Tutti vogliamo essere diversi, perché desideriamo tutti di poter vivere oltre quello che gli altri si aspettano da noi. Abbiamo rivolto alcune domande alla scrittrice Bianca Pitzorno riguardo al suo immaginario sulle differenze. Ci ha risposto così
Qualche settimana fa la scrittrice Bianca Pitzorno ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un articolo di Osservatorio Gender che raccontava una vicenda riguardante uno dei suoi libri più famosi, Ascolta il mio cuore: una famiglia di Carpi ha chiesto (e non ottenuto) che quest’ultimo venisse rimosso dalla biblioteca scolastica. Sotto accusa è una parte di un dialogo tra Prisca, protagonista del romanzo, e suo fratello più grande. La bambina immagina cosa farà da grande e conclude che, se le professioni che le piacciono sono riservate agli uomini – dal torero al mozzo su una nave mercantile per poter girare il mondo –, "vorrà dire che cambierò sesso".
Abbiamo raggiunto l’autrice per parlare della vicenda e, con l’occasione, affrontare alcuni dei temi centrali per la società contemporanea, dall’idea di diversità all’importanza dell’istruzione e della letteratura per la costruzione del futuro delle ragazze e dei ragazzi.
Che cosa ha pensato quando ha letto la notizia?
Sono rimasta molto sorpresa. Lo sarei stata di meno se invece di Ascolta il mio cuore si fosse trattato di Extraterrestre alla pari, dove effettivamente si criticano gli stereotipi sessuali della nostra civiltà occidentale. Oppure di La casa sull’albero, dove due ‘femmine’ mettono su casa insieme e allevano, a modo loro, quattro neonati. Oppure di La bambola dell’Alchimista dove due vecchioni, maschi, in nove mesi costruiscono un bebè-automa, il quale viene poi allevato maternamente da un ragazzino, maschio. In Ascolta il mio Cuore il tema della possibilità di cambiare sesso è un dettaglio minimo; per definirne il carattere si racconta delle fantasie sfrenate di una bambina di sei/sette anni, che si trova bene nella sua pelle femminile, tanto che sogna di mettere al mondo 17 figli, e che mai più in tutto il libro tornerà sull’argomento del proprio genere. Ne accenna incidentalmente e brevemente in quel passo incriminato, ma solo perché il fatto di essere femmina le impedirebbe, a detta del fratello, di fare il torero. A quel punto, e solo a quel punto e per quel motivo lei ‘decide’, nella sua fantasia si badi bene, di cambiare sesso. Per interpretare quelle poche righe, in un libro di 300 e più pagine dove si parla della lotta contro l’ingiustizia e della difesa dei più poveri, come un invito alla fluidità sessuale bisogna proprio essere psichicamente malati. Talmente accecati dalla paura da bloccarsi al primo segnale di pericolo, una parola, una frase isolata, senza leggere il libro per intero.
Difficile dare un giudizio.
Come si potrebbe? Se sapessero quei signori, che mi citano minacciosi il Vangelo e la condanna a mettermi una macina al collo e affogarmi per aver scandalizzato i più piccoli, che l'unica volta in vita mia che ho desiderato cambiare sesso è stato durante una crisi mistica dell’adolescenza: volevo farmi prete (non suora) e ciò alle donne nella nostra religione non è concesso. Fossi stata luterana o valdese non lo avrei desiderato. Io credo nel confronto, credo che sia più che legittimo dissentire dal mio pensiero. Ma prima bisogna conoscerlo, questo mio pensiero. Nel corso di questa vicenda però ho purtroppo dovuto riconoscere che spesso anche i miei ‘difensori’ non conoscono (o interpretano a modo loro) quello che ho scritto. Una Associazione Gay sostiene per esempio che Ascolta il mio cuore è la storia di tre amiche che sognano quello che farebbero se fossero maschi. Cosa di cui invece a Prisca, Elisa e Rosalba non importa affatto. Un Blog letterario sostiene che sul Pianeta Deneb, da cui proviene l’Extraterrestre alla pari, si ‘sceglie’ il proprio sesso verso i 19 anni. Non è così. Io scrivo chiaramente che a Deneb si nasce con un sesso definito che non si può, e che nessuno vuole, cambiare, visto che le opportunità sono identiche, solo che gli attributi esterni che permettono di riconoscerlo diventano evidenti verso i 19 anni. Questo per evitare che ne venga influenzata l’educazione dei più piccoli. In conclusione, mi piacerebbe poter discutere e confrontarmi con persone che conoscono quello di cui parlano e da cui pensano di doversi difendere, non con chi mi attacca perché ha paura delle ombre.
Mi ha colpita molto la violenza dei toni dell’articolo che racconta l’accaduto. Violenza e aggressività sono spesso tratti distintivi di associazioni e gruppi, attivi da qualche anno in Italia, che si professano 'anti gender' a sostegno della 'famiglia tradizionale'. Il 'gender' o la cosiddetta 'teoria del gender' sono concetti vuoti, privi di senso, creati da questi stessi movimenti che vi si oppongono. Il loro terrore, ripetuto più e più volte, è la 'denaturalizzazione della società'. Secondo lei, quando la diversità ha cominciato a fare paura e perché?
Penso che la diversità abbia sempre fatto paura nei momenti in cui la società si sente più debole, in particolare nei momenti di crisi economica che, purtroppo, favorisce l’ignoranza. Chi studia la storia può constatare che, a intervalli, nelle varie civiltà e società, si cercano dei capri espiatori invece di combattere i veri ostacoli al benessere generale. Vedi la persecuzione degli eretici, la caccia alle streghe, l’antisemitismo... Le società dove un minimo di benessere concede lo studio, la cultura, la conoscenza, accetta con naturalezza, non ‘tollera’, ma riconosce l’esistenza delle diversità individuali. Ogni individuo, visto da vicino, è diverso dagli altri. Raggruppare le persone secondo determinate caratteristiche e solo quelle vuol dire chiudere gli occhi davanti all’evidenza. Mi fa poi ridere lo slogan "Difendiamo la famiglia tradizionale". Prima di tutto, da chi? Chi vuole farle del male, toglierle qualcosa? Se due persone di sesso diverso vogliono sposarsi, avere due bambini maschio e femmina e vivere come negli spot de Il Mulino Bianco, chi glielo impedisce? Cosa gli toglie il fatto che sia permesso di esistere anche ad altre famiglie 'non tradizionali'? E poi, cosa vuol dire famiglia tradizionale o peggio ancora naturale? Non lo era neppure quella che viene posta avanti come modello. Giuseppe non era il padre biologico di Gesù. Era oltretutto un modello di tolleranza, di non gelosia, di senso di protezione a prescindere. E nella storia? Non parliamo dei patriarchi della Bibbia, famiglie più allargate di così... Più di recente, pensiamo alla prima metà del Novecento, con quasi tutti i padri morti nelle due guerre mondiali. Quanti bambini sono stati allevati dalla madre, sola o coadiuvata da un'altra donna, parente, amica, secondo affinità e/o necessità. E il vedovo che vive con la suocera e le cognate per poter allevare con loro i figli orfani? Le famiglie di Nomadelfia fondata da don Zeno Saltini erano 'tradizionali e naturali'? La carrellata potrebbe essere infinita. Se si studia, si scopre che la 'famiglia tradizionale' fissa e immutabile non è mai esistita. Ciò che va auspicato rimanga è il senso di responsabilità e protezione nei confronti dei più deboli, dei più piccoli, qualsiasi scelta abbiano fatto, e debbano poter fare, i 'grandi' e i 'forti'.
La diversità è un elemento centrale nei suoi libri e si accompagna sempre a un altro concetto, quello di libertà. Da Ascolta il mio cuore a La vita sessuale dei nostri antenati, il suo romanzo più recente, lei ha dato voce al desiderio di essere qualcosa di diverso da ciò che si è. Le sue storie parlano a questo desiderio e lo connotano di positività. Spesso, invece, il contesto in cui viviamo ci fa sentire meno accolti quando le nostre identità individuali si discostano da quelle comunemente accettate. Penso che desiderare di essere qualcosa di diverso sia un tratto tipico dei bambini, certo, ma anche degli adulti. Che rilevanza ha il concetto di 'diversità' nella sua scrittura e di quali messaggi è portatore?
In realtà io trovo sbagliata la definizione "Quello che si è". Preferisco "Quello che gli altri si aspettano che noi siamo". Tranne rarissimi casi di disforie che riguardano caratteristiche fisiche (e per le quali ci sono rimedi medici), si tratta del desiderio di non essere costretti a rispondere alle aspettative altrui. Ripeto, sono convinta che ognuno nasce 'diverso' e desidera, più che cambiare, che gli venga riconosciuta la sua unicità. Credo che la mia scrittura rifletta questa convinzione. Nessuno dei miei personaggi desidera realmente cambiare; desiderano solo di poter fare quello che gli pare al di là degli schemi imposti da una società costrittiva.
Un altro tema presente nei suoi romanzi è quello dell’istruzione, elemento spesso cruciale nelle vite delle protagoniste e nelle loro scelte. In questo momento vi è una forte attenzione all’inclusione delle giovani donne nelle cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) che diverse ricerche indicano come competenze fondamentali per i lavori del futuro ma che si connota come spazio storicamente (e culturalmente) precluso alle donne. L’ambito scientifico infatti risente di radicati stereotipi di genere che spesso portano anche a un’autoesclusione. Lei che cosa ne pensa?
Penso che le ragazze dovrebbero studiare di più la storia delle donne che le hanno precedute. Non tanto di quelle che hanno avuto successo, come le rebel girls oggi tanto di moda. Ma di quelle che hanno seguito le loro passioni infischiandosene degli schemi di genere. Devo nominare Ada Lovelace, Maria Curie, Eva Mameli Calvino, Rita Levi Montalcini?
Si sta diffondendo una consapevolezza maggiore per quanto riguarda gli stereotipi di genere che imbrigliano le aspirazioni e i talenti delle ragazze e ne depotenziano l’immaginazione. C’è ancora molta strada da fare ma sembra che un processo si sia messo in moto. Lo stesso non si può dire per l’altra faccia degli stereotipi di genere, quella che riguarda i ragazzi, i maschi. Lei nota questa differenza? Perché pensa sia più difficile emancipare gli uomini, anche giovanissimi, da una serie di aspettative e pregiudizi sul loro conto?
Perché fino a che sussiste il pregiudizio dell’inferiorità femminile, una donna che aspira a fare 'cosa da maschi' può essere perdonata e tollerata, in quanto il suo desiderio, anche se biasimevole, è interpretato come desiderio di migliorarsi. L’uomo che desidera fare 'cose da donna' invece, secondo questo pregiudizio, è un masochista che desidera degradarsi, e ciò non deve essere incoraggiato. In questo quadro ci vuole più forza e determinazione da parte di un bambino, di un ragazzo e di un uomo per affermare i propri desideri superando i pregiudizi. E più forza (e convinzione) da parte degli educatori a difendere il dirotto dei maschi a 'degradarsi'.
Molte delle ragazze cresciute con i suoi libri negli anni Novanta oggi si trovano a provare, a propria volta, l’esperienza della maternità. Altre piccole donne, e piccoli uomini, da crescere tentando di adempiere nel migliore dei modi alla responsabilità di prepararli a un mondo che ancora non sappiamo come sarà. Quali libri consiglierebbe a queste trentenni di oggi, perché li donino ai propri figli quando scopriranno la lettura?
Sinceramente non saprei cosa consigliare. Di libri nuovi ne escono in continuazione. I classici ottocenteschi sono sempre grandi e belli (magari, gli stranieri, con traduzioni aggiornate). L’unico consiglio che posso dare è di leggerli, i libri per piccoli, per intero, prima di metterli nelle mani dei bambini. Magari non corrispondono in tutto alle nostre convinzioni, ma proprio per questo possono diventare spunti per critiche, riflessioni, storicizzazioni. Ho da poco scritto la prefazione a In famiglia di Malot, un romanzo ottocentesco la cui protagonista è una bambina, Perrine, intelligente e intraprendente. Oltretutto esperta in tecnologie 'da maschi'. Alla fine viene riconosciuta dal ricco nonno, nella cui filanda aveva lavorato come operaia bambina, ed eredita l’impresa di famiglia. Tutto molto bello e desiderabile per una bambina. Solo che il nonno auspica che trovi presto un buon marito che si occupi del lavoro. Un finale che delude ma che può dar spunto a molti ragionamenti.
Ho letto una sua citazione: "In prima elementare ho imparato tutto ciò che avrei continuato ad amare per tutta la vita: leggere e scrivere". Mi ha colpita molto perché ho ritrovato me stessa e sono sicura di non essere stata la sola. Secondo lei, oggi, per le donne e gli uomini di domani, quale ruolo può e deve ancora giocare la letteratura?
La letteratura, oggi più che mai, deve permetterci di vivere vite che non sono la nostra, di scoprire altri mondi, altri modi di pensare, ma anche di consolarci, se ci sentiamo incompresi e isolati, scoprendo fratelli che ci somigliano. La funzione, in definitiva, di farci conoscere gli altri e di farci sentire meno soli.