad esempio ai casi di mancata diagnosi.

Questo passo è però accompagnato da alcune criticità. Innanzitutto, il già citato parametro delle mestruazioni "particolarmente dolorose" stabilito da un sapere medico che non ha fatto ancora abbastanza ricerche in questo campo, e che spesso non è adeguatamente formato sul tema. Il tutto in una cornice culturale in cui il dolore mestruale, come del resto quello del parto, viene considerato "naturale" e per questo sopportabile.

Un ulteriore punto della proposta di legge, riguarda proprio la gratuità della pillola anticoncezionale con ricetta medica, con lo scopo di diffondere la pratica dell’uso del dispositivo per regolarizzare il ciclo mestruale, renderlo meno doloroso e attenuare la sindrome premestruale. Questa misura si inserisce in un più ampio quadro riguardante la salute sessuale e riproduttiva, soprattutto alla luce della recente proposta dell’Aifa di cui abbiamo accennato all’inizio. 

In ogni caso, come spesso accade, dove non arriva lo stato arriva il mercato. E questo in qualche modo sposta la discussione da una rivendicazione di diritti a una questione di produttività. Alcuni studi mostrano come la produttività di un'impresa aumenti fino all’8-9% quando c’è almeno il 40% di lavoratrici, vuol dire che un maggiore benessere delle lavoratrici porterebbe anche maggiore produttività. Un altro studio, pubblicato sul British Medical Journal nel 2017 e condotto nei Paesi Bassi su circa 33mila donne tra i 15 e i 45 anni mostra come la dismenorrea causi la perdita di produttività e porti in media a perdere 9 giorni di lavoro all’anno. È a partire da questo assunto che forse alcune aziende hanno anticipato la legislatura nazionale e hanno introdotto il congedo mestruale nei luoghi di lavoro. Ci bastino un paio di esempi.

Il primo è l’azienda pakistana con sede negli Stati Uniti Swyft Logistics, che si occupa di trasporti, dove il Ceo, Muhammad Uns, ha previsto per le dipendenti fino a dodici giorni l’anno di congedo retribuito.

Il secondo cado invece, riguarda l’esperimento fatto a Quarto d’Altino, in provincia di Venezia, dall’azienda di spedizioni Ormesani dove c’è un giorno di assenza retribuita al mese per chi soffre di mestruazioni dolorose. Diversamente da quanto prevede la proposta di legge, in questo caso non è previsto certificato medico o specifico permesso. A cornice di questo ci sono anche assorbenti distribuiti gratuitamente nei bagni.

Nonostante alcune aziende lo propongano, non tutto il mondo del lavoro sostiene questa idea, soprattutto quando si discute di congedo mestruale regolamentato a livello statale. La più comune obiezione è infatti che questo sfavorirebbe l’inserimento lavorativo delle donne. Di questo parere è ad esempio Antonella Giacchetti presidente di Aidda, associazione d’imprenditoria femminile, ma anche l’economista Daniela Piazzalunga che sul Washington Post scriveva che le donne avrebbero potuto "essere ulteriormente penalizzate sia in termini di stipendio che di avanzamento di carriera".

Contrari, ma per motivi diversi, anche alcuni rappresentanti del mondo medico-scientifico, che pongono l’attenzione su un approccio che dia più attenzione alla risoluzione del problema dal punto di vista medico che agendo sulle conseguenze, ovvero sulle assenze a lavoro.

Un’ultima motivazione per il no che viene portata è quella della privacy, che per quanto legittima, è sicuramente connessa al tabù delle mestruazioni. 

Quali battaglie allora si svolgono ancora sul corpo delle donne? Quella della produttività? Della patologizzazione? O piuttosto quelle dei diritti nel mondo del lavoro e nell’educazione?

Tra i vari poteri che cercano di normare e legiferare sul corpo delle donne, forse quella più efficace è la spinta che viene dal mondo della scuola. È stato il Liceo artistico Nervi Severini di Ravenna che per primo ha modificato il regolamento d’istituto prevedendo la possibilità di congedo mestruale per due giorni al mese. Negli ultimi mesi il caso è stato seguito da altre scuole del Lazio, sempre su spinta delle studenti.[1] Una spinta accompagnata da una riflessione più ampia sulla necessità di educazione sessuale e affettiva, di un'educazione sui corpi che sradichi tabù e porti consapevolezza, una spinta dove i corpi in questione non siano campi di battaglia ma soggetti che abitano lo spazio pubblico con tutte le loro caratteristiche e necessità, dove i corpi stessi siano la battaglia.

Note

[1] Vedi l’intervista “Imparare dall*studenti. Il congedo mestruale a scuola raccontato da chi l’ha richiesto” in Sangue. Ripensare le mestruazioni, DWF, 2022, 4 (13).

Riferimenti 

F. Pizzini (1999), Corpo medico e corpo femminile. Milano: FrancoAngeli;

G. Ranisio (2012), "Corpo femminile e medicalizzazione". In: D. Cozzi (a cura di), Le parole  dell’antropologia medica. Piccolo dizionario. Perugia: Morlacchi

Skalle, Camilla (2019) “The quest for identity through bodily pain: Female abjection in the  literary work of Igiaba Scego”, Borderlands Journal, vol.18, n. 1, pp. 64-87

Houppert, Karen (1999) The Curse: Confronting the Last Unmentionable Taboo: Menstruation,  New York, Farrar, Straus and Giroux

M. Cooper (2013), La vita come plusvalore: neoliberismo e capitale al tempo delle nuove tecnologie. Verona: ombrecorte

Carolina Capria, Campo di battaglia. Le lotte dei corpi femminili, Effequ, 2022