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L'Iran tra disobbedienza e repressione delle ragazze. Il caso dell'attivista Sepideh Rashno, incarcerata per non aver indossato il velo in pubblico. In gioco c'è il posto che le donne occupano nella società

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Credits Unsplash/Omid Armin

L'attenzione occidentale alla rivolta delle donne iraniane sembra essersi affievolita. Questo nonostante la recente notizia che riguarda Sepideh Rashno: studentessa, scrittrice e attivista per i diritti delle donne iraniane, Rashno sarebbe stata convocata dalla magistratura iraniana lo scorso febbraio, e, secondo quanto riferito dai media locali, le sarebbe stata inflitta una pena di circa quattro anni di carcere, da scontare nella prigione di Evin.

L'incarcerazione dell’attivista, accusata di "promozione della corruzione morale", è stata denunciata da PEN America, organizzazione senza scopo di lucro che si batte per la protezione della libera espressione negli Stati Uniti e nel mondo.

"Scrittori, scrittrici, artisti e artiste come Rashno svolgono un ruolo fondamentale, non solo denunciando le ingiustizie e amplificando il desiderio di cambiamento della popolazione, ma anche ispirando tutte le persone a sognare un futuro più luminoso fondato sui diritti umani e in cui le donne possano scegliere liberamente cosa indossare". Queste le parole di Liesl Gerntholtz, direttrice del PEN/Barbey Freedom to write center presso PEN America, riportate sul sito dell'organizzazione.

Nel luglio del 2022, la studentessa ventottenne era stata arrestata in seguito alla pubblicazione online di un video – poi diventato virale – in cui la si vedeva su un autobus a Teheran mentre litigava con un’altra passeggera, che l’accusava di non indossare il velo. Essendo a capo scoperto, Rashno stava violando le regole sull'abbigliamento.

Dopo la rivoluzione islamica del 1979, per le donne e le ragazze iraniane dai 9 anni in su è obbligatorio per legge indossare il velo (in arabo, hijab) nei luoghi pubblici.

Il 30 luglio 2022 Rashno è apparsa sulla tv di stato per "confessare" di aver violato la legge e rivolgere delle scuse pubbliche: citando come fonte la Human rights activists news agency (Hrana), il quotidiano britannico the Guardian ha riferito che Rashno sarebbe stata condotta in ospedale a causa di un'emorragia interna "poco dopo il suo arresto e prima della sua apparizione in televisione".

Nel filmato, la giovane attivista, con il capo coperto dall'hijab, sarebbe inoltre apparsa "pallida e sottomessa" e con "cerchi scuri intorno agli occhi".

Secondo le parole dell'attivista di Hrana Skylar Thompson riportate da the Guardian, ci sarebbero stati "chiari segni di percosse fisiche sul suo viso". Rashno è stata poi rilasciata su cauzione nell'agosto del 2022.

In un'intervista al New Yorker, la studiosa iraniana Fatemeh Shams, che vive in esilio dal 2009, ha descritto il clima che si respirava in Iran dopo l'arresto di Rashno: "questa donna è stata arrestata e per circa tre settimane non sapevamo dove fosse; circolava un hashtag, diventato virale, #dov'èSepidehRashno?. E poi il 30 luglio l'hanno portata alla tv di stato con la faccia torturata. L'hanno fatta sedere davanti alla telecamera. Dal suo viso era evidente che probabilmente non avesse dormito abbastanza e che fosse stata sottoposta non solo a torture psicologiche ma anche fisiche". 

E ancora: "è stata messa davanti alla telecamera e le è stato fatto confessare che aveva torto, che avrebbe dovuto indossare il suo hijab. E questo ha solo creato rabbia". Secondo Shams, "il suo viso e il modo in cui era vestita davanti alla telecamera ricordavano gli anni Ottanta, le confessioni forzate e le torture dei prigionieri politici. E le donne in quegli anni".

Come riporta l’emittente statunitense ABC News, Rashno è solo una fra le molte donne iraniane arrestate in seguito all'introduzione – il 12 luglio 2022 - della Giornata nazionale dell'hijab e della castità, e delle nuove restrizioni imposte dopo l'arrivo al potere del presidente Ebrahim Raisi. 

Per rafforzare i controlli sulla popolazione e monitorare il rispetto delle regole sull'abbigliamento, è stato anche introdotto il riconoscimento facciale.

Secondo quanto riferito dal quotidiano francofono libanese L'Orient-Le Jour, ripreso anche da Internazionale, "il 5 settembre 2022 un rapporto ufficiale citato dall'agenzia di stampa iraniana Fars ha rivelato che più di trecento persone sono state arrestate per essersi opposte all'uso del velo obbligatorio, senza precisare la data o il luogo degli arresti". Mentre, nel corso dell'estate dello stesso anno, "alcune donne hanno guidato un'ondata di disobbedienza togliendosi il velo sui social network", con l'obiettivo di esprimere il loro dissenso contro la direttiva del 5 luglio 2022 che intensifica l'obbligo di portare l'hijab.

In un articolo dello scorso giugno ripreso da Human rights watch, Tara Sepehri Far, ricercatrice per l'organizzazione nelle aree di Iran e Kuwait, scrive che "nell'Iran di oggi, l'accesso di una donna al lavoro, all'istruzione, ai benefici sociali e all'assistenza sanitaria adeguata – e anche la sua semplice presenza pubblica nella società – dipende dal rispetto delle leggi sull'hijab obbligatorio, che vengono regolarmente applicate attraverso una rete di regole e interpretazioni arbitrarie da parte di agenti statali, ma anche delle imprese".

Secondo la ricercatrice, il punto è che "la questione dell'hijab non riguarda solo il fatto che le donne rivendichino il diritto di vestirsi come desiderano, o che si battano per l'eliminazione di una serie di pratiche abusive di applicazione della legge da parte dello stato"; la vera posta in gioco sarebbe "una lotta a più livelli per la riscrittura delle leggi, dei codici e delle pratiche sociali che determinano la vita e il posto delle donne nella società, anche all’interno delle famiglie".