Tra le misure a sostegno di una genitorialità condivisa, in consegna sia al Senato che alla Camera c'è la proposta di legge di un congedo riservato ai padri di quindici giorni. Ma ce ne saranno anche altre. Scopriamo quali
Genitorialità. La legge di stabilità e i
quindici giorni di congedo per i padri
![foto Flickr/Maeka Alexis foto Flickr/Maeka Alexis](/sites/default/files/copertina/congedo_paternita_15giorni.jpg)
Quindici giorni di congedo parentale obbligatorio per i padri. Questa la proposta contenuta nel disegno di legge “Misure a sostegno della condivisione della responsabilità genitoriale” presentato ieri a Palazzo Madama dalla vice presidente del Senato Valeria Fedeli e dalla componente della Commissione Lavoro della Camera Titti di Salvo e che sarà depositato entro il 7 novembre come emendamento alla legge di stabilità. Un congedo da prendere in contemporanea alla madre nel primo mese di vita del nuovo o della nuova nata e che sarà retribuito dall'Inps al 100% dello stipendio.
Se quindici giorni sembrano comunque pochissimi rispetto all’esperienza intera di una nascita, va considerato che al momento il congedo di paternità obbligatorio in Italia, introdotto in via sperimentale dalla legge Fornero per il periodo compreso tra il 2013 e il 2015, è pari a un giorno soltanto. Un diritto simbolico, quello alla paternità, e di cui solo il 12% dei lavoratori padri al momento usufruisce.
Dopo le novità già introdotte dal Jobs Act per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, il disegno appena presentato si muove allora su un duplice binario, hanno spiegato le promotrici. Da una parte il fronte dei diritti: equiparare il più possibile le opportunità offerte alle donne e agli uomini all’interno del mercato del lavoro. Dall’altra il fronte culturale: aprire la strada a una condivisione della genitorialità, recuperando il valore sociale della maternità come questione di tutti e non solo delle donne.
Nel nostro paese la maternità è ancora considerata un'assenza sul lavoro, un deficit di produttività; in altre parole non può essere una scelta libera. Su questo, i dati parlano chiaro: in Italia il 22,4% delle madri impiegate prima della gravidanza dopo due anni perdono il lavoro (Istat 2015). Inoltre, anche una volta aggirato il cattivo costume della firma delle dimissioni in bianco, e proprio perché percepite come "lavoratrici a rischio di maternità", resta che le donne sono più esposte al part time involontario e alla precarietà (Istat 2015), fanno meno carriera anche se sono più formate, e vengono pagate meno a parità di mansioni (il cosiddetto gender pay gap, che in Italia è aumentato dal 4,9% al 7,3% nel periodo compreso tra il 2008 e il 2013, in controtendenza con il resto dei paesi europei).