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La conoscenza si forma attraverso le parole. Con il glossario di Prossima inGenere vuole comporre un lessico minimo del mondo digitale. Molte espressioni ormai entrate nell'uso infatti restano spesso opache nel significato, il nostro obiettivo è quello di renderle più trasparenti. Oggi parliamo di chatbot

Chatbot

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Credits Unsplash/Anton Maksimov
glossario chatbot

Prestito integrale dall'inglese, a sua volta composto dai sostantivi chat e bot, abbreviazione di robot, indica un programma informatico capace di interagire con un essere umano simulando una conversazione in forma testuale, vocale o ibrida – che includa quindi entrambe le modalità.

Il termine è stato coniato negli anni Novanta dall'informatico americano Michael Mauldin per descrivere il funzionamento del programma Verbot, ispirandosi a sua volta a "chatterbot", espressione con cui l'informatico tedesco Joseph Weizenbaum aveva definito nel 1966 ELIZA, il primo chatbot mai creato, che simulava una conversazione umana con una psicoterapeuta.

In italiano chatbot è registrato come termine specialistico dell'informatica nei principali dizionari come il Devoto-Oli e il GRADIT dai primi anni Duemila, e dallo Zingarelli già dal 1998. In Treccani compare come neologismo nel 2008, classificato, contrariamente a quanto accade negli altri dizionari, dove è di genere maschile, come sostantivo femminile invariabile.

Quella dei chatbot è una tecnologia ormai molto presente nella vita di tutti i giorni: un classico esempio sono le chat con servizio di conversazione automatizzata che si trovano nella sezione dell'assistenza clienti sulle pagine web di prodotti e servizi, che garantiscono supporto 24 ore su 24. Per capire le domande e automatizzare le relative risposte, che sono quindi formulate senza che sia necessario un intervento umano, i chatbot sfruttano l'intelligenza artificiale e l'elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing, abbreviato in NLP). 

In base a come vengono progettati e sviluppati, esistono due tipologie principali di chatbot: la prima, più rudimentale, è quella dei chatbot dichiarativi, che sono anche quelli maggiormente utilizzati sulle piattaforme web. Si basano sui testi, ovvero su risposte precompilate da chi li sviluppa, e sono programmati per rispondere a una serie limitata di domande semplici, simulando una conversazione strutturata. Questo tipo di chatbot funziona come delle domande frequenti (in inglese frequently asked questions, abbreviato in FAQ) interattive. Nel momento in cui la richiesta formulata esula dalle domande su cui sono stati addestrati, spesso questi chatbot non sono però in grado di fornire risultati soddisfacenti per l'utente.

Al contrario, i chatbot predittivi, spesso chiamati anche "assistenti virtuali o digitali", sono dotati di un livello più elevato di sofisticazione e, quindi, di capacità di interazione con l'utente: utilizzando tecnologie di intelligenza artificiale avanzate come natural language processing (NLP), natural language understanding (NLU, comprensione del linguaggio naturale), machine learning e deep learning (apprendimento profondo), questi chatbot ricalcano molto più da vicino la conversazione umana – sono infatti definiti chatbot conversazionali. Inoltre, man mano che entrano in contatto con il linguaggio umano, sono in grado di apprendere dalle preferenze dell'utente, in modo tale da poter fornire risposte sempre più appropriate alle richieste che ricevono. Alcuni esempi di chatbot conversazionali sono Alexa di Amazon, Siri di Apple, l'Assistente di Google e Cortana di Microsoft.

Dal momento che i chatbot sfruttano l'apprendimento automatico, la garanzia di un funzionamento efficace è data dalla qualità degli algoritmi di intelligenza artificiale con cui vengono progettati e da quella dei dati usati per addestrarli; questi ultimi, in particolare, dovrebbero essere etici e privi di pregiudizi (unbiased). 

A livello aziendale, i chatbot vengono utilizzati per garantire supporto e assistenza sia esterna, destinata ai clienti, sia interna, per il personale. Tra i vantaggi dell'utilizzo dei chatbot per gestire le interazioni con i clienti c'è sicuramente il risparmio per le aziende in termini di tempo e risorse economiche, oltre al fatto che, rispetto all'assistenza clienti tradizionale via telefono o e-mail, c'è una riduzione dei tempi di attesa. I chatbot permettono inoltre di automatizzare i flussi di lavoro, svolgendo le attività più ripetitive al posto dei dipendenti umani. 

Altri settori che impiegano i chatbot in maniera massiccia sono quelli del marketing e delle vendite, dove hanno moltissime applicazioni, essendo utilizzati ad esempio come guida agli acquisti, nel supporto alle vendite e per la profilazione dei clienti, ma anche nell'ambito delle risorse umane e in quello di ricerca e sviluppo.

Tra gli sviluppi più recenti dei chatbot, c'è ChatGPT: creato da OpenAI nel 2021, è l'esempio di quello che viene definito un large language model (LLM, ovvero un modello linguistico di grandi dimensioni), ed è progettato per assistere gli utenti nella generazione di testo sulla base di un input dato. Essendo stato addestrato su un'enorme quantità di dati, è in grado di generare testi la cui qualità è spesso difficile da distinguere rispetto a quelli scritti da un essere umano, il che lo rende uno strumento rivoluzionario nel campo dell'intelligenza artificiale conversazionale.

Per approfondire

Chatbot in una consulenza dell'Accademia della Crusca

Chatbot secondo il Cambridge English Dictionary

Chatbot come neologismo, Treccani

Cos'è un chatbot spiegato da IBM

What is a chatbot? Everything you need to know, Forbes advisor

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