Prossima

Cinque parole per spiegare la violenza digitale. Questo mese il glossario di Prossima è dedicato a rendere più trasparenti alcune espressioni diventate comuni nel mondo digitale per definire pressioni e molestie legate al genere, e di cui è sempre più importante conoscere il significato

Violenza
digitale

4 min lettura
Credits Unsplash/Anton Maksimov
violenza digitale

Violenza digitale. Con violenza digitale, o cyberviolenza, si intendono tutte quelle forme di violenza rese possibili dalle tecnologie digitali come le piattaforme social, le app di messaggistica, i forum online e gli ambienti di gioco virtuali. Le ricerche mostrano come il fenomeno colpisca in maniera particolare donne e ragazze, per questo la violenza digitale può essere considerata una declinazione della violenza di genere. La violenza digitale può infatti iniziare online e proseguire offline, o viceversa, ed essere messa in atto da persone o gruppi di persone sia anonime o sconosciute alla vittima, sia conosciute. Si manifesta sotto forma di diversi comportamenti, fra cui cyberstalking, doxing, revenge porn e sextortion

Cyberstalking. Stalking digitale, è la versione online del reato di stalking, che consiste nel mettere in atto attraverso i mezzi di comunicazione digitali (email, social network, app di messaggistica) comportamenti molesti e ossessivi per minacciare, spiare, perseguitare o stabilire contatti indesiderati con la vittima, provocando angoscia e insicurezza. Secondo l'Istituto europeo per la parità di genere, per essere considerati manifestazioni di cyberstalking, i comportamenti devono "avvenire ripetutamente ed essere perpetrati dalla stessa persona".

Doxing. O doxxing, neologismo nato negli anni Novanta nell'ambito dell'hacking, derivato dalla contrazione dall'espressione inglese "to drop documents" (abbreviato in docs), "lasciare, abbandonare documenti"; indica la ricerca online, l'appropriazione e la pubblicazione non consensuale di informazioni private o personali riguardanti una persona, che possono includere dati sensibili come indirizzo IP o di residenza, numero di telefono, informazioni sul posto di lavoro o su conti bancari e carte di credito, codice fiscale, foto personali o dettagli imbarazzanti. Il principale obiettivo di questo tipo di attacchi è quello di violare la privacy e, conseguentemente, di umiliare, punire o intimidire la vittima. Il doxing può spesso sfociare in minacce, insulti e molestie di stampo sessista. 

Revenge porn. Definito in italiano anche come "pornografia non consensuale" o, secondo una proposta dell'Accademia della Crusca del 2019, "pornovendetta", consiste nella diffusione – e talvolta nella creazione vera e propria, attraverso falsi digitali (i cosiddetti deepfake) – di materiale a esplicito contenuto sessuale (foto, video) senza il consenso della persona coinvolta, allo scopo di screditarne l'immagine pubblica. La diffusione del materiale può avvenire in diverse modalità – ad esempio attraverso link pubblicati sui profili social della vittima o l'invio del materiale pornografico a persone della sua cerchia familiare, lavorativa o delle amicizie –, così come l'appropriazione – girando video o scattando immagini senza il consenso della vittima oppure hackerandone i dispositivi elettronici o lo spazio cloud. In ogni caso, ciò che accomuna questo tipo di fenomeni è l'atto di rendere pubblico qualcosa di destinato a rimanere privato, per umiliare e, spesso, vendicarsi della persona oggetto del revenge porn, che, infatti, in molti casi viene messo in atto da ex partner, con gravi conseguenze dal punto di vista psicologico, sociale e anche materiale su chi lo subisce.

Sextortion. Estorsione sessuale, definisce un fenomeno di ricatto online che colpisce persone adulte ma sempre di più anche bambine, bambini e adolescenti, come segnalato dalla Polizia Postale, che consiste nella richiesta dell'invio di somme di denaro con il fine di non rendere pubblico materiale sessualmente esplicito rubato o, più di frequente, precedente inviato dalla vittima dopo un iniziale adescamento online, di solito attraverso chat. Nel caso in cui le vittime siano minori, la richiesta, invece che di denaro, può essere di altri contenuti (immagini, video) a sfondo sessuale. L'approccio può avvenire sulle piattaforme social, sulle app di messaggistica o nei videogiochi; spesso, chi realizza la sextortion falsifica la propria identità, inviando finte immagini intime e, nel caso di minori, fingendosi coetaneo o coetanea della vittima ed esprimendo apprezzamenti sulle foto pubblicate sui profili social. Il fenomeno è in aumento ed è particolarmente pericoloso in quanto fa leva sulla fragilità e sul senso di colpa e la vergogna delle vittime, portate spesso a non denunciare o cercare aiuto per difendersi da quello che è a tutti gli effetti un reato.

Per approfondire

La violenza digitale secondo il Consiglio d'Europa

Il cyberstalking secondo Treccani

Il doxing secondo la società di sicurezza informatica Kaspersky

Il revenge porn secondo l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere

La sextortion secondo Save the Children

Leggi il dossier di inGenere sulla violenza digitale