Politiche

SPECIALE EUROPA. In Polonia, dove la cosiddetta 'ideologia di genere' è stata liquidata come "una minaccia peggiore del comunismo e del nazismo messi insieme", è in corso una mobilitazione di stampo nazionalista che spesso vede in prima linea proprio le donne

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Foto: Unsplash/ Mel Poole

L’attuale ondata di mobilitazioni anti-gender in Polonia non è simile a nulla di quanto già avvenuto, né rappresenta un altro contraccolpo conservatore. Essa costituisce piuttosto un nuovo disegno ideologico e politico che concilia la dimensione locale e quella transnazionale rendendo possibile lo sviluppo di un movimento di massa dotato di grande efficacia da un punto di vista politico. Negli ultimi anni, tale movimento è riuscito a mobilitare centinaia di persone a livello locale, facendo appello alle paure dei padri e delle madri rispetto al futuro delle loro famiglie, dei propri figli e delle proprie figlie. 

La mobilitazione è iniziata nel 2012 e i principali attori coinvolti nella campagna anti-gender che ha portato avanti includono sacerdoti, esponenti del mondo politico conservatore, giornalisti e giornaliste, blogger ma anche attivisti e attiviste a livello locale, la cui gran parte è costituita dai padri e dalle madri di persone in tenera età. Le strategie hanno incluso petizioni, manifestazioni, seminari, conferenze e iniziative politiche in parlamento. È importante rimarcare con quanta abilità il mondo dell’attivismo anti-gender abbia fatto uso di internet e delle nuove tecnologie della comunicazione: basti pensare ai siti web, ai social media e alle piattaforme aperte che diffondono informazioni e incoraggiano le persone a sottoscrivere petizioni online, a partecipare a manifestazioni di protesta e a essere attive a livello locale e nazionale. A volte, queste comunità digitali sono collegate a un’organizzazione specifica, come ad esempio 'stop gender' e 'stop-seksualizacji', ma esistono anche piattaforme aperte come ad esempio citizengo.org, registrate in Spagna ma disponibili in lingua polacca e utilizzate da gruppi polacchi per le raccolte firme.

Gli obiettivi politici intorno ai quali il mondo dell’attivismo si mobilita includono la contrarietà a: l’uguaglianza di genere e i programmi scolastici sull’educazione sessuale; i diritti sessuali e riproduttivi (che comprendono non solo la contraccezione e l’aborto ma anche l’accesso alle tecnologie della riproduzione come ad esempio la fecondazione in vitro); la parità di diritti per le minoranze sessuali; il gender mainstreaming e l’uso della parola genere nei documenti pubblici, nei trattati internazionali e nei contenuti mediatici. Gli obiettivi dichiarati si incentrano sulla “protezione” dell’infanzia, della famiglia e in definitiva della civiltà cristiana dai pericoli dell' “ideologia di genere”.

Tra i gruppi considerati come pericolosi ci sono il movimento femminista, le organizzazioni Lgbt, gli educatori e le educatrici sessuali, e le autorità pubbliche. Sebbene tali soggetti specifici agiscano a livello locale, le radici del male sono considerate di matrice “globale” e “totalitaria”. Pertanto, non è un caso che chi si oppone alla teoria del genere prenda spesso di mira gli emendamenti legislativi proposti e promossi dalle istituzioni e dalle organizzazioni internazionali come l’Onu o l’Ue.

Sebbene sia difficile definire a livello temporale il momento in cui tale mobilitazione anti-gender abbia avuto inizio, si fa spesso riferimento al mese di aprile del 2012, quando l’allora ministro della giustizia Jarosław Gowin si è opposto pubblicamente alla ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, liquidandola come un “veicolo dell’ideologia di genere”.  Affermazioni come queste, che all’epoca sono risultate enigmatiche per molte persone, sembrano aver segnato l’inizio della campagna.[1] La motivazione offerta da Gowin si imperniava sul fatto che la Convenzione di Istanbul avrebbe rappresentato nei fatti un cavallo di Troia ideologico: a detta dell’allora ministro, tale strumento internazionale avrebbe mirato alla messa in discussione della famiglia tradizionale. Il fatto che il testo della convenzione includesse il termine “genere” veniva visto come prova dei suoi fondamenti socio-costruzionisti. Il movimento femminista polacco, gli educatori e le educatrici sessuali, nonché il partito liberal-conservatore europeista allora al governo (denominato “Piattaforma Civica”) venivano dipinti come traditori, semplici burattini nelle mani di un movimento cospirativo internazionale, o perfino globale, che si opponeva all’ordine tradizionale dei sessi. Un simile approccio isolazionista può essere rintracciato in altri contesti collegati, ad esempio quando il Vescovo Stanisław Stefanek, rappresentante del Consiglio per la famiglia dell’Episcopato polacco, ha commentato gli sforzi profusi dal governo per dare avvio al dibattito sulle unioni civili: un tale sforzo è stato liquidato come prova di come il partito allora al potere stesse “dando attuazione a direttive globali, agghindandole con termini alla moda e affermando che ciò rappresenta il progresso e la libertà”.

Un’altra tematica di primo piano della retorica anti-gender in Polonia è rappresentata dalla questione dell’educazione sessuale, demonizzata in quanto ritenuta una “sessualizzazione dell’infanzia”. Chiaramente, l'argomento dell’ “infanzia in pericolo” non è un’invenzione polacca, dal momento che è stato utilizzato anche in paesi come la Russia, l’Ucraina, la Germania e la Francia. Tuttavia, in Polonia il focus sull’infanzia è più forte rispetto ad altri paesi in quanto la fase iniziale della campagna anti-gender coincideva con l’emergere, a livello di opinione pubblica, di una serie di accuse contro i preti pedofili. Di conseguenza, gli attacchi al “genere” venivano visti da più parti come un tentativo per mano dell’episcopato polacco di distogliere l’attenzione dei media dagli scandali legati alla pedofilia che hanno coinvolto la Chiesa. L’8 ottobre 2013, l’arcivescovo Józef Michalik ha dichiarato pubblicamente che sono le giovani vittime degli ecclesiastici pedofili ad “avvinghiarsi ai sacerdoti” in cerca di quell’amore che non ricevono a casa. Con quest’affermazione oltraggiosa, il prelato ha cercato di trasferire la responsabilità degli atti di pedofilia dagli autori degli atti alle “famiglie divise” e alle istituzioni internazionali che “sessualizzano l’infanzia” attraverso l’educazione sessuale. Se l’arcivescovo ha poi ritrattato le sue affermazioni definendole “infelici”, la questione dell’educazione sessuale è rimasta uno dei capisaldi del movimento anti-gender. 

L’idea che sia necessario proteggere i bambini e le bambine da programmi di educazione sessuale compromettenti o da “discussioni sul sesso” sui media ricopre un ruolo centrale nel quadro della politica culturale conservatrice in molti contesti. In qualche modo, le controversie riguardanti l’educazione sessuale nelle scuole polacche rassomigliano alle battaglie degli anni Novanta negli Stati Uniti: in entrambi i casi, il fulcro del dibattito è incentrato sulla protezione dell’infanzia e sul diritto dei padri e delle madri di decidere cosa sia meglio per la propria prole. Inoltre, in entrambi i paesi, l’educazione sessuale offerta nelle scuole e negli asili pubblici veniva descritta come una forma inaccettabile di intervento statale nella sfera privata. La specificità della variante polacca di questa argomentazione risiede nel fatto che l’intervento viene paragonato abitualmente ai tentativi da parte del regime comunista di ottenere il pieno controllo sulla vita privata e familiare delle persone. In altre parole, l’educazione sessuale è liquidata come un’imposizione dell’Occidente liberale (Onu, Oms, Ue) ma anche come un retaggio delle politiche comuniste.

Dato il focus sul benessere dei bambini e delle bambine, non sorprende che chi si fa portavoce della retorica anti-gender abbia avuto successo nel mobilitare i padri e le madri. In Polonia, nel corso di un’intervista, il sostenitore più conosciuto del movimento anti-gender, il carismatico Padre Dariusz Oko, ha sottolineato come “nessuna persona abbia il diritto di profanare il santuario della famiglia entrando con gli stivali e brandendo una mazza ferrata”.

Pertanto, dobbiamo partecipare alle marce e alle altre forme di protesta, scrivere e inviare lettere al ministro dell’istruzione e agli altri membri del governo, rendere pubblici gli scandali attraverso i media e cercare aiuto a livello privato. Inoltre, non dobbiamo avere paura di farci valere in tribunale. Dobbiamo poi controllare bene quanto avviene nelle scuole, dobbiamo osservare con attenzione le lezioni che vi vengono impartite. Chi svolge il ruolo di preside non ha alcun diritto di intraprendere iniziative in tale ambito senza il consenso dei padri e delle madri. (Cichobłazińska 2013)

L’agenda, apparentemente neutrale dal punto di vista politico, fa presa sulla popolazione e si nutre del sostegno di gruppi di padri e madri precedentemente impegnati su altri fronti (ad esempio, la riforma del sistema di istruzione o i diritti dei padri). Di conseguenza, in molti paesi conservatori, le organizzazioni che si battono per i diritti genitoriali sono diventate degli attori chiave delle campagne anti-gender. Due importanti organizzazioni impegnate nella lotta all' “ideologia di genere” in Polonia sono la Fondazione mamma e papà e la Fondazione difensore civico per i diritti dei genitori; questa tendenza può essere osservata anche in paesi come Francia, Germania, Russia e Ucraina.

Non sorprende come, nel contesto polacco, la chiesa cattolica sia diventata la principale forza propulsiva della campagna anti-gender. Dal punto di vista religioso, la condanna ufficiale di tale teoria è giunta con la lettera pastorale della Conferenza dei Vescovi della Polonia, pubblicata e letta nelle chiese il 29 dicembre 2013.

Tra i maggiori fautori di una retorica di incitamento all’odio fondata sull’omofobia nella sfera pubblica vi è Padre Dariusz Oko, il quale è divenuto in breve tempo una celebrità nell’ambito della campagna anti-gender. I suoi discorsi rappresentano dei piagnistei che mettono in guardia contro la strada pericolosa alla quale inevitabilmente conduce la tolleranza dell’uguaglianza. Attraverso una dichiarazione trasmessa dall’emittente cattolica Radio Maryja, Padre Dariusz Oko ha esposto la presunta teoria della cospirazione omosessuale:

Chiunque permetta di farsi fare il lavaggio del cervello con l’ideologia omossessuale si ritroverà ad accettare l’incesto, la poligamia e il poliamore – queste sono le conseguenze. La lobby omosessuale agisce sempre in tal modo. Questi sono gli step. Non si fermeranno mai; vogliono una rivoluzione totale. (Homoseksualiści nie poprzestaną, 2015)

L’antigenderismo non è solo un campo di battaglia di natura politica, rappresenta anche una lotta per la legittimità nel mondo accademico. A differenza del movimento reazionario emerso negli anni Novanta negli Stati Uniti, che si autoproclamavano come una risposta di 'buon senso' agli sviluppi ambigui e pericolosi del femminismo, l’antigenderismo ha una pretesa di scientificità e ambisce a diventare un terreno alternativo di produzione di conoscenza. Gli sforzi volti ad affermare l’antigenderismo come un ambito accademico e una ricerca intellettuale dotati di legittimità si sostanziano nella traduzione di opere straniere molto conosciute di autrici come Gabrielle Kuby e Marguerite A. Peeters, nella pubblicazione di volumi e articoli di autori e autrici nazionali, nell’organizzazione di conferenze accademiche e lezioni nelle università pubbliche (a tal riguardo, Dariusz Oko ha tenuto una conferenza all’Università di Varsavia nell’ottobre del 2014). Crediamo che l’antigenderismo si sia evoluto in una visione del mondo coerente e in un ambito specifico di competenza, in un progetto educativo di ampio respiro finalizzato non solo a ridimensionare il femminismo e gli studi di genere, ma anche a sviluppare un settore alternativo del sapere e forse anche una nuova sfera pubblica.

È interessante notare come il genere rivesta una grande importanza nell’antigenderismo: se si vuole acquisire autorevolezza in tale ambito, essere donna rappresenta chiaramente un vantaggio. Se l’antigenderismo europeo ruota intorno alle guru Gabrielle Kuby e Marguerite A. Peeters, in Polonia tra gli esempi di donne rese famose dalla loro opposizione alla 'teoria del gender' troviamo Beata Kempa, una parlamentare precedentemente sconosciuta che è diventata una celebrità dell’antigenderismo e ha fatto una carriera politica invidiabile. Altro esempio degno di nota è rappresentato da Małgorzata Terlikowska, cinque volte madre e moglie di un famoso giornalista ultraconservatore, la quale ha acquisito molta notorietà grazie al ruolo ricoperto nella campagna anti-gender.

Nel 2014 sono apparse in Polonia tre corpose pubblicazioni che criticano la teoria del genere: tutte sono state redatte da giovani giornaliste “affiliate” alla stampa di destra. Agnieszka Niewińska si è “infiltrata” nel programma sugli studi di genere dell’Istituto di studi letterari (PAN) di Varsavia e ha steso un rapporto dettagliato intitolato Report o gender w Polsce (Rapporto sul genere in Polonia). Magdalena Żuraw ha pubblicato un pamphlet intitolato Idiotyzmy feminizmu (Le idiozie del femminismo), finalizzato a smascherare le “incongruità e assurdità” del femminismo alla luce del “buon senso”. Marzena Nykiel, forse la più ambiziosa delle tre, è l’autrice di Pułapka Gender (La trappola del genere), un trattato di circa trecento pagine che spiega al grande pubblico gli orrori della teoria del genere, presentata come una nuova forma di colonialismo e totalitarismo, un movimento cospirativo di ampia portata e una terribile minaccia alla civiltà cristiana. Il libro lancia un segnale d’allarme alle schiere di fedeli: incoraggia i lettori e le lettrici a unirsi alla lotta per la difesa della cristianità prima che sia troppo tardi; la battaglia attualmente combattuta in Polonia viene presentata come l’ultima speranza.

Le autrici di queste pubblicazioni vengono osannate dai media di stampo conservatore come delle novelle cassandre e paladine dell’umanità, ma anche come donne e rappresentanti di cosa veramente significhi essere donna, in opposizione alle mistificazioni sbandierate da chi sostiene la 'teoria del genere' e dal movimento femminista. Le donne si presentano come esperte titolate dell’antigenderismo in quanto rappresentano il “sapere esperienziale” acquisito nell’ambito della maternità (concreta o potenziale). È questa pretesa di autenticità che eleva il buon senso di stampo conservatore allo status di dogma. Il femminismo viene poi rappresentato come una bufala, un’ideologia assurda estranea alla vita della maggior parte delle donne, un’ideologia imposta dagli uomini di sinistra che va contro gli interessi delle donne stesse. La teoria del genere viene presentata non solo come un qualcosa di dannoso per i bambini e le bambine, ma anche come qualcosa che priva gli uomini della mascolinità; essa viene ritenuta responsabile di incoraggiare le donne a prostituirsi, di ridurle in uno stato di disperazione in quanto madri single, e di privarle del sostegno degli uomini. 

In Polonia, la mobilitazione anti-gender – che si incentra sull’orgoglio nazionale, fa uso della retorica neoconservatrice basata sui “valori della famiglia” e fa leva sulla presunta minaccia alla cristianità – si colloca in corrispondenza dell’intersezione tra le influenze illiberali globali e la rinascita a livello locale di un nazionalismo di genere. Inizialmente, questa mobilitazione è stata interpretata da più parti come un fenomeno locale, un tentativo di occultare gli scandali legati alla pedofilia all’interno della Chiesa cattolica polacca. Anche oggi, gran parte del mondo liberale polacco rimane attaccato a un concetto di eccezionalità e considera l’antigenderismo un sintomo dell’ignoranza e dell’oscurantismo tipici delle correnti conservatrici del cattolicesimo polacco – in breve, un’anomalia. Siamo tra coloro che criticano questa prospettiva in quanto troppo limitata. La campagna anti-gender condotta in Polonia è necessariamente collegata a quanto sta accadendo in Europa e oltre, ad esempio alle mobilitazioni di massa che coinvolgono padri e madri come La Manif Pour Tous in Francia, le dichiarazioni del Vaticano riguardanti il genere, i recenti attacchi all' “agenda di genere” negli Stati Uniti, i movimenti reazionari anti-Lgbt e antifemministi nella Russia di Putin, in Ucraina o in Georgia, e le mobilitazioni anti-gender in altre aree geografiche, inclusa l’Africa.

Le iniziative portate avanti in Polonia fanno parte di una rinascita più ampia dell’estremismo di destra e del fondamentalismo religioso, uno sforzo coordinato a livello transnazionale per mettere in discussione i valori liberali attraverso gli strumenti della democrazia. Fa parte di questa strategia, come abbiamo spiegato in altra sede, l’utilizzo efficace di un approccio anticolonialista, nell’ambito del quale il “genderismo” viene presentato come una forza globale dalle tinte fosche, una nuova forma di potere colonialista esercitato dall’Onu, dall’Ue e dall’Oms a discapito delle popolazioni povere e soprattutto delle nazioni in via di sviluppo dell’Africa. All’Europa orientale viene riservato un posto speciale in questa geografia del genere in quanto tale area rappresenterebbe una parte del mondo che non è stata contaminata dalla rivoluzione sessuale e che ha resistito al marxismo, e che quindi si spera possa salvare l’Occidente dalla decadenza.

A posteriori, è chiaro come le battaglie contro la 'teoria del gender' abbiano rappresentato dei trampolini di lancio per la carriera di molti uomini e donne del mondo della politica che prima non godevano di grande notorietà: un esempio è Beata Kempa, della quale abbiamo parlato sopra. Tuttavia, la posta in gioco è molto più alta. La campagna anti-gender e la mobilitazione di massa nata attorno a questo argomento hanno avuto conseguenze concrete a livello politico in Polonia. Ciò è in parte dovuto all’utilizzo efficace della retorica anticolonialista, per cui coloro che sostengono la 'teoria del genere' rappresenterebbero le forze colonizzatrici, e la destra conservatrice giocherebbe il ruolo di paladina della cultura locale più autentica. La retorica della dignità posta sotto assedio, dell’orgoglio ferito, del panico morale e dell’indignazione giustificata hanno rafforzato la polarizzazione della scena politica nazionale. L’antigenderismo ha fornito “un collante simbolico” facilitando l’alleanza tra “l’altare” e “lo stadio”, in altre parole tra il clero cattolico e le forze di estrema destra, incluse le tifoserie calcistiche. La campagna anti-gender ha coinvolto anche molti gruppi di padri e di madri. Tali gruppi hanno fatto fronte comune a difesa dell’infanzia e dei valori tradizionali della famiglia (equiparati a quelli del cattolicesimo) e hanno preso parte a incontri aperti organizzati nelle parrocchie, durante le manifestazioni di stampo patriottico tenutesi per le vie delle maggiori città polacche, negli studi televisivi e sempre di più online. L’alleanza strategica tra diversi gruppi conservatori ha contribuito al trionfo politico della destra alle elezioni presidenziali e parlamentari del 2015.[2]

Note 

[1] Il processo di ratifica è stato portato a termine nel marzo del 2015. Tuttavia, il governo di destra in carica dal novembre del 2015 ha annunciato l’intenzione di recedere dall’accordo.

[2] L'articolo che avete appena letto è un estratto dal capitolo “Worse than communism and nazism put together: War on Gender in Poland” contenuto nel volume Anti-Gender Campaigns in Europe: Mobilizing Against EqualityRoman Kuhar, David Paternotte (a cura di), Rowman & Littlefield International, 2017. Lo studio riportato si basa sull’analisi testuale di lettere pastorali, articoli e dichiarazioni pubblicate sulle pagine web di gruppi e organizzazioni specifici come No to Gender!, nonché sulle informazioni riportate dai media (inclusi quelli internazionali) e sui lavori di ricerca svolti sui movimenti neoconservatori in Europa e negli Stati Uniti. Viene esaminato inoltre il nuovo filone letterario che critica la teoria del genere, per riflettere sull’importanza che il fatto che gran parte di tali volumi sia stata scritta da donne ricopre per lo sviluppo della retorica anti-gender. Infine, si fa riferimento ad avvenimenti dei quali le autrici hanno avuto esperienza diretta in quanto osservatrici partecipanti di manifestazioni e dibattiti pubblici. 

Riferimenti

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Kowalczyk, Dariusz. 2012. “Rządu troska o geja” (Goverment’s concern for gays), Gość Niedzielny 2012.09.20

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Cichobłazińska, Anna. 2013. Gender ideology destroys a cradle of humankind - a family. Anna Cichobłazińska talks with Fr. dr. hab. Dariusz Oko from the Papal University of John Paul II. Niedziela 24, 2013. 

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Duda, Maciej. 2016. Dogmat płci. Polska wojna z gender. (The dogma of sex. Polish war with gender). Katedra Wydawnictwo Naukowe: Gdańsk.

Peto, Andrea. 2015. “Anti-gender mobilizational discourse of conservative and far right parties as a challenge for progressive politics.” In Gender as Symbolic Glue: The Position and Role of Conservative and Far Right Parties in the Anti-Gender-Mobilization a cura di Eszter Kováts and Põim, Maari, 126-32. FEPS. 

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