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Dalle app per il monitoraggio del ciclo mestruale ai dispositivi di prevenzione del cancro al seno, le tecnologie per la salute delle donne hanno reso sempre più visibili le lacune dei sistemi sanitari tradizionali, ma potranno davvero rivoluzionarne l'assetto in termini di accessibilità e di diritti?

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Credits Unsplash/Rob Hampson
Femtech

Negli ultimi anni, abbiamo assistito alla rapida ascesa delle tecnologie per la salute femminile – quello che comunemente viene chiamato "femtech". Un settore in forte espansione se si pensa che, stando ai dati riportati nel Femtech Global Market report, è passato da un valore di 36,52 miliardi di dollari nel 2023 a 41,97 miliardi di dollari nel 2024, con un tasso di crescita annuale (Cagr) del 14,9%.

Per l'assistenza sanitaria si tratta di una rivoluzione che ha messo in luce non solo l'importanza di colmare i divari digitali, ma anche le disuguaglianze di genere che ancora persistono nel campo medico e della salute

Ricerca unisex, dati carenti, diagnosi inappropriate

Come scrive bene Caroline Criado-Perez nel suo saggio Invisible Women: Exposing data bias in a world designed for men (edizione italiana a cura di Einaudi, 2020, pubblicata con il titolo Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano): "per secoli e secoli si è pensato che il corpo maschile e quello femminile differissero soltanto per dimensioni e fisiologia riproduttiva: la scienza medica si è concentrata su un'ipotetica 'norma' maschile, etichettando come 'atipico' o persino 'abnorme' tutto ciò che non rientrava in quei parametri". A questo si aggiunge che "nei rari casi in cui si accenna alle donne, si tende a presentarle come una sorta di deviazione dallo standard umano".

Le gravi lacune che ne sono conseguite nella ricerca, si manifestano prima di tutto in una mancanza di dati. Sappiamo pochissimo, ad esempio, degli effetti che terapie mediche, vaccini e droghe hanno sulle cellule e sui tessuti dei corpi delle donne in generale, e ancor meno su quelli delle donne in gravidanza, che vengono sistematicamente escluse dai test clinici.

Tutto questo si è tradotto in un'erosione del diritto alla salute delle donne, e non solo nella ricerca ma anche proprio nella diagnostica, perché le donne manifestano sintomi differenti da quelli "classici" descritti nei manuali, basati sulla fisiologia maschile e che quindi non vengono riconosciuti. 

Come ci dice da anni la medicina di genere errori nelle diagnosi e terapie inefficaci, a volte persino dannose, hanno un impatto preciso sulla salute delle donne. E il fatto che la ricerca su molte malattie e disturbi specificamente femminili sia del tutto o quasi assente non fa che complicare le cose. Uno degli esempi citati più spesso è quello dell'endometriosi, una patologia che, secondo l'Onu, colpisce circa 190 milioni di persone nel mondo, ma per cui a oggi non esiste una cura. Significa che, a seconda del paese in cui si trova, una donna aspetta in media dai 6 agli 8 anni per avere una diagnosi accurata.

In molti casi è stato il mercato che ha tentato di colmare questi vuoti: il bisogno delle donne di avere accesso a strumenti che garantissero loro il diritto alla salute e al benessere è stato letto e interpretato da persone che si occupano di scienza e ricerca, esperte di tecnologia, imprenditori e imprenditrici, che hanno provato a dare delle risposte utilizzando altre vie rispetto ai sistemi sanitari tradizionali. 

Il lato innovativo del femtech

Alcuni esempi di dispositivi femtech particolarmente innovativi sono quello – indossabile come un reggiseno – per il monitoraggio delle pazienti ad alto rischio di tumore al seno, o il body che aiuta ad alleviare i dolori mestruali.

Come mette bene in evidenza un report del World Economic Forum sull'argomento, nonostante vi siano ancora disparità, gli attuali dispositivi femtech sul mercato stanno affrontando problemi di salute femminile finora trascurati e poco studiati, come la salute mestruale, la menopausa e la cura del pavimento pelvico.

Tuttavia, lo studio realizzato da Astute Analytica - un team esperto di analisi di dati in diversi campi - che ha raccolto le previsioni di crescita del settore da qui al 2032, ha mostrato come al momento il settore predominante per le aziende femtech sia quello della gravidanza e dell'allattamento. 

I servizi offerti da questo tipo di tecnologie, applicazioni software nella grande maggioranza dei casi, includono test di gravidanza facilmente accessibili, assistenza durante la gestazione mediante consulenze mediche, corsi e attività fisica. Dopo il parto, le aziende si dedicano a fornire un supporto completo alle donne, affrontando problematiche tipiche di questa fase come depressione, emorragie, gestione dell'allattamento e assistenza nella cura del neonato. Un ruolo essenziale è giocato poi dalle piattaforme nate con lo scopo di mettere in contatto fra loro le donne in maternità, facilitando lo scambio di informazioni e il sostegno reciproco.

Un altro ambito significativo di investimento riguarda la contraccezione e la salute riproduttiva, con particolare attenzione alla salute mestruale. 

Secondo il Journal of Global Health Reports, sono circa 500 milioni le persone nel mondo che non hanno accesso a prodotti mestruali o a un adeguato livello di igiene. A livello globale, la mancanza totale o la scarsa disponibilità di acqua pulita e di prodotti per l'igiene ha un'altissima probabilità di causare infezioni batteriche, e rappresenta la principale fonte di problemi di salute e infertilità.

Uno dei primi tentativi di risolvere questo problema è arrivato dall'azienda danese Real Relief con Safepad, un assorbente lavabile e riutilizzabile realizzato con un tessuto antimicrobico speciale composto da silicio e carbonio. Questo materiale elimina completamente gli agenti patogeni anche se lavato in acqua inquinata.

Oltre ai prodotti di consumo, le aziende del femtech si occupano dello sviluppo di dispositivi, software e app che consentono di gestire e monitorare i più disparati aspetti della salute femminile. 

Un esempio su tutti è rappresentato dalle app per il monitoraggio del ciclo mestruale, utili per registrare i sintomi e prevedere l'arrivo delle mestruazioni. Le prime sono state realizzate tra il 2013 e il 2021, e hanno guadagnato popolarità tra le donne di tutto il mondo, essendo state utilizzate da almeno 50 milioni di persone a livello globale

App come Flo e Clue offrono anche versioni gratuite, e forniscono un accesso diffuso a strumenti per il supporto fisico e psicologico. 

Oggi attraverso lo smartphone è possibile ricevere informazioni sulla salute sessuale o su patologie specifiche come l'ovaio policistico, ottenere una consulenza ginecologica a distanza, ordinare anticoncezionali in modo discreto, trovare il consultorio più vicino, pianificare una gravidanza. 

Spesso la progettazione e lo sviluppo di prodotti, servizi e tecnologie si indirizza a un target molto ampio di persone, includendo anche individui con disabilità visive, uditive, motorie, cognitive o neurologiche. 

Rimuovere le barriere digitali

L'intento di solito è anche quello di rimuovere le barriere che potrebbero impedire l'accesso alle informazioni, la partecipazione alle attività digitali e l'utilizzo della tecnologia in modo efficace. L'accessibilità delle app per i dispositivi mobili include poi spesso la progettazione di applicazioni e contenuti digitali che consentano la navigazione e l'uso da parte di persone che utilizzano screen reader o altre tecnologie assistive.

L'inclusione digitale però va oltre l'accessibilità alla rete e comprende sforzi ben più ampi per colmare il divario digitale, concentrandosi sul rendere le tecnologie e le risorse online disponibili anche a chi affronta sfide socioeconomiche o non possiede le competenze e le risorse necessarie per partecipare al mondo digitale. 

Per alcune categorie di donne, come quelle appartenenti al gruppo Black, indigenous and people of colour (Bipoc), ad esempio, le disparità e le discriminazioni in materia di salute hanno portato a ostacoli significativi nell'ottenimento di diagnosi, trattamenti e cure adeguate, ma anche a tassi più elevati di mortalità infantile e materna, da attribuire a diversi fattori intersezionali come razza, etnia, reddito, istruzione, ma anche pregiudizi inconsci e razzismo strutturale. 

In questo senso, le tecnologie femtech hanno svolto un ruolo significativo nella promozione dell'inclusione digitale, affrontando le esigenze di salute delle donne e garantendo l'accessibilità a informazioni e servizi sanitari vitali all'interno di intere comunità.

User experience e intelligenza artificiale

Al centro del discorso c'è anche l'intersezione tra femtech, ricerca e user experience (Ux), inclusione digitale e potere trasformativo del design inclusivo, con un approccio centrato sull'utente, che gioca un ruolo fondamentale nell'identificare le barriere, comprendere le esigenze e migliorarne l'accessibilità.

Come testimonia la ricerca riportata nel paper UX Best practises from five Femtech experts, la ricerca Ux è stata finora uno strumento prezioso per identificare le barriere che impediscono alle donne di accedere e interagire pienamente con piattaforme e servizi digitali. Attraverso interviste e sondaggi, ricercatrici e ricercatori hanno ottenuto informazioni sulle sfide affrontate da gruppi di utenti diverse, incluse le persone con disabilità, anziane e comunità marginalizzate, raccogliendo feedback da utenti reali del prodotto (o da potenziali utenti nel caso di startup in fase iniziale).

Tra le principali sfide che affrontiamo nella nostra società ci sono ancora tabù e stigma legati alla salute mestruale, ai problemi riproduttivi e al benessere sessuale, che possono limitare la consapevolezza e l'utilizzo di prodotti e servizi sanitari femminili. 

La promozione di conversazioni aperte, attraverso la ricerca qualitativa ha consentito al team che ha prodotto lo studio di ascoltare il punto di vista delle utenti, attraverso le loro stesse parole. Un metodo che si è rivelato fondamentale per affrontare le barriere culturali, abbattere i tabù e migliorare l'accessibilità ai progressi femtech.

Test di usabilità e sviluppo di persona hanno fornito alla ricerca Ux informazioni preziose sui bisogni e le preferenze dei diversi gruppi. Questa comprensione ha consentito a designer e sviluppatori di creare interfacce intuitive e user-friendly, che soddisfino una gamma diversificata di abilità ed esperienze, garantendo una comprensione più profonda dei percorsi sanitari delle donne. 

I metodi di co-creazione consentono per esempio alle utenti di partecipare attivamente alla discussione e alla definizione delle funzionalità e del design dell'app. Inoltre, coinvolgendo gruppi di utenti diversi nelle fasi di progettazione e sviluppo, in grado di soddisfare le esigenze e preferenze specifiche del pubblico, è stato possibile trovare soluzioni più accessibili e inclusive.

Questo approccio garantisce inoltre che, durante l'intero ciclo di progettazione, le soluzioni digitali siano continuamente ottimizzate per accessibilità, usabilità e inclusività. Ad esempio, recenti test di usabilità con persone che utilizzano screen reader hanno rivelato che alcune app femtech mancavano di etichettatura adeguata per gli elementi dell'interfaccia, rendendo la navigazione tramite screen reader particolarmente impegnativa. I test con partecipanti di diverse origini culturali hanno invece evidenziato casi di incoerenze linguistiche e contenuti culturalmente insensibili.

In questo quadro, è diventato sempre più importante l'utilizzo dell’intelligenza artificiale. Alcuni esempi sono gli assistenti virtuali come Woebot e Wysa, che forniscono supporto per la salute mentale alle donne che soffrono di ansia, depressione o altri disturbi. 

L'AI viene impiegata anche per analizzare i dati raccolti dai dispositivi indossabili – come Elvie e KegelSmart, in grado di fornire feedback personalizzati alle donne per migliorare la loro salute pelvica –, ma anche per l'automazione di compiti come la prenotazione di appuntamenti, la compilazione di moduli e la fornitura di informazioni sanitarie a piattaforme di telemedicina come Maven Clinic e Tia Health, che offrono alle donne un accesso facile e conveniente a cure mediche specialistiche.

Tuttavia, se, da un lato, il settore ha fatto passi avanti significativi nella promozione della salute delle donne, dall'altro alcune soluzioni potrebbero essere ancora proibitive, in particolare nelle comunità a basso reddito o con scarso accesso ai servizi. 

Investire nella salute delle donne

Garantire che le soluzioni femtech siano economiche e accessibili a una vasta gamma di donne è fondamentale per raggiungere l'equità nell'accesso all'assistenza sanitaria, e condurre interviste e sondaggi con utenti e professionisti della sanità pubblica è stato il primo passo per comprendere meglio quali barriere contrastare per raggiungere questo obiettivo. 

In un rapporto del 2022, Healthy People (programma di promozione della salute e prevenzione delle malattie del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, ndr) stabilisce obiettivi nazionali specifici e misurabili per migliorare la salute e il benessere delle persone negli Stati Uniti per orientare i contenuti e i prodotti relativi all'equità sanitaria e alle disparità sanitarie. 

L'Ufficio per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute (Odphp) del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti (Hhs), in collaborazione con Norc presso l'Università di Chicago, ha condotto una ricerca sulla letteratura peer-review e su altri canali informativi (gray literature) per esaminare come l'equità sanitaria sia definita, concettualizzata e misurata dai professionisti della sanità pubblica.

Il World Economic Forum e il McKinsey Health Institute hanno poi recentemente pubblicato un report approfondito, parte della Women's Health Initiative del forum, che dimostra come affrontare il divario nella salute delle donne potrebbe potenzialmente dare una spinta all'economia globale di almeno 1 trilione di dollari all'anno, entro il 2040. 

Investire nella salute delle donne significa anche andare oltre la salute sessuale o riproduttiva. E non è quindi solo una questione di equità sanitaria, ma un'opportunità per aiutare le donne ad avere una partecipazione più ampia alla forza lavoro. Ancora più importante, le aiuterebbe ad avere accesso a una migliore qualità della vita.

Una questione di giustizia

Se oggi il femtech ha contribuito a rendere più visibili alcune carenze dei sistemi sanitari, c'è da chiedersi se sarà davvero in grado di migliorare la vita di milioni di persone in tutto il mondo, realizzando quello che le politiche sanitarie non sono riuscite a fare.

Certo, il futuro del settore sembra promettente e un numero crescente di aziende è ora in grado e desidera raccogliere le esigenze e le richieste delle donne, sfruttando le innovazioni tecnologiche. Una tendenza che apre però anche a scenari complessi per quanto riguarda la raccolta dei dati, e quindi in termini di giustizia sociale.

Sebbene infatti l'allocazione di capitali privati a beni e servizi femtech sia un segnale positivo, è essenziale mantenere la consapevolezza che il capitale e il mercato seguono i profitti e il diritto alla salute e al benessere dovrebbe essere garantito indipendentemente dai profitti che ne derivano. 

Delegare la raccolta dei dati mancanti sulla salute delle donne al mercato è una precisa scelta politica che non si tradurrà necessariamente in una compensazione in termini di diritti.

Affinché la rivoluzione messa in atto dal digitale faccia davvero da traino per un ripensamento dei sistemi e delle politiche sanitarie, evitando che diventi una fonte aggiuntiva di discriminazione, ci sarà bisogno delle politiche e di destinare sempre più risorse alla ricerca per colmare vecchie e nuove lacune di base.