Dati

20 milioni all'anno, ma per la maggior parte non sono spesi. Breve storia degli stanziamenti governativi contro "la violenza sessuale e di genere": che, in assenza di un piano, restano sulla carta

I fondi antiviolenza
in fondo al cassetto

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Certamente si può definire un inferno quello della violenza sessuale e della violenza domestica, per chi la subisce e per chi assiste. E davanti a situazioni nelle quali si scambiano umiliazioni, soprusi, percosse, per relazioni coniugali o parentali o d’amore, si reagisce con progetti grandiosi, ma poco si parla di come si faranno, cioè di fondi. Si respira aria di illusioni, di qualcosa che non si realizzerà mai; si pensa alle grandi opere, invece che ai consolidamenti dei territori.

Può essere complicato addentrarsi nella breve storia degli stanziamenti governativi contro "la violenza sessuale e di genere", ma vale la pena ricordare alcuni passaggi fondamentali.

Nel 2006 si istituì il fondo denominato ‘Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità’, al quale fu assegnata la somma di tre milioni .

Con la finanziaria del 2007, il "Fondo per le Politiche relative ai diritti e alle pari opportunità" di cui sopra e da questo momento chiamato "fondone", viene incrementato a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Di questi 40 milioni di euro all’anno, si stabilisce che una quota dovrà essere utilizzata per l’istituzione di un ‘Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere’ e una quota destinata invece al ‘piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere’. Non vi sono però indicate le cifre relative, comunque con il D.M. 16 maggio 2007, si stabilisce che il Fondo nazionale contro la violenza, che qui chiameremo "fondino" (perché è una quota parte del "fondone") dovesse essere di tre milioni annui.

Tale cifra, di fatto tre milioni non spesi per l’Osservatorio e il piano, aumenta l’anno successivo; infatti nel 2008 viene riconfermato il "fondone", ovvero il "Fondo per le politiche relative ai diritti e le pari Opportunità", pari a 50 milioni di euro, e viene precisato che, all’interno di questo fondo, la cifra da imputare all’istituito "fondino per la violenza" è di 20 milioni di euro per il "piano nazionale contro la violenza".

In sintesi, possiamo rilevare che, dalla sua istituzione, il fondo sulla violenza, ha decisamente goduto di buona salute, non solo è rimasto "saldo", ma è anche aumentato dal 2007 al 2008, da 3 a 20 milioni….Peccato che tutto ciò sia avvenuto sin’ora solo nelle parole e nei documenti finanziari, visto che, nella vita quotidiana, le azioni più importanti in esso previste, ovvero l’Osservatorio e il piano, non si siano ancora concretate.

È pur vero che una quota parte del "fondino" è stata utilizzata e spesa:

1) attraverso i bandi di carattere nazionale, già istituiti dal precedente Governo, che hanno preso una piccola parte del ‘fondino’, per la precisone, si tratta circa 2.150.000 la prima annualità, 2007, e 3.500.000, nel 2008;

2) per ri-bandire  il centralino telefonico antiviolenza 1522 (che per gli anni 2007/2009 è stato invece finanziato con il "fondone"), con una spesa di circa un milione di euro, esattamente quanto era stato stanziato per il primo bando, non tenendo conto dell’esperienza realizzata dal progetto e delle modifiche da apportare per rendere più efficace il servizio, inserendo nuovi ambiti di interventi quali lo stalking.

3) Per le differenti ed importanti campagne di sensibilizzazione (stalking, violenza e G8) .

Sembra più che lecito ipotizzare (stando agli stanziamenti istituiti: 20 milioni annui solo per il fondino) che il resto, ovvero la maggior parte dei fondi, sia ancora lì… fondi non spesi aspettando (il) Piano.

Ma siamo ottimiste e ci piace immaginare che si è temporeggiato per mettere a punto uno straordinario "Piano nazionale" ricco di risorse. Probabilmente il divide et impera è stata solo una strategia momentanea, funzionale a sondare un po’ il terreno, distribuendo qui e lì qualche fondo ai vari progetti, perché anche il consenso, nella nostra società, è importante.

Tali speranze sembrano rafforzate dagli ultimi accadimenti del 2009. Sempre a proposito del famoso piano (da anni solo nominato) che il ministro intenderebbe realizzare, parecchi mesi fa l'associazione nazionale D.iRe (Donne in Rete) ha consegnato pubblicamente un documento alla ministra Carfagna che prospettava delle reali ed effettive integrazioni tra le attività delle istituzioni giudiziarie, educative, sanitarie a livello regionale. Proponendo, tra l’altro, che si formalizzasse il riconoscimento dei Centri Antiviolenza quali luoghi specifici e privilegiati per l’accoglienza e l’ospitalità alle donne insieme al riconoscimento delle professionalità delle operatrici che vi lavorano, anche affidando a loro il compito di formare e tutorare quei servizi che intendono o che vengono a contatto con le donne vittime di violenza.

La proposta consegnata alla ministra ribadisce in più punti la necessità di continuare sistematicamente la sensibilizzazione, la formazione nei vari settori dal sociale al sanitario, alle forze dell’ordine e alla magistratura, e di proporre azioni nelle scuole e nelle università. Un altro punto saliente era l’istituzione, tanto attesa quanto necessaria, di un Osservatorio per mettere a punto programmi di rilevazione, ricerca e conoscenza del fenomeno.

In quest’ultimo mese la ministra Carfagna e lo staff tecnico del Dipartimento Pari Opportunità hanno presentato delle slides con il Piano contro la violenza di genere e lo stalking. Dal punto di vista delle intenzioni e degli obiettivi abbiamo ritrovato quanto era stato suggerito dai Centri e il Piano è molto ambizioso come progetto di coinvolgere tutte le istanze sociali.

L’elemento che ha colpito di più è stato la totale assenza di indicazioni sui fondi disponibili (il che è un paradosso data la storia che abbiamo ripercorso all’inizio) e sulle modalità di articolazione e di messa in atto del piano.

In realtà, è stato più volte ribadito che si tratta solo di una bozza e che passerà del tempo necessario a mettere in atto la concertazione interministeriale (sono coinvolti ben 5 Ministeri e c’è bisogno di un Comitato di Coordinamento), le dovute verifiche economiche, ..etc…etc… Ma non siamo in tempi in cui le risorse finanziarie sono di facile reperimento.

Ci sembra che nell’ambito di un Piano triennale, le priorità siano anzitutto:

  • implementare e garantire le risorse ai Centri esistenti che operano direttamente nelle diverse regioni, nel senso di consolidare queste realtà, magari chiarendo al meglio i passaggi circa il trasferimento dei fondi nazionali alle Regioni e da queste ultime alle suddette realtà locali.

  • Istituire l’ Osservatorio Nazionale.

Infatti, se si fossero effettuate delle ricerche approfondite, attraverso un Osservatorio, si sarebbe riusciti a configurare un quadro preciso anche da un punto di vista di spesa economica. Ricordiamo qui che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2002) ha riportato i costi diretti e indiretti della violenza domestica e della violenza sessuale in varie nazioni tra cui USA, Canada, Argentina, Gran Bretagna, Olanda, Australia, e le cifre si aggirano su milioni e bilioni di dollari.

A quelle ottimiste, fra le donne che lavorano nei Centri, che sperano che il piano corrisponda alle esigenze e ai suggerimenti dati (altrimenti perché invitare i centri antiviolenza a presentare suggerimenti?) non resta che attendere che prima o poi, il Piano veda la luce.

Diversamente si continuerà a trattare il problema della violenza in un’ottica emergenziale, si continuerà ad investire, prevalentemente, sulle campagne pubblicitarie e per logica conseguenza, tutta la complessità si ridurrà in un problema di sicurezza.