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Il grande balzo in avanti delle ragazze laureate è avvenuto in pochi anni. Nel 2010, ha preso la laurea il 26,3% delle donne tra i 25 e i 29 anni, e solo il 17,4% dei coetanei maschi. E il "gender ratio" in questo campo è il più alto d'Europa - stavolta a favore delle donne. Ma il mercato del lavoro non segue

Le laureate sfondano il tetto.
E dopo, cosa succede?

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Negli ultimi due decenni, abbiamo assistito in Italia a una crescente differenziazione dei livelli di istruzione tra i segmenti maschile e femminile della popolazione giovanile. Un fenomeno sociale di notevole rilievo: se tale tendenza permarrà, in un futuro prossimo avremo differenze di genere nei livelli di istruzione dell'intera popolazione, differenze che rovesciano la storica supremazia della popolazione maschile nei titoli di studio universitari. Tra i tanti divari di genere oggetto di analisi e di dibattiti, questo fenomeno ha attirato finora un'attenzione relativamente minore ed appare assai aperto all'analisi. In questo articolo ci si concentrerà sulla sua dimensione, in particolare nella fascia di età 25-29 anni, e sugli effetti della riforma degli ordinamenti didattici universitari che nel 1999 ha introdotto il cosiddetto 3+2.

La composizione della popolazione giovanile per sesso, fasce di età e livello di istruzione (quote percentuali)

 

20 - 24 anni

 

MaschiFemmine

 

19931999200420101993199920042010

Scuola Elementare

5,33,52,31,65,53,61,81,5

Scuola Media

43,933,830,126,237,126,321,018,9

Diplomi

49,961,765,668,156,268,373,571,8

Lauree

0,81,01,94,21,31,83,77,8

Totale

100100100100100100100100

 

25 - 29 anni

 

MaschiFemmine

Scuola Elementare

7,35,03,72,57,85,43,22,7

Scuola Media

48,839,432,626,544,534,025,721,8

Diplomi

38,347,752,453,641,450,354,749,3

Lauree

5,67,911,317,46,310,216,426,2

Totale

100100100100100100100100

 

 (Fonte: Istat)

I dati disponibili rendono possibili confronti omogenei a partire dal 1993. Ne emergono tre aspetti in particolare. Il primo è la costante riduzione nell'arco del ventennio della quota percentuale di giovani con i più bassi livelli di istruzione (scuola elementare e scuola media). In tutto il periodo la percentuale di giovani con la sola scuola elementare è analoga nei due segmenti di genere e scende nel 2010 intorno a 1,5% tra i 20-24enni e a 2,6% tra i 25-29enni. In entrambi i segmenti, poi, la contrazione nella percentuale di giovani muniti solo della licenza media è superiore a 20 punti. Qui si conserva tuttavia una differenza di genere: i giovani con la sola scuola media sono relativamente più numerosi nella componente maschile. Nel 2010, i giovani con la sola scuola media scendono al 26.5% tra i 25-29enni e al 21.8% tra le 25-29enni.

Ovviamente, al minor peso nel tempo dei livelli più bassi di istruzione corrisponde un maggior peso nel tempo di diplomati e laureati, peso la cui evoluzione appare tuttavia alquanto diversa nell'arco del periodo. Il secondo aspetto è appunto la modesta crescita della percentuale di laureati negli anni '90 e la consistente crescita in questi anni del numero di diplomati (intorno a 10 punti percentuali in entrambe le fasce di età e in entrambi i segmenti di genere). L’ introduzione del 3+2 nei corsi universitari esercita quindi subito un notevole impatto su immatricolazioni universitarie e lauree. Nei primo decennio del 2000 il numero di laureati cresce drasticamente, mentre il peso dei giovani diplomati rimane abbastanza stabile e quello delle giovani diplomate si flette addirittura un po' nella seconda metà del decennio. Questo andamento ci porta al terzo aspetto: la forte differenza di genere nella crescita dei laureati. Nel 2010 le laureate sono il 26,3% tra le giovani 25-29enni (erano il 10,2% nel 1999), mentre i laureati sono il 17,4% tra i 25-29enni (erano il 7,9 nel 1999). Il cosiddetto "gender ratio", il rapporto tra le quote percentuali di laureate e laureati, sale dunque dal 1,1 del 1999 all'1,5 nel 2010.

Guardando allo specifico andamento dei due nuovi livelli di laurea, la crescita si concentra in particolare sulle lauree triennali. Il permanere di una notevole lentezza degli studi universitari rispetto alla loro durata teorica lascia il peso anche delle lauree triennali alquanto modesto tra i 20-24enni. Tra i 25-29, le lauree triennali costituiscono nel 2010 il 7,9% della popolazione maschile (erano l’1,6 nel 2004), e l’11,7% in quella femminile (erano il 2,8 nel 2004). Tra i laureati magistrali crescono ancora, seppur di poco, le differenze di genere e il loro peso tocca nel 2010 il 9,5% nel segmento maschile e 14,5% in quello femminile.

Qualunque cosa si pensi della riforma 3+2 - come è noto le valutazioni sono contrastanti e oggetto di un dibattito tra gli addetti ai lavori - non v’è dubbio che essa è stata decisiva nell’aumentare il numero dei laureati e che l’ampliamento nel divario di genere che si è sottolineato si leghi in buona misura ad essa. Il che pone due quesiti. Il primo: quali sono i riflessi nel mercato del lavoro dell’accresciuto numero di giovani laureate? o, più in generale: la riforma 3+2 ha modificato la performance delle giovani laureate nel mercato del lavoro? Il secondo: come si posiziona, in un confronto europeo, il divario di genere italiano?

Per quanto riguarda il primo quesito, gli effetti della riforma sul mercato del lavoro sono in larga misura analoghi nei due segmenti di genere. L'obiettivo di abbreviare i tempi di ingresso nel mercato del lavoro, cui l'introduzione della laurea triennale mirava, non è stato finora raggiunto dalla riforma. I massicci passaggi dalla laurea triennale alle lauree magistrali, e i permanenti lunghi tempi di laurea, non hanno velocizzato l'ingresso nel mercato del lavoro sia tra le giovani che tra i giovani. Se guardiamo poi ai movimenti delle variabili fondamentali del mercato del lavoro, e ai laureati 25-29enni, si mantiene o addirittura si accentua la migliore performance dei laureati magistrali maschi. Nel 2010, il tasso di occupazione (il rapporto tra occupati e popolazione) dei laureati magistrali maschi (65,5%) giunge a superare di circa nove punti quello delle donne (56,3%), mentre il tasso di disoccupazione si mantiene costantemente superiore tra le donne. Nel 2010, la disoccupazione è pari al 18,3% nel segmento femminile e 14,4% in quello maschile. Tra i laureati triennali, invece, a un tasso di disoccupazione analogo nei due generi (14-15% nel 2010), fa riscontro una relativa maggiore occupazione tra le donne. In conclusione, pur solo in termini delle variabili fondamentali del mercato del lavoro, i dati segnalano per il livello più elevato di istruzione - la laurea magistrale - una perdurante maggiore debolezza nel mercato della componente femminile.

Veniamo ora al confronto europeo. Nonostante i progressi, la numerosità dei laureati si mantiene in Italia straordinariamente bassa rispetto alla media europea in entrambe le componenti di genere. Ciò premesso, una tendenza alla crescita del gender ratio è pressoché generale in Europa. Sotto questo aspetto, l'Italia si caratterizza per un livello relativamente alto del rapporto, dunque per un divario di genere a favore delle donne relativamente alto nelle lauree. A fronte di un gender ratio in Italia pari nel 2010 a 1,5, il rapporto medio nell'Europa a 27 paesi è 1,4 e 1,3 nell'Europa a 15 paesi. Per sottolineare ulteriormente il divario italiano, si consideri che il gender ratio è pari, ad esempio, a 1,3 in Germania e in Francia e 1.2 in Inghilterra o in Olanda. Come si osservava all'inizio, la rilevanza del fenomeno, le sue implicazioni e i suoi possibili effetti rimangono ancora sostanzialmente aperti all'analisi.

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