Politiche

Non solo le risorse sono esigue, ma sono anche distribuite con criteri opinabili. A partire dal fatto che in futuro potrebbero essere finanziati anche centri non specializzati. Cancellando una lunga storia di luoghi delle donne per le donne

Fondi antiviolenza,
la parola ai centri

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Titti Carrano, avvocata e presidente dell'associazione D.i.R.e, Donne in Rete contro la violenza, la rete nazionale dei centri antiviolenza e case delle donne, risponde ad alcune domande sui fondi antiviolenza e la loro distribuzione. Delle risorse finalmente messe a disposizione, 16 milioni e 450 mila Euro, molto poco arriva alle strutture che tutti i giorni lavorano per sostenere le donne che hanno subito violenza. Si tratta di 352 strutture operative su tutto il territorio nazionale, di cui 61 aderenti all’associazione. Solo quest’ultimo gruppo di strutture ha accolto 15.201 donne nel 2012, secondo l’ultimo rapporto reso disponibile dall’associazione stessa. Oltre all’esiguità delle risorse ci sono anche altri problemi: dai criteri usati per la ripartizione dei fondi alla definizione del metodo di accoglienza e lavoro che si vuole sostenere. 

1. La rete D.i.Re ha criticato la ripartizione dei fondi per il contrasto alla violenza di genere. Perché?

Con il decreto del presidente del consiglio dei Ministri del 24 luglio 2014 sono stati stanziati 17 milioni per gli anni 2013-2014. La generica modalità di impiego delle risorse economiche indicate dal piano di ripartizione dei fondi destinati alle regioni, non solo non porta alcun cambiamento nelle pratiche dei servizi e di conseguenza nella cultura sociale ma al contrario si incrementa il rischio per le donne che subiscono violenza e che decidono di allontanarsene di non essere sostenute adeguatamente.  

È evidente che i centri, che da oltre vent’anni lavorano in Italia con le donne, finiranno per avere finanziamenti irrisori mentre si cerca di creare un sistema parallelo di centri istituzionali con competenze improvvisate le cui procedure, ancora “ingessate” in rigidi criteri burocratici, non saranno in grado di rispondere alle domande delle donne vittime di violenza.

Non si conoscono i criteri adottati dalle regioni per la mappatura dei centri antiviolenza e case rifugio che, per definirsi tali, devono rispondere a criteri qualitativi che valorizzano sia l’esperienza, sia la metodologia di accoglienza in linea con le Reti dei Centri a livello nazionale, europeo e internazionale.

I centri che da anni denunciano il rischio di chiusura riceveranno circa tremila euro l’anno per due anni (2013-2014).

Ci sono altri fondi destinati a contrastare la violenza di genere?

Gli importi sono definiti nella legge 119/2013 non ci sono altri fondi aggiuntivi. Anzi lo stanziamento dei 7 milioni previsti per il 2014 ha subito una riduzione di 550.615 euro, pari a quasi l’8%. A livello centrale non ci sono altri fondi.

Le coperture dei fondi messi a disposizione sono effettive? 

I fondi 2013 – 2014 hanno copertura, per il 2015 sono previsti 10 milioni di euro ma non sappiamo se con la legge di stabilità verranno confermati.

Da qualche parte è previsto qualcosa di specifico per la prevenzione? Cioè risorse distinte dai fondi destinati per esempio a accoglienza e assistenza di chi ha già subito violenza ecc.

Le campagne di sensibilizzazione e di prevenzione organizzate dal governo attraverso i media e i programmi di educazione pubblica e scolastica non sono sufficienti, sistematiche e continuative tanto da poter incidere sull’opinione pubblica e favorire cambiamenti culturali fondamentali per prevenire la violenza. Nel riparto dei fondi è previsto che circa nove milioni di euro siano amministrati dalle Regioni per altri progetti ma non sappiamo in che percentuali saranno impegnati nella prevenzione.

Il piano di azione straordinario contro la violenza di genere e sessuale è rimasto fermo. I fondi previsti per questo piano rientrano sempre nel totale dei fondi previsti dalla legge 119? Secondo lei, far ripartire il piano dovrebbe essere una priorità?

In questi giorni si discute proprio del nuovo piano contro la violenza, al momento non ne conosciamo il contenuto. Il 27 novembre è prevista invece una intesa in Conferenza Unificata sui criteri  e requisiti minimi necessari per i centri antiviolenza. Sono previsti requisiti stringenti e pericolosi che non tutti i centri antiviolenza hanno per carenza di risorse. Il governo richiede requisiti minimi senza prevedere coperture per le sue richieste. In tal modo non si fa altro che favorire e sostenere i centri istituzionali. Inoltre l’impianto del documento non è assolutamente accettabile, non riconosce il ruolo dei centri antiviolenza aprendo anche alla componente maschile. E’ previsto infatti che “gli operatori del centro devono essere costituiti prevalentemente da personale femminile” .  In tal modo si cancella la storia dei centri antiviolenza nati come luoghi di donne e per le donne in grado non solo di dare risposte efficaci alle donne in temporanea difficoltà ma soprattutto si cancella il ruolo fondamentale dei centri di elaborazione di  nuovi saperi che produce cambiamento culturale. In questa misura il centro antiviolenza è molto più che un semplice servizio.

Le regioni o altri enti locali aggiungono qualcosa?

La realtà regionale è molto diversificata e dipende dalla programmazione di ogni regione. I fondi previsti per il 2013-2014 dovrebbero essere aggiuntivi, ci auguriamo che sia così.

Le donazioni di privati e il 5xmille sono risorse importanti per i centri antiviolenza?

Le donazioni del 5Xmille sono una possibile altra fonte di finanziamento ma è una proporzione davvero minima. Inoltre fare pubblicità per il 5Xmille ha dei costi che non tutti i centri antiviolenza possono permettersi. Rispetto ai finanziamenti pubblici quelli dei privati ammontano a meno del 10% circa.

I progetti destinati agli uomini maltrattanti devono attingere agli stessi fondi da cui si finanziano i centri antiviolenza e le case rifugio per le donne?

Potrebbero essere finanziati secondo la programmazione regionale, al momento non si sa nulla.