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La conoscenza si forma attraverso le parole. Con il glossario di Prossima inGenere vuole comporre un lessico minimo del mondo digitale. Molte espressioni ormai entrate nell'uso infatti restano spesso opache nel significato, il nostro obiettivo è quello di renderle più trasparenti. Oggi parliamo di crowdmapping

Crowdmapping

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Credits Unsplash/Anton Maksimov
glossario crowdmapping

Derivato dall’unione di due termini inglesi, il sostantivo crowd, folla, moltitudine, e il verbo to map, mappare, indica una modalità collaborativa e distribuita di raccogliere i dati geografici, basata su segnalazioni da parte di una collettività. Il crowdmapping può quindi essere considerato una forma di cartografia collettiva e partecipativa, in cui i dati non provengono da un’unica fonte, ma da una molteplicità di utenti.

I dati vengono raccolti principalmente attraverso i social media, per poi essere combinati con informazioni come la geolocalizzazione con lo scopo di creare mappe digitali il più possibile accessibili, aggiornate e facilmente consultabili dagli utenti. Il crowdmapping è a tutti gli effetti una forma di crowdsourcing (dall’inglese crowd, folla, e source, fonte) ovvero un modello in cui lo sviluppo di progetti o la risoluzione di problemi sono affidati a un gruppo indefinito di persone, non organizzato a priori.

Il crowdmapping può essere utilizzato per vari tipi di segnalazioni e mappature, da quelle legate al tempo libero, come la segnalazione di luoghi interessanti, a quelle di uso più quotidiano, come il numero di parcheggi in città. Tuttavia, l’impiego del crowdmapping si è rivelato particolarmente utile, e la sua diffusione particolarmente ampia, in situazioni emergenziali o di crisi umanitaria, laddove i media tradizionali fanno più fatica ad arrivare per documentare gli avvenimenti in corso.

Un uso particolarmente interessante del crowdmapping è stato quello fatto in Kenya dalla piattaforma Ushahidi, nata appositamente per segnalare le violenze seguite alle elezioni del 2008. Nella lingua swahili, la parola ushahidi significa “testimonianza”; in quel caso, il crowdmapping ha infatti permesso agli utenti di inviare segnalazioni e testimonianze oculari di quanto stava accadendo, permettendo così di seguire in tempo reale l’evolversi della situazione.

Successivamente, il crowdmapping è stato utilizzato in altri contesti emergenziali come il terremoto di Haiti nel 2010, ed è stato al centro di movimenti come Occupy Wall Street nel 2011.

Il crowdmapping è utilizzato sempre di più in ambito urbanistico e architettonico: in Italia, nel 2018 la startup Kinoa s.r.l. ha utilizzato il crowdmapping per la rilevazione delle barriere architettoniche grazie all’applicazione Kimap.

Per approfondire

Ushahidi: crowdmapping collective that exposed Kenyan election killings, The Guardian

Crowdmapping, il Comune di Porcari con Kinoa mapperà l’accessibilità delle sue strade, Toscana News

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