Politiche

Sono molti i padri che desiderano una maggiore condivisione nella cura dei figli, ma gli ostacoli culturali e politici sono ancora forti. Un progetto europeo ha ascoltato la voce dei genitori di oggi, l'esigenza è quella di ripensare i congedi

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Ripensare congedi
Credits Unsplash/Nienke Burgers

Cambiare le politiche sui congedi di paternità e parentali per favorire il coinvolgimento dei padri nei primi mille giorni di vita di bambini e bambine, contribuendo così alla tutela del loro benessere e di quello dei genitori, alla parità e alla prevenzione della violenza di genere. Da questa premessa è nato il progetto europeo 4e-parent.[1]

In questo processo, il progetto ha deciso di "ascoltare la voce" dei neogenitori di oggi. Da da una parte, per ovviare alla scarsità di ricerche specifiche su bisogni e opinioni di padri e madri in merito ai loro diritti. Dall'altra, per la distanza del contesto socio-culturale vissuto dai neogenitori negli ultimi 5-10 anni (che comprende il periodo pandemico) rispetto a quello di cui hanno avuto esperienza le precedenti coorti. 

L'analisi che abbiamo condotto è stata pensata non a fini statistici ma per "saggiare il terreno" attraverso un sondaggio di opinione su un campione non probabilistico di genitori, condotto attraverso i social e le reti dei partner di progetto. 

Ad agosto 2023 abbiamo quindi elaborato un questionario (o, meglio, due questionari speculari per madri e padri) su esperienze e opinioni in merito ai congedi a disposizione dei padri (di paternità e parentali).[2] 

Rivolto a genitori di persone nate negli ultimi 5 anni (fra il 2018 e il 2023) – il questionario ha raccolto ben 4.531 adesioni da parte di 3.811 madri e di 720 padri, residenti in tutte le regioni italiane (con una prevalenza del Nord Italia). 

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Una delle risposte al questionario di 4e-parent

Essendo circolato su canali che contano migliaia di neogenitori (e non solo), da una parte il questionario ha consentito di porre l'attenzione sul tema della paternità e dell'importanza dei congedi; dall'altra, ha permesso di aprire un canale di comunicazione per intercettare un bisogno di ascolto. 

Nonostante la sproporzione nel numero di compilazioni tra donne e uomini, le risposte hanno mostrato tra loro una certa coerenza.[3] Sia le madri che i padri hanno fatto largo uso di domande aperte per esprimere opinioni e proposte, anche molto operative, in merito alla riforma dei congedi. 

In particolare, dai dati preliminari, al momento in corso di approfondimento, gli elementi di contesto da mettere in evidenza sono tre.[4] 

Come prima cosa, dall'indagine emerge che un'ampia proporzione di uomini non possa usufruire dei congedi non avendone titolo: il 55,3% dei padri e il 48,8% delle madri afferma, infatti, che il padre non ne ha usufruito perché "non ne aveva diritto".

In secondo luogo, c'è largo consenso rispetto al principio del congedo paritetico, anche se molte delle persone intervistate ritengono che, per quanto i congedi ai padri vadano aumentati in modo significativo, le madri abbiano per ragioni fisiologiche bisogno di più tempo. 

Infine, si registra un largo scetticismo verso la possibilità di realizzare questi traguardi, a causa della percepita assenza di volontà da parte della politica, della mancanza di risorse e delle resistenze nel mondo del lavoro.  

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Una delle risposte al questionario di 4e-parent

Nel nostro campione di padri, il 72,6% ha utilizzato il congedo di paternità. 

Alla domanda sul perché il padre non abbia usufruito dei congedi di paternità, circa la metà dei padri e delle madri che hanno risposto al questionario ha dichiarato che è stato perché "non ne aveva diritto", mentre il 17% delle madri e il 12,7% dei padri ha riportato che "non ha potuto usarlo" pur avendone diritto. 

Un dato che aumenta se consideriamo anche chi ha risposto "altro" (spiegandone poi la motivazione) e che, se incrociato con i dati qualitativi raccolti nei commenti, sembra essere legato soprattutto a resistenze, reali o percepite, da parte dei datori di lavoro. 

In effetti, a fronte di un 86% di padri che avrebbe usufruito volentieri di un congedo di paternità più lungo nel primo mese di vita del bambino o della bambina, rimane un 44% che pensa che per questo avrebbe avuto problemi sul posto di lavoro. 

Un'informazione che probabilmente aiuta a spiegare perché, secondo le più recenti analisi dell'Inps, l'utilizzo dei congedi di paternità obbligatori tra gli aventi diritto sia stato solo del 64% nel 2022 e più diffuso tra i lavoratori a tempo indeterminato e impiegati in aziende di grandi dimensioni. 

Inoltre, circa il 15% sia delle madri che dei padri che hanno partecipato all'indagine ha dichiarato che il padre non ha usato il congedo di paternità perché "non è stato necessario" – vuoi perché ha preferito continuare a dedicarsi al proprio lavoro, vuoi perché c’erano già la mamma e/o i nonni –, rivelando così la persistenza di una concezione del congedo come strumento di aiuto pratico e non come risposta alle necessità dei figli, per la formazione del nucleo familiare e per il legame tra padri e figli e figlie, relegando il ricorso alle cure paterne a una sorta di ripiego a cui ricorrere solo in caso di necessità.  

Perché i padri non utilizzano i congedi di paternità (risposte in percentuale)

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Fonte: 4e-parentproject.eu

Alcuni padri, seppur pochi (7%), hanno dichiarato di non sapere di aver diritto al congedo; una lacuna particolarmente significativa considerando che la stragrande maggioranza dei rispondenti ha un titolo di studio elevato, ma che è anche facilmente risolvibile migliorando l'informazione alle famiglie e ai datori di lavoro su questi temi. 

Sul fronte dei congedi parentali, invece, solo una piccola quota (circa un quinto dei rispondenti) ne ha fatto uso, e si conferma la loro scarsa attrattività a causa della bassa retribuzione (il 30% della retribuzione media giornaliera). 

In effetti, la configurazione attuale dei congedi parentali – unita al fatto che il congedo di paternità è di soli dieci giorni ed è garantito solo a una parte dei lavoratori – posiziona l'Italia agli ultimi posti in Europa in termini di congedi adeguatamente retribuiti (oltre il 66% dello stipendio) complessivamente fruibili dai padri.[5]

Confronto fra congedi di paternità e parentali riservati ai padri adeguatamente retribuiti (>66%) (durata espressa in settimane) 

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Fonte: 4e-parentproject.eu

Infatti, circa il 77% dei padri avrebbe utilizzato un congedo parentale più lungo se fosse stato pagato al 100%, anche se il 35% pensa che avrebbe comunque avuto problemi sul lavoro; un elemento che spiega anche perché dalla sopracitata indagine Inps emerge che in tutti gli anni considerati il 96% dei fruitori ha un contratto a tempo indeterminato. 

Ipotesi sull'utilizzo del congedo parentale se fosse stato meglio retribuito 

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Fonte: 4e-parentproject.eu

Un dato chiaro e inequivocabile emerso dal questionario è che la totalità dei rispondenti è insoddisfatta rispetto all'attuale sistema di politiche. 

La quasi totalità del campione sia di madri che di padri è d'accordo con la proposta di aumentare i giorni di congedo di paternità e di estenderli a categorie che ora non ne usufruiscono (ad esempio i liberi professionisti) e di aumentare la retribuzione dei congedi parentali dal 30% a non meno dell'80%.  

Le opinioni favorevoli all'estensione dei congedi per i padri e all'aumento della retribuzione convergono su alcune dimensioni chiave, in particolare: il diritto dei padri a prendersi cura dei propri figli e delle proprie figlie; il potenziale trasformativo della paternità sulla maschilità; il diritto delle madri, soprattutto subito dopo la nascita, a essere sostenute, in una logica di condivisione del carico di cura; gli uguali diritti e doveri di padri e madri riguardo alla cura dei figli; la riduzione delle discriminazioni sul lavoro. 

Al di là di queste convergenze è da segnalare che, in merito alle proposte per il futuro, c'è una certa variabilità tra le persone che hanno risposto. Ad esempio, circa un terzo delle madri e dei padri ritiene che sia giusto che i congedi siano uguali per durata e per retribuzione nell'arco dei primi 2-3 anni di vita del bambino o della bambina, ma che siano da utilizzare in momenti diversi – le madri all'inizio mentre i padri più avanti – e che, in generale, le madri necessitino di e abbiano diritto a più tempo. Questo dato è in linea con il fatto che il 34,5% delle donne e il 38% degli uomini ritiene che la mamma sia la figura più importante nel primo anno di vita. 

Questo dovrebbe far riflettere sull'opportunità di un sistema di congedi che contempli un iniziale periodo obbligatorio, che la maggioranza dei rispondenti ritiene necessario, e poi la possibilità per i genitori di scegliere come e quando usare i congedi per i periodi successivi. 

Inoltre, il fatto che il 33% sia delle madri che dei padri pensi che questi traguardi siano raggiungibili solo per gradi – perché "i papà e i datori di lavoro non sono pronti" – segnala che è necessario lavorare fin da subito anche per cambiare la cultura della paternità e della genitorialità nella società, nei servizi e, non ultimo, nel mondo del lavoro. 

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Una delle risposte al questionario di 4e-parent

La risposta ampia e partecipe dei neogenitori ci fa capire che c'è una domanda di ascolto e considerazione che deve essere soddisfatta, sia da chi fa ricerca, sia dalla politica. 

L'ampiezza e la concretezza delle proposte che i genitori avanzano, sui congedi ma anche rispetto ad altre misure che possono favorire la conciliazione, indicano anche quanto possa essere importante e arricchente consultare i futuri e attuali beneficiari quando la politica formula proposte di legge che impattano sulla vita degli individui, piccoli e adulti, e delle famiglie.  

Inoltre, è interessante la concezione non sottrattiva dei diritti che emerge soprattutto dai commenti liberi, in cui le estensioni delle tutele alla paternità sono viste come importanti sì per i padri, ma come fondamentali anche per i bambini e le bambine, per la società nel suo complesso e, non ultima, per la madre. 

In effetti, il fatto che la proporzione di donne rispondenti sia cinque volte superiore a quella degli uomini ci parla anche della forte domanda femminile di avere partner più presenti al loro fianco e nella vita dei loro figli e delle loro figlie, e del ruolo proattivo delle donne nel promuovere il cambiamento delle pratiche di paternità, in un contesto di persistente squilibrio di genere nella gestione – sia pratica che mentale – dei carichi di cura.   

Infine, alcuni commenti, sia di padri che di madri, suggeriscono anche un collegamento tra ampliamento dei diritti di paternità, sostegno alla genitorialità e miglioramento delle politiche di conciliazione e dei servizi con il tema delle scelte riproduttive delle giovani generazioni e, in ultima analisi, della natalità nel nostro paese. 

Questa visione "a tutto tondo" dei benefici che il coinvolgimento dei padri potrebbe avere, attraverso i congedi ma non solo, dovrebbe ricordarci, dunque, che la garanzia dei diritti di ciascuna persona non è una forma di privilegio ma un viatico per promuovere il benessere di tutte e tutti. 

Note

[1] Il progetto è cofinanziato dal programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori (Cerv) della Commissione europea con grant agreement n. 101095956. Il contenuto del presente materiale riflette unicamente la visione di chi lo ha curato, che ne è l'unico responsabile. La Commissione non risponde dell'utilizzo delle informazioni che vi sono contenute.

[2] Il congedo di paternità è quel periodo di astensione obbligatoria dal lavoro di 10 giorni per i padri lavoratori dipendenti che può essere utilizzato entro i primi cinque mesi dalla nascita del figlio o della figlia, retribuito al 100%. I congedi parentali, invece, riguardano l'astensione dal lavoro concessa a entrambi i genitori lavoratori, per un massimo di 6 mesi ciascuno e pari a un periodo complessivo (tra madre e padre) di 11 mesi, e possono essere utilizzati in modo facoltativo e flessibile dai genitori nei primi 12 anni di vita della bambino o della bambina. L’indennità prevista è, da gennaio 2024, pari all’80% della retribuzione media giornaliera per i primi due mesi e del 30% per i restanti mesi.  

[3] Abbiamo scelto questo arco temporale perché è solo dal 13 agosto 2022 (con l'entrata in vigore del Dlgs. 105/2022) che è stato innalzato ed esteso anche ai padri lavoratori dipendenti pubblici il congedo obbligatorio di 10 giorni lavorativi pagati al 100%. 

[4] I dati raccolti contribuiranno ad arricchire la letteratura scientifica sui congedi di paternità e parentali attraverso la pubblicazione di un articolo scientifico su una rivista internazionale, prevista per la metà dell'anno in corso e curata dal gruppo di coordinamento dell'Istituto superiore di sanità.

[5] La situazione è confermata anche dalla comparazione effettuata in un recente webinar organizzato nell'ambito del progetto 4e-parent, che ha messo a confronto la situazione di Italia, Spagna e Portogallo – paesi che partecipano a un altro progetto con obiettivi simili, Engaging men in nurturing care (EMiNC) con quella della Norvegia (come paese più avanzato in merito ai congedi parentali) e della Polonia. Considerando la somma dei periodi intorno alla nascita pagati all’80-100% e dei congedi parentali (o comunque fruiti dopo il periodo iniziale) "adeguatamente retribuiti" (oltre il 66%) e riservati ai padri, l'Italia risulta all'ultimo posto. Si veda anche il report La partecipazione dei padri nei primi mille giorni. La situazione italiana nel panorama europeo