La rivincita delle donne alle elezioni post-Trump

Politiche
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Le donne negli Stati Uniti si sono proposte come forza di opposizione a Trump e i risultati delle elezioni che hanno appena visto la cittadinanza americana andare alle urne per scegliere i membri della Camera, un terzo dei membri del Senato, oltre a 36 governatori e ai sindaci di diverse città, ne portano il segno. 

Il numero delle elette è un record storico, scrive la stampa internazionale, saranno più di cento quelle che comporranno il nuovo Congresso e sarà un numero (leggermente) maggiore di quello attuale. E il ruolo che le donne hanno svolto in questa tornata elettorale è il più importante di sempre, spiega la Brookings Institution255 le candidate dai due principali partiti, con le democratiche che si sono aggiudicate 93 seggi, e le repubblicane 13.

Ma non è solo questo, la portata di quelle che sono state soprannominate le elezioni "delle prime volte" è simbolica e politica se si guarda ai nomi e alle storie delle vincitrici della tornata elettorale che ha visto i Repubblicani perdere la maggioranza alla Camera.

Tra le elette ci sono giovanissime (come Alexandria Ocasio Cortez, 29 anni, nata nel Bronx, la più giovane eletta al Congresso nella storia, definita la stella nascente dei Democratici), nere (Ayanna Pressley, in Massachusetts, prima donna nera a rappresentare lo Stato alla Camera), ispaniche (Sylvia Garcia e Veronica Escobar, in Texas, prime donne ispaniche del partito democratico elette alla Camera dei deputati), musulmane (la palestinese Rashida Tlaib nel Michigan, e Ilhan Omar rifugiata di origini somale in Minnesota), native americane (Deb Haaland, in New Mexico, e Sharice Davids, in Kansas, le prime native americane al Congresso), rappresentanti della comunità Lgtb (la già citata Sharice Davids in Kansas, e Jared Polis, primo governatore dichiaratamente gay, eletto nella Repubblica del Colorado)

Non esattamente un caso fortunato, ma il risultato di una mobilitazione guidata proprio dalle donne dopo l'elezione di Donald Trump e la sconfitta di Hillary Clinton che è coincisa con un maggiore attivismo delle donne anche durante la campagna elettorale, come scrive Margaret Talbot sul New Yorker.

Dato non irrilevante: l'attivismo è stato anche finanziario, le donne hanno donato il 36% in più per le campagne del Congresso rispetto al 2016, scrivono Susan Chira e Kate Zernike in un articolo comparso sul New York Times. Questa volta, commentano le autrici "molte donne si sono candidate senza che nessuno glie lo chiedesse. E lo hanno fatto diversamente, ignorando il solito consiglio di limitarsi a parlare del curriculum facendo finta di non avere una sfera personale. Nelle pubblicità hanno parlato dei loro figli, hanno offerto testimonianze personali su molestie sessuali e abusi, e aperto il discorso su quello che le famiglie affrontano tutti i giorni in termini di tossicodipendenza e debiti, difficoltà comuni a così tante persone in America".

Altre donne, come ha sottolineato la politologa Kelly Dittmar del Rutgers Center, hanno deciso di partecipare alle elezioni portando nelle loro campagne il genere e la razza come un valore e non come un ostacolo da superare per raggiungere il successo in quello che fino a oggi è stato l'universo maschile della politica elettorale. 

Leggi la cover story del New Yorker sulle ultime elezioni