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La pandemia ha intensificato l'impatto del digitale sulla vita di bambine, bambini e adolescenti facendo emergere le opportunità ma anche i rischi di un ambiente non pensato per loro. L'Atlante dell'infanzia a rischio di Save the Children mette a nudo luci e ombre della rivoluzione informatica 

Crescere 
nel digitale

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Credits Unsplash/Igor Starkov
Crescere nel digitale

Le ragazze trascorrono più tempo dei ragazzi sui social media e hanno, per questo, maggiori probabilità di sviluppare un rapporto problematico e di dipendenza dalle piattaforme; sono inoltre più esposte rispetto ai loro coetanei a fenomeni di violenza online come il cyberbullismo. Allo stesso tempo, hanno competenze digitali più sviluppate, anche grazie al fatto che leggono più libri. Il vantaggio, però si inverte a favore dei maschi al momento dell'ingresso nel mercato del lavoro.  

È quanto emerge da Tempi digitali, quattordicesima edizione dell'Atlante dell'infanzia (a rischio) in Italia, pubblicato a novembre 2023 da Save the Children in occasione della Giornata internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza delle Nazioni Unite, che quest'anno si concentra sull'impatto della quarta rivoluzione. 

In particolare, la pubblicazione fornisce una fotografia dei comportamenti online di bambini, bambine e adolescenti nel nostro paese (e quindi delle loro famiglie), alla luce delle trasformazioni generate dalla pandemia da Covid-19, che, soprattutto in tema di accesso al digitale, ha costituito un vero e proprio spartiacque. 

Save the Children è la più grande organizzazione internazionale indipendente che si occupa dei diritti e dell'infanzia e dell'adolescenza; attraverso l’atlante, dal 2010 raccoglie e analizza ogni anno dati e indicatori con l'obiettivo di delineare un quadro delle condizioni di vita e di salute dei minori in Italia, concentrandosi sulle aree considerate a rischio.  

Curata dalla giornalista e scrittrice Vichi De Marchi, l'edizione 2023 dell'atlante descrive tendenze, problematiche e opportunità legate a un ambiente, quello digitale, che non può più essere considerato come qualcosa di svincolato rispetto alle nostre vite offline.

A questo proposito, dal rapporto emerge come fenomeno trasversale l'esposizione di bambine e bambini agli schermi da un'età sempre più precoce – questo nonostante l'Organizzazione mondiale della sanità raccomandi un tempo di esposizione pari a zero nei primi due anni di vita –, anche attraverso fenomeni come lo sharenting, la condivisione online della genitorialità e dei momenti di vita dei bambini, che li espone fin da subito dopo la nascita al processo di datificazione: in Italia, sono solo due su cinque i bambini tra gli 11 e i 15 mesi che non vengono mai messi davanti a uno schermo.  

Accanto a quello che può essere considerato un vero e proprio fil rouge che attraversa l'intera indagine, i dati presentati da Save the Children raccontano di disuguaglianze significative non solo a livello territoriale – con il Sud più indietro sia per quanto riguarda le opportunità dei minori di accesso al digitale che la percezione dei rischi che questo comporta –, ma anche di genere, alcune delle quali sembrano rinforzare stereotipi che si accentuano sempre di più con l'età. 

Se, rispetto al periodo pre-pandemia, il tempo trascorso online è aumentato sia per le ragazze che per i ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 19 anni, essendo passato dal 30% nel 2020 al 47% nel 2023, il primato in questo senso va alle ragazze: 2 su 5 dichiarano di essere connesse per almeno 4 ore al giorno durante una giornata di scuola.  

Secondo le rilevazioni Istat 2022, le ragazze sono inoltre molto più presenti sui social rispetto ai ragazzi, sia nella fascia d'età fra gli 11 e i 13 anni (47,1% contro 34,5%) che in quella fra i 14 e i 17 anni (84% contro 74,2%), e anche molto più esposte rispetto ai loro coetanei al pericolo di sviluppare una dipendenza dalle piattaforme come TikTok e Instagram, che riguarda il 3,1% delle studentesse fra gli 11 e i ­13 anni e il 5,1% di quelle fra i 14 e i ­17 anni.  

La dipendenza da videogiochi colpisce invece più i ragazzi delle ragazze: riguarda, infatti, il 18% degli 11-13enni (contro il 10,8% delle femmine). Il divario si accentua ulteriormente nella fascia d'età fra i 14 e i 17 anni, dove la percentuale è del 13,8% per i ragazzi e del 5,5% per le ragazze.  

E se il numero delle gamer è in crescita – nella fascia di età tra gli 11 e i 17 anni corrisponde all'82,4% di maschi e al 68,7% di femmine, e sul totale italiano il 25,9% delle gamer è composto da bambine e ragazze dai 6 ai 15 anni – l'interesse delle ragazze cala all'aumentare dell’età: a 19 anni utilizza i videogiochi l'84,7% dei ragazzi rispetto al 37,3% delle ragazze, che si dedicano maggiormente ad attività come la lettura, nella quale spiccano nettamente rispetto ai loro coetanei.   

Secondo i dati Istat riportati nell'atlante, nel 2022 più di 6 ragazze su 10 nella fascia d'età 11-14 anni hanno infatti letto almeno un libro oltre ai testi scolastici. E se, per quanto riguarda le abitudini di lettura, c'è un allineamento quasi totale fra maschi e femmine fra i 6 e i 10 anni (il 6,6% e il 6,1% rispettivamente legge 12 libri in un anno), con l'età si crea una vera e propria forbice, in cui le lettrici forti sono le ragazze – l'11,7% delle 11-14enni e il 9,3% delle 15-17enni, mentre la percentuale maschile resta pressoché invariata. 

Questo fa sì che le ragazze partano avvantaggiate anche nelle competenze digitali, essendo queste molto legate sia al livello di istruzione generale sia alla conoscenza della lingua e alla capacità di decodificare contenuti e informazioni.  

Nella fascia dai 16 ai 24 anni, emerge un netto vantaggio femminile, dove le competenze digitali di base sono raggiunte dal 63% delle giovani, mediamente più istruite e che frequentano in misura maggiore l'università rispetto ai coetanei maschi, per i quali la percentuale raggiunge il 58%. All'aumentare dell'età e con l'ingresso nel mercato del lavoro, il vantaggio si inverte però a favore dei maschi: dai 45 anni in su, nelle competenze digitali c'è un distacco fra uomini e donne pari a 5 punti percentuali. 

In occasione della presentazione dell'atlante a Roma, Enrica Massella Ducci Teri, Dirigente dell'Agenzia per l'Italia digitale, ha ribadito, a questo proposito, la necessità di garantire "un'alfabetizzazione digitale di base, per avvicinare tutti e tutte alle discipline Stem senza distinzioni di genere, superando così gli stereotipi per cui i ragazzi si dedicano a cose pratiche come i videogiochi e le ragazze leggono".  

Secondo Teri, inoltre, "la pubblica amministrazione deve iniziare a ragionare con gli occhi degli e delle adolescenti". Dai dati raccolti da Save the Children emerge infatti con chiarezza come Internet non sia stata pensata per l'infanzia e per l'adolescenza. Si rende, per questo "necessario ridisegnare gli ambienti digitali per farli diventare spazi sicuri e protetti per chi vive la stagione della crescita", si legge nelle conclusioni dell'Atlante, e fare in modo che non diventino la replica virtuale di stereotipi e disuguaglianze.  

Come la violenza di genere, che, in forma di cyberbullismo, riguarda, in Italia, soprattutto le preadolescenti: secondo un'indagine dell’Istituto superiore di sanità, a 13 anni subisce attacchi online il 18,4% di ragazze contro il 12,9% dei ragazzi.  

L'obiettivo ultimo dell'atlante di Save the Children è proprio di creare maggiore consapevolezza su questi temi all'interno della società civile, avviando un dibattito fra le istituzioni, il mondo della scuola e le famiglie riguardo a strumenti che ormai abitano e mediano la nostra quotidianità, ma nei confronti dei quali è giusto che le persone adulte si prendano la responsabilità di assumere il ruolo di "genitori digitali", con maggior coscienza di quelli che sono i rischi ma anche le opportunità per i più piccoli e le più piccole.  

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