Nella campagna elettorale statunitense si è parlato di sanità, contraccezione, aborto, stupro. Di donne libere, e di "cartelline piene di donne". Di due modi di vedere le donne, e dunque il mondo. Ecco perché il voto femminile sarà determinante il 6 novembre
Sarà la battaglia sul voto delle donne a determinare, tra pochi giorni, l'esito del voto americano? Tutto fa pensare di sì. Ce lo dicono i numeri: le elettrici nel 2008 sono state di più degli elettori (il 60%), dunque il voto femminile potrebbe determinare la vittoria negli stati in bilico e rivelare in quale direzione sta andando la società americana. E ce lo dice la piega che ha preso il dibattito pubblico nella campagna presidenziale. Secondo uno studio dell’istituto di ricerca Gallup temi tradizionalmente associati alla questione femminile, come l'aborto e la parità dei diritti, hanno avuto nella campagna elettorale lo stesso posto occupato dall’economia e dalla disoccupazione. E il Washington Post ha creato una sezione dedicata proprio allo spazio che hanno avuto le questioni di genere nella campagna presidenziale del 2012.
Se questo è successo, è perché il tema femminile non è entrato come “questione” tra le altre, ma è balzato ai primi posti del dibattito.
In sé, questa non è una novità. Già dagli anni '90 le richieste nate nei movimenti femministi dei '70 sono diventate agenda politica, e la “liberazione delle donne” è diventato un tema trasversale, tale da definire l’intero impianto dell’offerta politica di un partito rispetto all’altro. Parità di salario, accesso ai ruoli di vertice sia nel settore pubblico sia in quello privato, estensione delle tutele sanitarie per quanto riguarda la cura della famiglia e del proprio corpo: tematiche di genere diventate centrali nel dibattito pubblico, e dunque cruciali nel definire la visione dell'intera società portata avanti dai due schieramenti.
Tuttavia, questo successo del movimento delle donne e dello slogan “il personale è politico”, non ha portato a una rapida crescita o estensione di diritti (che pure ci sono stati, come vedremo) quanto a una rapida crescita della politicizzazione e polarizzazione su questi temi. Basti pensare alla nascita di un forte movimento per la vita (Prolife, National Right to Life, etc.) contrapposto alla campagna democratica per estendere le tutele sanitarie in materia di aborto e contraccezione.
Non è un caso, quindi, che la studentessa e attivista per i diritti delle donne Sandra Fluke, con la sua richiesta di preservare i fondi destinati al rimborso della contraccezione nel sistema sanitario nazionale, sia diventata un “topic” nella campagna presidenziale. Ponendo un'istanza concreta, che rivela l'intreccio tra il dibattito sulla libertà di scelta delle donne e quello sul modello di sanità, e dunque sul modello di società che si ha in mente: negli Stati uniti in molti casi le donne non hanno accesso gratuitamente alle pratiche per l’interruzione della gravidanza, quindi estendere la copertura sanitaria per l’aborto così come per la contraccezione è un modo per emancipare le americane da una condizione di marginalità sociale ed economica.
Sia i repubblicani sia i democratici sanno che devono misurarsi su questi temi non solo per conquistare il voto femminile ma anche per affermare l’idea di società che vogliono costruire e, in qualche modo, la loro versione del “modello americano”.
La strategia del presidente Obama si è concentrata, come già avvenuto nel 2008, sulla conquista di nuovi elettori e sul portare il maggior numero di persone, soprattutto giovani, a votare. E ovviamente questo vale anche per le donne. In questo spot appare la popolare attrice ventiseienne della serie tv della Hbo “Girls” che parla della sua prima volta e delle scelte consapevoli: il voto, e in questo caso, il voto per Obama. E sono tante le sostenitrici famose del presidente: da Eva Longoria (star di Desperate Housewife) a Sara Jessica Parker (star di Sex and the City). E certo anche in America si cerca di evidenziare quante donne ci siano al comando in ruoli chiave: dal segretario di Stato Hillary Clinton al Ministro della salute Kathleen Sebelius, per restare nella squadra democratica. Figure molto diverse da quella di Michelle Bachmann, o di Condoleeza Rice, che ha deciso di appoggiare apertamente il vice di Mitt Romney, Paul Ryan. Ma per farsi un’idea di come le donne entrino nel programma di Obama esiste un vero e proprio spot interattivo “La vita di Giulia” che spiega come le politiche del presidente abbiano migliorato la vita delle donne (dalle più giovani alle più adulte) e come la vittoria di Romney potrebbe peggiorare le cose.
In casa repubblicana esiste invece il sito “Women for Romney 2012”. Si potrebbe concludere che la battaglia politica presidenziale non fa eccezione al duello sugli stereotipi utilizzati per descrivere i ruoli femminili.
Dalla gaffe di Romney sulla “cartellina piena di donne” (in cui il candidato repubblicano rispondeva così a chi obiettava che il suo staff era costituito da soli uomini) all’uso strumentale in campagna elettorale di temi come lo stupro (alcuni esponenti repubblicani, come il miliardario Rupert Murdoch, hanno sentito il bisogno di precisare che l’aborto non dovrebbe essere consentito nemmeno in caso di stupro).
Su questi temi i repubblicani non sembrano aver elaborato una comunicazione che vada oltre il modello della donna anni ’50, tutta casa e famiglia e contraria all’aborto
Eppure bisogna ammettere che nella politica americana questo livello – che pure è presente, e con grande rilievo mediatico – si inserisce in un contesto in cui sono poi le policy a contare.
Tra queste, in prima linea c'è la riforma sanitaria. Dei 15 milioni di nuovi assistiti – persone che dal 2014 avranno una copertura medica di cui erano totalmente sprovviste – circa 7 milioni sono donne: molte giovani studentesse, lavoratrici, mamme single, che accedono a nuovi diritti e nuove tutele. A queste si aggiungono le giovani donne che possono accedere a una migliore copertura sanitaria per sé o per i loro figli, senza dover ricorrere all’assicurazione sanitaria dei loro genitori. Anche l’abolizione della famosa clausola sulle “condizioni pre-esistenti”, che impediva a milioni di americani di accedere alle cure mediche coperte dall’assicurazione sanitaria, ha avuto un grande impatto sulla qualità della vita delle donne. Nel loro caso questa clausola era fortemente discriminatoria. Condizione pre-esistente era, infatti, aver avuto un parto cesareo, avere usufruito di cure mediche per violenza domestica o abusi sessuali, essere incinte al momento della stipula della polizza assicurativa, per citare solo le più eclatanti.
Molte di queste istanze sono efficacemente narrate da voci femminili famose, anche nello spot “You don’t own me” in sostegno alla campagna democratica; e sostenute dalle analisi e dai numeri del National Women’s Law Center, che analizza tutti i punti cruciali della riforma sanitaria ma anche l’impatto delle leggi sulla vita delle donne, in tema di istruzione, assistenza alle famiglie, tagli alla spesa pubblica.
Il presidente Obama ha speso molto del suo capitale politico nella battaglia sull’approvazione della riforma sanitaria. Una questione che sarà cruciale anche nel conquistare il voto femminile.