Politiche

Quali soluzioni può offrire l'economia femminista per affrontare le sfide della digitalizzazione e la crisi della democrazia? Ce ne parla Marcella Corsi, in vista della prossima conferenza annuale dell'Associazione internazionale per l'economia femminista (Iaffe) in programma alla Sapienza Università di Roma dal 3 al 5 luglio 2024

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Iaffe 2024
Credits Unsplash/Ashkan Forouzani

L'Associazione internazionale per l'economia femminista (International association for feminist economics, Iaffe) è una rete globale di accademiche, attiviste, teoriche e professioniste accomunate da un interesse condiviso, quello di portare avanti una ricerca economica e un'analisi politica attente al genere e all'inclusione, per promuovere la parità e migliorare il benessere di tutte le persone, soprattutto quelle che si trovano a dover fronteggiare una maggiore esclusione socio-economica.

Nata a Washington, DC nel 1990 in seguito alle riunioni di quelle che ne sarebbero diventate le fondatrici, allora socie dell'American Economic Association, Iaffe è cresciuta negli anni fino a comprendere oltre 800 iscritte provenienti da più di 90 paesi. Una rete di studiose, attiviste e sostenitrici che ha avuto un impatto tangibile sul pensiero economico e sulle politiche. 

La pluripremiata rivista dell'associazione, Feminist Economics, ha infatti contribuito ad aprire nuove aree di indagine economica, promuovendo scambi critici e ampliando e arricchendo il discorso economico nel suo complesso. 

Ogni anno l'associazione organizza una grande convention internazionale, articolandola attorno a un tema. L'edizione di quest'anno si svolgerà in Italia, dal 3 al 5 luglio 2024, ospitata da Sapienza Università di Roma, e co-organizzata da Minerva - Laboratorio su diversità e disuguaglianze economiche (MinervaLab).

Ne parliamo con Marcella Corsi, ordinaria di Economia politica presso Sapienza Università di Roma, coordinatrice di MinervaLab, e componente, dalla sua origine, del comitato editoriale di inGenere. Marcella fa parte del board di Iaffe da giugno 2023.

Marcella Corsi
Marcella Corsi

La prossima edizione, ormai la 32esima, della conferenza annuale di Iaffe aspira a generare una riflessione critica da parte dell'economia femminista rispetto a due tra le caratteristiche che più definiscono l'attuale panorama economico e politico: le nuove frontiere dell'economia digitale e la crisi della democrazia. Che cosa ti aspetti da questa edizione?

Intanto va notata la massiccia adesione di quest'anno: abbiamo triplicato le proposte di contributi rispetto alle conferenze degli anni precedenti e la conferenza di Roma sarà la più numerosa della storia di Iaffe. Un ottimo risultato che fa sperare in un intenso interscambio sui temi della conferenza. Personalmente mi aspetto che si riesca a dare più spazio a persone provenienti dall'area del Medio Oriente e Nord Africa (Middle East and North Africa, abbreviato in Mena), rafforzando il ruolo dell'Italia come centro del Mediterraneo, e dando alla nostra università l'occasione di svolgere un ruolo di mediazione nei conflitti in corso, nonché di rafforzare la discussione dei nodi cruciali del patriarcato nelle sue più varie forme, arcaiche e moderne.

Quali saranno, più nello specifico, i temi che verranno affrontati nelle oltre cento sessioni che si terranno contemporaneamente?

I progressi tecnologici legati all'intelligenza artificiale e alla digitalizzazione rendono sempre più concrete le visioni utopistiche di un'economia dell'abbondanza egualitaria, affine al concetto di "Trekonomics". D'altra parte, l'attuale panorama politico, caratterizzato sempre più da populismo autoritario e dalla polarizzazione politica e sociale, evoca invece un'economia distopica da Il racconto dell'ancella. Il potenziale di un maggiore benessere per tutti e tutte offerto dalle scoperte tecnologiche è ostacolato dal persistente paradigma economico neoliberista e dal restringersi degli spazi politici. La crisi ecologica, il crescente costo della vita, le profonde disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, la crisi della politica e della democrazia, la crisi dell'assistenza, la crisi migratoria e i conflitti armati, sono tematiche ampiamente riconosciute che si intrecciano nelle loro diverse dimensioni. Tuttavia, il divario tra diagnosi dei problemi e implementazione di policy efficaci rimane persistente, poiché la politica non riesce a fornire soluzioni. Al contrario, assistiamo sempre più spesso a fallimenti di governance a molteplici livelli. Un fattore allarmante è la forte reazione contro i progressi ottenuti da movimenti femministi, Lgbtqia+ e per i diritti umani, culminati in alcuni luoghi in un regime di apartheid di genere. Soprattutto nelle generazioni più giovani, sono molte le persone che si sentono alienate dagli spazi politici, e che faticano a identificarsi con qualsiasi movimento o partito politico, favorendo l'emergere di un senso di mancata appartenenza politica.

Cosa pensi nascerà da questo grande e così sfaccettato momento di confronto?

Una riflessione critica sulle risposte dell'economia femminista, in relazione alla situazione corrente e a possibili scenari futuri. Suggeriamo dibattiti sulle seguenti domande: quali sono i contributi dell'economia femminista all'interpretazione dell'attuale panorama mondiale segnato da molteplici crisi intrecciate e da rapidi cambiamenti tecnologici? Dove si collocano le donne con le loro identità eterogenee, come soggetti e agenti nella crisi della democrazia, nella polarizzazione e nel crescente autoritarismo? Quali sono le strategie lungimiranti, le soluzioni concrete e i modelli che emergono dall'economia femminista perché tutte le persone possano usufruire dei vantaggi dei cambiamenti tecnologici verso un ordine economico egualitario, sostenibile e resiliente? In che misura l'economia femminista ha il potenziale per fornire una dimora ideologica alle donne, alle generazioni più giovani e a chi desidera vedere attuate delle politiche progressiste? La conferenza offrirà uno spazio per la ricerca e l'indagine, che riconosce la natura interdisciplinare e il pluralismo metodologico in questi campi di analisi e che affronta la questione di come economiste ed economisti femministi possano influenzare le policy dell'attuale panorama politico, sempre più polarizzato.

Com'è nata per te l'esperienza di Iaffe, e cosa significa nel momento storico che stiamo vivendo far parte del direttivo di un'organizzazione così importante a livello internazionale, per il femminismo e per l'economia?

Parafrasando la famosa frase di Simone De Beauvoir, "economista femminista non si nasce, lo si diventa". Io mi sono avvicinata a Iaffe gradualmente, negli anni 2000, principalmente dopo esser diventata madre. Con la maternità ho cominciato a vedere le differenze di genere in modo più netto, a riconoscere più facilmente la pericolosità dell'ipotesi di agente rappresentativo come homo economicus, maschio, bianco, occidentale, educato e benestante. Ho sentito più forte il bisogno di "preoccuparmi per il mondo", non solo per me, in forma egoistica, ma per gli altri e le altre, in una catena di sorellanza. L'economia femminista, e Iaffe come forma associativa, sono diventate il modo, per me, di ricercare una visione alternativa del mondo. Un'occasione per mostrare a studenti e figli, che, uniti e unite, si può fare la differenza.

Quali sono, secondo te, i contributi più importanti che l'analisi femminista ha portato all'economia negli ultimi trent'anni?

Gli approcci economico-politici tradizionali tendono a sottovalutare il riconoscimento di quelle che sono le differenze che condizionano il comportamento e le opportunità economiche tra le persone. L'economia politica femminista affronta questa debolezza rendendo visibili le disuguaglianze su cui si basa l'economia capitalista e operando per creare un paradigma economico alternativo. L'economia femminista offre quadri concettuali e strumenti metodologici adeguati ad analizzare l'articolazione di disuguaglianze multiple e intersecanti, e le loro più ampie implicazioni per l'economia mondiale. Lo abbiamo visto bene durante la pandemia. La chiave per identificare i passi appropriati da compiere per evitare crisi come quella che abbiamo vissuto – e stiamo ancora affrontando – è il riconoscimento del fatto che la pandemia ha approfondito le disuguaglianze esistenti ed evidenziato le vulnerabilità dei nostri sistemi economici e sociali, che a loro volta amplificano gli impatti della pandemia. Se accettiamo questa premessa di base, tutte le misure adottate per contenere l'impatto della pandemia da Covid-19  – a breve e a lungo termine – dovranno dare priorità al genere, incoraggiando un riorientamento verso cambiamenti trasformativi nella politica economica per consentire un'economia più resiliente, attenta e sostenibile.

Dove sta andando oggi l'economia femminista e quali sono le principali sfide che si trova ad affrontare?

Il graduale emergere di una prospettiva di economia politica femminista fornisce un focus sui modi complessi in cui le istituzioni, le relazioni di potere e lo sfruttamento sono incorporati nelle relazioni economiche capitaliste. Gli approcci economici femministi mirano a spiegare le disuguaglianze strutturali e i processi sottostanti che influenzano le condizioni materiali delle donne e aumentano il loro rischio di vulnerabilità. Già ora, l'economia politica femminista, in tutte le sue varietà, mira a collegare i processi e le relazioni macro e micro in una varietà di circuiti capitalistici, e "cattura le voci, i ritmi quotidiani e i complessi accordi di lavoro che caratterizzano la vita delle donne sotto il capitalismo globale" come scrivono le autrici di un articolo di politica economica uscito dopo la pandemia. 

E dove la vedi nel prossimo futuro?

In un prossimo futuro, a mio modo di vedere, l'approccio femminista fornirà sempre di più un contributo intellettuale atto a colmare le lacune di conoscenza degli approcci tradizionali dell'economia politica. Contribuirà allo sviluppo di teorie e quadri concettuali più ampi che, riconoscendo le disuguaglianze di genere come intrinseche al funzionamento del sistema economico, porranno la discriminazione di genere, razza e classe al centro del capitalismo globale e delle sue diverse forme di esclusione e sfruttamento, contribuendo ad eliminarle.