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Divari di genere, un rapporto europeo racconta come sono aumentati sul lavoro e a casa durante la pandemia e come i diversi paesi hanno cercato di arginarli. E mostra quali sono le politiche su cui davvero conterebbe puntare

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Foto: Unsplash/David Lundgren

La parità di genere è uno dei valori fondanti dell’Unione europea, al centro della Strategia 2020-25 e riconosciuta dai piani di ripresa e resilienza adottati dai governi degli stati che ne fanno parte. I piani d’intervento nazionali riguardano soprattutto le differenze di genere sul mercato del lavoro, che restano marcate in alcuni paesi come l’Italia.

Tuttavia, come sottolineato dalla Gender Equality Strategy 2020-25 e dallo stesso Social Pillar europeo con il suo piano d’azione, esiste un legame molto stretto tra il mercato del lavoro e l’organizzazione della famiglia: le differenze di genere sul lavoro hanno origine nella famiglia e nelle norme sociali ancora diffuse che impongono una più o meno rigida divisione dei ruoli tra gli uomini, impegnati nel lavoro e nella carriera, e le donne, prime responsabili del lavoro domestico e di quello di cura. Interventi efficaci per le differenze di genere richiedono quindi, tra gli altri, congedi di paternità e parentali, riconoscimenti delle interruzioni per carichi di cura ai fini pensionistici, e flessibilità dell’organizzazione del lavoro.

Il rapporto da noi curato per Eurofound analizza l’impatto della pandemia di Covid-19 sulle differenze di genere a lavoro e in casa nei paesi dell'Unione europea. Il risultato generale è che la pandemia ha esacerbato le differenze di genere pre-esistenti. Se infatti, a differenza della grande recessione, in Europa l’impatto della pandemia sui tassi di occupazione, disoccupazione e sulle ore lavorate è stato più neutrale rispetto al genere, le donne con lavori meno retribuiti hanno sofferto maggiori perdite di occupazione e sono sovra-rappresentate in settori come il turismo e la ristorazione che hanno visto periodi prolungati di chiusura durante il lockdown.

Inoltre, le donne hanno continuato a occuparsi del lavoro domestico e di cura non retribuito più degli uomini, e per circa il doppio del tempo. Durante il lockdown, anche a causa della chiusura delle scuole, il tempo totale dedicato al lavoro domestico e alla cura è aumentato, ma senza comportare una redistribuzione del carico tra uomini e donne, che è rimasto inalterato in Spagna, Irlanda e Belgio, mentre è perfino aumentato in Italia.

Secondo i dati analizzati, le donne si sono dedicate ai lavori che richiedono più tempo, come cucinare, pulire e accudire, mentre gli uomini si sono dedicati a lavori che richiedono meno tempo, come piccole riparazioni, giardinaggio e accompagnamenti. Il coinvolgimento dei padri nelle attività di cura dei bambini è aumentato solo nelle famiglie in cui la madre ha continuato a lavorare in presenza. In generale, considerando il lavoro in casa e fuori casa, tra le persone occupate, le donne hanno lavorato sette ore in più degli uomini alla settimana.

Il conflitto lavoro-famiglia è aumentato soprattutto per le madri con figli piccoli, per le quali lavorare a distanza si è rivelato più difficile del previsto: in media, il 31% di esse riporta di aver avuto difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa delle responsabilità familiari. Le conseguenze si allargano oltre la sfera del lavoro e della casa: le donne hanno riportato più degli uomini situazioni sanitarie difficili, elevati livelli di depressione, la perdita di ottimismo sul futuro e sono state più esposte al rischio di povertà e di esclusione sociale.

Una parte del rapporto Eurofound si sofferma poi sull’analisi delle politiche implementate nei diversi paesi europei per far fronte all’emergenza pandemica. Sono state selezionate 44 misure con un potenziale impatto differenziato su uomini e donne nei paesi europei. Di queste, 12 sono state analizzate in dettaglio, sulla base non solo di dati e statistiche ufficiali, ma anche di interviste qualitative con almeno due esperti per ogni paese (accademici, politici, esperti di think-tanks).

La tabella seguente presenta le 12 politiche e il paese in cui ciascuna è stata implementata.

Tabella 1: Politiche (adottate nel periodo marzo 2020 – novembre 2021) con un potenziale impatto sulla parità di genere

 

Fonte: Eurofound, 2022

Quasi tutti i paesi hanno adottato politiche pubbliche per il lavoro retribuito, ma la nostra analisi enfatizza l’importanza di politiche di supporto al lavoro domestico, che da sempre grava principalmente sulle donne e che è diventato una vera emergenza durante la pandemia. In tale tipologia rientrano le misure che hanno preso in considerazione la regolarizzazione del lavoro irregolare (in Italia), la riduzione della tassazione per le donne disoccupate per più di sei mesi (in Italia), il supporto aggiuntivo per il sistema dei voucher nel settore pubblico (in Belgio), dove il 97% delle persone impiegate è donna. Rilevante in questa ottica è anche la policy introdotta dalla Germania nel periodo pandemico, che prevede detrazioni extra per i lavoratori che si occupano della cura degli anziani. 

Per far fronte alle esigenze specifiche emerse durante la pandemia, Lussemburgo e Spagna hanno introdotto nuove regole per i congedi per motivi di famiglia e per la flessibilità del lavoro. Questi interventi evidenziano la necessità, più generale, di ripensare i congedi perché siano strumento di incentivo alla condivisione tra uomini e donne. La Danimarca ha, invece, introdotto una delle poche misure rivolte direttamente alle donne, in particolare a beneficio delle lavoratrici autonome, che erano escluse dalle misure regolari.

Complementari alle politiche di genere nel lavoro retribuito e non, sono risultati essere i servizi di cura in età pre-scolare. La loro assenza ha implicato nel periodo della pandemia un peso ancora maggiore sulle donne. A questo proposito, in Irlanda sono stati introdotti nuovi sussidi per i lavoratori negli asili, una misura inusuale in un paese come l’Irlanda dove il supporto pubblico agli asili è limitato.

L’emergenza pandemica ha anche messo in evidenza in tutti i paesi (e in particolare, in maniera maggiore, in Irlanda, Repubblica Ceca e Lussemburgo), la maggiore fragilità della salute mentale delle donne, alla quale sono venute incontro politiche come quelle della Repubblica Ceca o della Polonia che si sono poste come obiettivo il miglioramento del benessere individuale.

Infine, sulla base delle analisi condotte, sono emerse alcune raccomandazioni sulle policy necessarie per raggiungere la parità tra uomini e donne.

Innanzitutto, poiché le donne lavorano part-time più frequentemente degli uomini e vanno più spesso incontro a interruzioni di carriera, per evitare che ricevano benefici non adeguati con il rischio di povertà ed esclusione sociale, i criteri di eleggibilità per i programmi di welfare dovrebbero essere estesi anche alle persone che lavorano part-time o hanno interrotto la carriera. Aspetto che diventa particolarmente importante per le madri single.

Inoltre, proprio la pandemia ha evidenziato come sia essenziale regolamentare l’organizzazione flessibile del lavoro e il lavoro a distanza, perché non diventi una nuova trappola del lavoro femminile.

Riguardo invece al congedo di paternità, se durante la pandemia alcuni governi hanno ampliato la disciplina dei congedi parentali, è emersa l’importanza che tali congedi non siano solo usufruiti dalle donne, ma ci siano incentivi sia nelle disposizioni legislative che nelle aziende, affinché anche i padri ne usufruiscano, in modo da bilanciare il carico di cura tra uomini e donne e modificare le norme sociali.

La pandemia ha, poi, messo in evidenza anche il ruolo degli asili nido di qualità accessibili per tutti, che si sono rivelati fondamentali per supportare occupazione femminile, oltre che sicurezza finanziaria e benessere delle lavoratrici. Infine, garantire il bilanciamento di genere in tutti i livelli di decisione e di policy-making è essenziale per accelerare l’introduzione di politiche più inclusive.

Riferimenti

Eurofound (2022), COVID-19 pandemic and the gender divide at work and home, Publications Office of the European Union, Luxembourg. Autori: Sanna Nivakoski (Eurofound); Ximena Calò, Letizia Mencarini and Paola Profeta (Bocconi University, Milan). 

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