Politiche

Dalla rassegna stampa agli incontri con le aziende del territorio per valorizzare e difendere le opportunità per le donne, la giornata di una consigliera di parità raccontata da Valeria Maione

Un giorno
da consigliera

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Foto: Unsplash/ G. Crescoli

Sto costruendo la mia personale rassegna stampa quotidiana. Un'abitudine che risale al mio primo lavoro da neo laureata in un'agenzia di pubblicità, abitudine coltivata nel tempo e importata a livello istituzionale nella mia attività di Consigliera regionale di parità; l'acquisizione da parte dell'ufficio di giornali nazionali e locali, sollecitava il personale alla lettura e alla redazione per più anni una piccola pubblicazione, "Parlano di noi", edita dalla stamperia interna, sempre molto disponibile e soprattutto gratuita. In più occasioni abbiamo condiviso il nostro piccolo lavoro con il territorio. Le ristrettezze economiche nelle quali le Consigliere versano da qualche tempo non consentono più neppure queste piccole spese ma le abitudini sono difficili da cancellare e continuo a concedermi il lusso di acquistare i quotidiani personalmente. Ritaglio i pezzi interessanti e li condivido con le mie "ragazze", loro fanno altrettanto con me quando trovano su testate differenti dalle mie abituali materiale utile al lavoro comune.

Si parla diffusamente di una grande azienda locale che avrebbe deciso di escludere le donne assenti per maternità dai premi di produzione. I sindacati sono ovviamente in fibrillazione. Ricevo un messaggio WhatsApp da un'amica che mi chiede se sono a conoscenza del problema. Visto che ho il telefono in mano controllo la casella di posta elettronica regionale e vedo che pure lì mi si segnala la situazione. Mi decido ad intervenire. Chiamo la segreteria del capo del personale di quell'azienda, che conosco bene perché abbiamo condiviso alcune iniziative di sensibilizzazione sulle tematiche della parità, e chiedo di poterlo incontrare. Mi domandano quale sia il motivo della mia richiesta. Rispondo che vorrei analizzare con lui il modello dei Rapporti biennali[1] che ho ricevuto da poco. Ci accordiamo per vederci dopo qualche giorno nei miei uffici.

Il capo del personale è gioviale come sempre. Si è portato appresso anche un collaboratore che appare un po' meno rilassato. Dopo i convenevoli di rito prendo il questionario, sul quale a suo tempo tanto ho lavorato nell'ambito di una rete di Consigliere dedicata proprio alla modifica di uno strumento che appariva vecchio e necessitante di aggiustamenti. Dico qui per inciso che di tutto quel lavoro sono rimaste ampie documentazioni, peraltro per nulla utilizzate quando in tempi ristrettissimi si è redatto il Codice delle pari opportunità. Faccio notare al mio interlocutore che nelle posizioni apicali le donne sono scarsamente rappresentate a fronte di una loro massiccia presenza nelle altre. Lui mi rassicura che la sua azienda ha consapevolezza del problema, già affrontato da tempo e in via di soluzione come dimostra il raffronto dei dati contestati con quelli del biennio precedente. Chiamo la funzionaria che si occupa dei rapporti per farmi portare il modello in questione. 

Nell'attesa passo all'argomento che più mi interessa e chiedo lumi su quello che sta succedendo nei confronti delle donne in maternità. La butto sul leggero domandando "non è che mi farete vergognare di tutte le belle iniziative che abbiamo fatto insieme con questa che appare diametralmente opposta rispetto alle buone intenzioni che avete sempre proclamato?!" L'alto dirigente sorride, è chiaro che si aspettava qualcosa ma la mia battuta l'ha un po' spiazzato. "Si figuri, Professoressa, se contraddiciamo una politica che, lei lo sa bene, portiamo avanti da anni per valorizzare il lavoro delle donne. C'è stato un fraintendimento. In effetti in una trattativa sindacale era uscita pure questa possibilità, e i sindacati ne hanno fatto una polemica, ma è già tutto rientrato".

Nel frattempo il vecchio rapporto è stato trovato e dal confronto dei dati si evince che in effetti qualche donna in più nelle posizioni apicali c'è. Convengono con me che ancora parecchio cammino si dovrà fare per raggiungere la parità, non soltanto numerica, che è ancora lontana. Ci diamo appuntamento per pensare ad una nuova iniziativa insieme. Non rifletto sul fatto che forse non sarò più coinvolta in prima persona visto che il mio mandato sta scadendo e tanti anni mi hanno visto protagonista in una istituzione che, con le tante che hanno fatto il mio stesso percorso,  ho contribuito a delineare partendo dal nulla nella forma e nella sostanza.

Con la fierezza per quello che ho, o meglio abbiamo, fatto, oggi vivo costernata e dal di fuori, visto che da un anno sono stata sostituita, gli attacchi che una trasmissione televisiva ha portato alle Consigliere di parità. È vero, quasi nessuno ha pubblicato i risultati dei Rapporti biennali, che le imprese con più di 100 addetti sono tenute a fornire, perché sono venute a mancare le risorse per elaborarli, ma come ho cercato di chiarire con il mio racconto, quei rapporti hanno continuato ad esserci utili nel lavoro quotidiano, spesso lontano dai riflettori e scarsamente conosciuto. 

Altri rapporti, quelli umani, che il tempo ha sedimentato e rafforzato, ci hanno aiutato nel cammino. L'unico rammarico che rimane in quelle che, come me, si sono spese per tanto tempo senza alcun interesse personale, è che con l'uscita dal circuito dell'attività quotidiana si possano disperdere tutte le esperienze, il capitale umano e sociale, che insieme agli operatori del territorio abbiamo accumulato nel tempo. Per questo motivo personalmente sarei lieta che non ci si facesse un vanto del fatto che la rete è stata recentemente e nel suo complesso rinnovata. È indubbio che non tutte fossero all'altezza del compito o che, diciamo così, qualcuna fosse distratta da altre incombenze, talvolta anche politiche, il che, a mio modestissimo parere, non dovrebbe essere possibile per un organismo di garanzia necessariamente super partes. Non si può negare tuttavia che le più abbiano operato con preparazione ed entusiasmo, contribuendo a fare giurisprudenza e cultura, come dimostrano le molte pubblicazioni che auspico ancora reperibili. Non sempre, e non necessariamente, un colpo di spugna incurante dei patrimoni di esperienze su cui il futuro può e deve fondarsi porta con sé freschezza e costruttiva professionalità. 

Note

[1] In Italia per legge le aziende pubbliche e private con più di cento dipendenti sono obbigate a redigere, almeno ogni due anni, un “Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile". 

Leggi il dossier di inGenere Lo stato delle pari opportunità