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La salute delle donne e dei bambini è considerata un passo fondamentale nella direzione dell'uguaglianza sociale. Le risorse non mancano e nemmeno le intenzioni politiche, stando alle ultime dichiarazioni del G7. Ma i rapporti internazionali descrivono una situazione critica

L'uguaglianza sociale
comincia dalla salute

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Foto: Unfpa 2017

Ridurre la mortalità materna, infantile e fra gli adolescenti. Questo è l’obiettivo rilanciato dalla vice direttrice dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) Flavia Bustreo, medico epidemiologo, in occasione del G7 dei ministri della salute a Milano.

Le risorse non mancano: due miliardi di euro sono stati previsti dal fondo Global Financing Fscility a favore della tutela della salute delle donne e dei bambini, considerata un passo fondamentale nella direzione dell’uguaglianza sociale.

D’altra parte, la situazione resta critica, seppure migliorata rispetto a qualche anno fa

Se si guarda alla salute delle donne a livello nazionale, per esempio, secondo l’indagine conoscitiva portata avanti dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della donna il 49% delle donne nel 2016 ha dichiarato di fare prevenzione rispetto al 44% nel 2006. Cambiano nettamente i comportamenti: se nel 2006 soltanto il 48% delle donne dichiarava di sottoporsi a controlli e visite anche quando stava bene, nel 2016 la quota sale al 62%.

Eppure lo scenario in Italia – fra i primi paesi a sancire il diritto alla salute nella Costituzione prima ancora che questo fosse riconosciuto nella Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – sconta ancora troppe insufficienze tenute sotto osservazione dall’Osservatorio sulla Sanità e dal Simes, il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli errori in SanitàA scorrere i dati della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario i sonni di quanti hanno oggi bisogno di assistenza non possono essere troppo tranquilli.

Se poi si allarga lo sguardo al mondo, è facile verificare come siano soprattutto donne, bambini e poveri le categorie che continuano ad oggi a soffrire di più per l’assenza di idonee coperture sanitarie[1]. Il report Tracking Progress for Breastfeeding Policies and Programmes frutto dello sforzo congiunto di Unicef e Oms, realizzato in collaborazione con la Global Breastfeeding Collective e pubblicata nel luglio 2017, o lo studio pubblicato su The Lancet a novembre 2016, che fornisce il quadro aggiornato e completo della mortalità infantile nel mondo, ne tracciano un quadro piuttosto esaustivo. Soprattutto in aree – come l’Africa sub-sahariana o l’Asia meridionale – dove il presidio sanitario è insufficiente rispetto alla domanda di cure.[2] 

Ogni anno– secondo i dati forniti dall’OMS – sono ben 300mila le morti materne nel mondo, più di 5 milioni l’anno i decessi infantili, circa un milione l’anno quelli fra gli adolescenti.

E le stime parlano di 18 milioni di donne, bambine e adolescenti che ogni anno muoiono nel dolore perché non hanno la possibilità di usufruire delle cure palliative[3]. In più, quasi la metà delle donne nei paesi a basso reddito non beneficia di assistenza sanitaria durante il parto.

Ancora più ambizioso risulta allora l’obiettivo rilanciato a settembre dal Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon con la nuova Strategia Globale per la salute di donne, bambini e adolescenti 2016-2030 che punta ad arrivare a ridurre la mortalità globale sotto i 70 decessi ogni 100.000 nati vivi, come indicato dagli obiettivi di sviluppo sostenibile lanciati dalle Nazioni Unite; a far decrescere in ogni paese del mondo i decessi dei bambini sotto i 5 anni a meno di 25 casi ogni 1000; e a sconfiggere le epidemie di Hiv, tubercolosi, malaria, e altre patologie trasmissibili.

Di salute diseuguale e della direzione di marcia da intraprendere a livello globale, la stessa Flavia Bustreo ne ha parlato in occasione del Festival dell’Economia di Trento del giugno scorso. “La maggior parte dei Paesi – ha detto la Bustreo - ha messo a punto strategie e programmi innovativi per promuovere una salute sostenibile, ma a oggi solo la metà degli stati OMS vede riconosciuto il diritto alla salute a livello costituzionale”. La salute materna è un indicatore abbastanza preciso di quelle che sono le disuguaglianze fra Nord e Sud, fra paese ricco e paese in via di sviluppo. “In Sierra Leone – ha confermato Bustreo  il tasso di mortalità materna è il più alto in assoluto, anche se prima dell’epidemia di Ebola tale indicatore stava cominciando a diminuire; in Finlandia invece è il più basso”.

Negli ultimi due anni ad aver sofferto l’assenza di cure adeguate per donne e bambini è stato anche il Venezuela, colpito da una drammatica crisi che ha visto un’impennata nelle morti materne e infantili: la ministra della salute Antonieta Caporale nel maggio 2017 pubblicò un bollettino sulle condizioni della sanità venezuelana che gli costarono persino la destituzione. Era dal 2014 infatti che il governo non rendeva noti i dati sulla sanità. Le cifre fornite fanno tremare i polsi: nel 2016 sono morti ben 11.466 neonati (+30,12% rispetto al 2015), e la mortalità materna per parto è cresciuta del 65,79% rispetto all’anno precedente. 

Per tenere acceso il faro sui problemi che riguardano la maternità e la gravidanza nel mondo, l’OMS, ha nel frattempo rilasciato tre documenti come linee guida da seguire per tutti i paesi, al fine di rendere più facile il percorso delle donne durante il parto. E – cosa quanto mai necessaria  per migliorare il reperimento dei dati sulle morti materne e neonatali: Who application of the International classification of disease-10 to deaths during the perinatal period, Making every baby count audit and review of stillbirths and neonatal deaths e Time to respond a reporton the global implementation of maternal death surveillance and response.

Note

[1] Si veda per esempio il report Tracking Progress for Breastfeeding Policies and Programmes, frutto dello sforzo congiunto di Unicef e Oms, realizzato in collaborazione con la Global Breastfeeding Collective, e pubblicato nel luglio 2017. 

[2] Si veda anche il rapporto Health World Statistics 2016, con cui l’OMS fa il punto sullo stato di salute mondiale, fornendo tutti i dati. In Africa, in particolare, l’aspettativa di vita non supera i 60 anni.

[3] Per un report dettagliato si veda l’indagine Strategia Globale per le donne, bambini e adolescenti Salute 2016-2030: guida per sostenere l’azione nei Paesi.