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L'Europa fa un enorme passo in avanti sulla parità di genere, ma non grazie all'Italia, che continua a essere indietro, soprattutto nell'occupazione. Lo dice l'ultima edizione dell'Indice europeo di parità

Cresce la parità, 
ma non in Italia

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Parità Italia
Credits Unsplash/Jeshoots.com

Esce oggi, 24 ottobre 2023, l'edizione aggiornata dell'Indice europeo di parità, rilasciato dall'Agenzia europea per l'uguaglianza di genere (Eige).  

L'indice viene costruito misurando sette macro-dimensioni: potere, partecipazione al mercato del lavoro, salute, tempo, violenza, educazione e ricchezza.

A grandi linee, la condizione di vita delle donne in Europa nel suo complesso migliora, anzi, fa il più grande salto che si sia mai registrato di anno in anno arrivando a un punteggio complessivo di 70,2 su 100 e registrando il miglior punteggio di sempre.  

Queste le buone notizie; le cattive sono che l'Italia è al di sotto della media europea e sotto tutti i paesi europei del G7 e del G20, quindi questo avanzamento non è dovuto a un miglioramento della vita delle donne nel nostro paese.  

Il rapporto conferma cose che sappiamo già: il sistema di salute universale italiano regge nonostante le difficoltà e si conferma la dimensione in cui andiamo meglio. Andiamo sempre meglio laddove esistono strumenti di discriminazione positiva, quindi potere economico (consigli di amministrazione delle imprese quotate) e potere politico (alternanza di genere nelle liste, giunte paritarie), mentre andiamo malissimo nel settore dell'occupazione, confermandoci all'ultimo posto nella classifica europea ininterrottamente dal 2010.

In particolare, l'Italia è ultima per tasso di partecipazione e segregazione del mercato del lavoro e l'indice ci dice anche che quest'anno si riscontra un peggioramento della qualità del lavoro delle donne.  

Se l'Italia è il paese che nell'indice ha guadagnato più posizioni nel tempo, passando quindi da malissimo a male, tuttavia i progressi registrati sono lenti e in alcuni casi da interrogare.

Per esempio, si riscontra un miglioramento nell'uso del tempo per la cura, ma subito ci viene fatto notare come questo miglioramento non sia dovuto a un migliore condivisione tra uomini e donne, ma perché le donne fanno meno. Fanno meno grazie alle tecnologie, ai servizi di consegna a domicilio, spostando cioè parte della cura su servizi e piattaforme; ma questo, lo sappiamo, non basta.  

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