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Le donne che nel mondo hanno accesso alle tecnologie sono 250 milioni in meno degli uomini e rappresentano la percentuale più bassa della forza lavoro nel settore hi-tech. Eppure i lavori del futuro saranno soprattutto digitali. La partita della parità è appena aperta

Professioni digitali. La
partita è appena aperta

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Foto: Unsplash/ Chris Ried

Le professioni digitali saranno protagoniste del prossimo futuro: dal web developer all’app developer; dal software developer al social media manager fino alle recentissime e sempre più promettenti figure del data protection officer, del data scientist, del big data engineer o del cyber security expert. Competenze iper-specialistiche, quelle richieste dalle nuove professioni, indispensabili per assicurare successo alle aziende che da qui a pochi anni premieranno in termini lavorativi i giovani che si avvicinano alle materie tecnico-scientifiche, le cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Pensare alle differenze di genere diventa allora sempre più importante, nell’ottica di garantire pari opportunità di lavoro a uomini e donne.

Il rapporto del Brooking Institution sulla composizione della forza lavoro americana parla di una sottorappresentazione delle donne negli ambiti professionali legati all’alta tecnologia, pur in presenza di una migliore capacità di gestione delle competenze specifiche riscontrata nella popolazione femminile di riferimento.

Lo studio, firmato da Mark Muro, Sifan Liu, Jacob Whiton e Siddharth Kulkarni, parte dalla premessa che la diffusione della tecnologia digitale è stata pervasiva – negli ultimi decenni – in tutte le attività e i luoghi di lavoro, arrivando a plasmare l’intera economia statunitense. Tanto che fra il 2002 e il 2016 “le quote di posti di lavoro e occupazioni USA che richiedono una conoscenza digitale sostanziale sono aumentate rapidamente”.

Il rapporto ha preso in considerazione 545 attività professionali, che dal 2001 hanno coperto il 90% dell’offerta di impiego negli Stati Uniti. In particolare, gli autori hanno classificato le occupazioni che richiedono competenze digitali alte, medie e basse: se nel 2002 il 56% dei lavori analizzati richiedeva un basso livello di competenze digitali, il 40% competenze medie e il 5% competenze elevate, in poco più di dieci anni sono salite al 25% le occupazioni che richiedono attitudini e competenze informatiche alte.

Se vi preoccupate perché la robotizzazione vi ruberà il lavoro – avverte il rapporto – prima lo perderete o non lo troverete affatto se non masticate il digitale o il code-making”.

La competenza digitale diventa passepartout per il successo individuale e industriale, ma non solo. Con l’integrazione della robotica e dell’intelligenza artificiale nel mercato del lavoro sono poprio le professioni che hanno bisogno di un basso know-how tecnologico a comportare il 60% di rischio di fare a meno della “componente umana” nel prossimo futuro.

Digitalizzazione – come è facile immaginare  va a coincidere allora anche con retribuzioni più alte ma – ed ecco la nota dolente  allo stesso tempo veicolando tendenze molto disomogenee in relazione al genere di appartenenza.

Le donne intervistate nel rapporto, infatti, in ambito digitale hanno ricevuto un punteggio di 48 contro i 45 punti assegnati agli uomini ma, nonostante questo, in computer, ingegneria e management (come, d’altronde, in occupazioni a basso contenuto digitale come trasporti, edilizia, risorse naturali) gli uomini risultano ricoprire più posti di lavoro. Le donne, invece, rappresentano circa i tre quarti della forza lavoro in molte professioni a competenza digitale media come l’assistenza sanitaria, l’amministrazione d’ufficio, e l’istruzione.

La differenza di reddito determinata dalle maggiori o minori competenze digitali non è cosa da poco: il salario medio annuo per i lavoratori che ricoprono posti che richiedono skill informatiche di alto livello ha toccato quota 72.896 dollari nel 2016, mentre chi occupa posti che richiedono competenze digitali di medio livello ha guadagnato in media 48.274 dollari, abbastanza di più di chi ha basse competenze digitali, che ha portato a casa 30.393 dollari. In termini percentuali, fra il 2010 e il 2016 a lavori con competenze digitali di alto livello è corrisposta in media una crescita salariale maggiore dello 0,8% annuo.

Stando così le cose, è chiaro che la parità di salario fra uomini e donne sarà un traguardo difficile da raggiungere, se non si adottano misure adeguate ad accrescere le competenze digitali in particolare della popolazione femminile.

Gli autori del rapporto Brooking auspicano la collaborazione tra aziende, associazioni industriali, istituzioni educative e governi affinché lavoratori e studenti, ragazzi e ragazze, possano crescere nel settore dell'information technology (IT) mettendo a frutto le loro potenzialità. Il suggerimento, come è ovvio, è anche quello di accrescere una proficua integrazione formazione-lavoro attraverso apprendistato e stage retribuiti legati a certificazioni IT, puntare su corsi di alfabetizzazione tecnologica e su vere e proprie scuole di codice.

Intanto, le grandi aziende che operano nel digitale si stanno già muovendo per osservare la composizione della loro forza-lavoro in un'ottica di diversità e inclusione. Lo hanno fatto: Facebook Apple, Twitter, Google, Netflix Uber (anche se, ci dispiace ricordare, Uber e altre compagnie hi-tech della Silicon Valley sono recentemente state al centro di una collettiva denuncia di sessismo, ne avevamo parlato qui, ndr).

In vista di una progressiva convergenza fra uomini e donne nell’accesso ai lavori del futuro e alle sfide professionali aperte dal digitale, l’Agenzia dell’Onu che si occupa di innovazione digitale ha messo a punto, nel frattempo, un programma per le donne che lavorano nel digitale e per quelle che vorrebbero lavorarvi. Si chiama EQUALS – The Global Partnership for Gender Equality in the Digital Age.

Una partita appena aperta, considerando che secondo l’Agenzia dell’Onu specializzata nell’ICT le donne che in tutto il mondo hanno accesso alle tecnologie sono 250 milioni in meno degli uomini.

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