Politiche

"Per una rivoluzione fiscale". In un brillante pamphlet, Landais, Piketty e Saez spiegano come ricostruire dalla base le tasse. E dicono no al quoziente familiare: penalizza le donne che lavorano, e porta il fisco a entrare in scelte personali da cui dovrebbe restare fuori. Un dibattito francese, che parla molto anche a noi

Caro Hollande, cambia
il fisco per le donne

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“Il problema al giorno d'oggi non è né quello di ridurre né quello di aumentare le tasse. Si tratta piuttosto di ricostruirle da zero, di distribuirle meglio, di renderle più semplici, eque e leggibili”. Parole sante, e assai nette, sul tema più caldo e (im)popolare della scena politica da almeno un trentennio. Non vengono da politici o da sindacalisti, ma da tre economisti, Camille Landais, Thomas Piketty e Emmanuel Saez, che hanno voluto dedicare al tema delle tasse un libro scritto da accademici ma non accademico, scientificamente solido ma non diretto alla comunità scientifica, partigiano ma non fazioso. Un testo “di intervento pubblico” (così lo definiscono gli stessi autori), che porta il titolo programmatico “Per una rivoluzione fiscale”. Colpisce positivamente, nel libro, la chiarezza del linguaggio, l'imperativo etico di coinvolgere più gente possibile nella discussione e nella decisione sulle tasse (spinto al punto da creare un sito con un simulatore accessibile a tutti degli effetti delle riforme fiscali), e l'obiettivo redistributivo: dai più ricchi ai più poveri. E colpisce ancor di più il fatto che venga fuori, cosa rara per il nostro dibattito, che i contribuenti sono di due sessi: maschile e femminile. E che la valutazione dell'impatto di genere delle normative fiscali non è un corollario o un di più, ma un elemento importante sia della critica che della ricostruzione del sistema fiscale. E' quel che gli autori fanno nel capitolo sul sistema del quoziente familiare francese – che demoliscono – e in quello su un nuovo sistema più equo che potrebbe sostituirlo. Vista la popolarità di cui il sistema francese continua a godere nel nostro dibattito pubblico (motivo per cui qui a inGenere abbiamo deciso di dedicare al tema un corposo dossier), varrà la pena di guardare più da vicino gli argomenti di Landais, Piketty, Saez - studiosi che sono ben noti al mondo della ricerca economica per i loro lavori sul tema delle diseguaglianze crescenti nei redditi e nella ricchezza.

L'obiettivo principale, come si diceva, è redistributivo: la riforma del sistema fiscale, secondo gli autori, deve spazzar via quei privilegi correttivi, regimi speciali che man mano nel tempo hanno reso ingiusto e poco conoscibile il sistema; accompagnando in questo la dinamica del mercato che ha riportato la concentrazione della ricchezza e del reddito “ai tempi della Bella Epoque”, con un ritorno alla grande dell'economia dei rentier. Strada obbligata per riportare ciascuno a pagare il giusto, secondo gli autori, è introdurre (o tornare a) un sistema di tassazione basato sull'individuo, che raggiunga però tutti i redditi e le ricchezze dell'individuo; cominciando ad esempio a portare i redditi da capitale nella tassazione personale dei redditi, e chiudendo i regimi speciali che li hanno parzialmente o totalmente esonerati. Dunque c'è un favore degli autori verso un modello di imposte sul reddito basato sull'individuo (com'è, dalla riforma del '73, quello italiano) e non sulla famiglia (com'è, con l'istituto del quoziente familiare, quello francese). Favore che si rafforza, nell'analisi del libro, quando si vanno a valutare gli effetti specifici del quoziente, sistema che prevede che le aliquote marginali si applichino non già al reddito individuale, ma “al reddito imponibile diviso per il numero di quote previsto dal quoziente familiare”. Su questo sito molti articoli (v. per esempio post di redazione, e i contributi di Paladini e D'Ippoliti)  hanno già evidenziato come e perché un sistema del genere sia in sé regressivo, agevolando fiscalmente le famiglie numerose con i redditi più alti; e perché si traduca in un disincentivo fiscale al lavoro femminile. Critiche argomentate anche nel libro, che reputa un errore mettere al centro del sistema “la famiglia fiscale”. Prima di tutto, perché “l'amministrazione fiscale deve semplicemente cessare di preoccuparsi del problema 'chi vive in coppia con chi' (…) E' giunta l'ora che il sistema fiscale manifesti una certa neutralità a riguardo delle personalissime scelte della vita di coppia” (p. 95): a chi si applica il quoziente, alle coppie sposate o anche a quelle di fatto? Alle coppie etero o anche gay? Seconda questione, non meno importante: in una coppia nella quale i due partner hanno lo stesso livello di reddito, il quoziente familiare è ininfluente; diventa importante invece in una coppia nella quale uno dei due partner guadagna meno dell'altro, poiché contribuisce a far abbassare l'aliquota del reddito più alto: in sostanza, “funziona di fatto come una macchina che favorisce le coppie non paritarie!” (p. 96). Infatti, se i due partner sono entrambi stabilmente al lavoro ma con redditi differenti, il sistema del quoziente favorisce quella con maggiori sperequazioni tra i due redditi (in questo caso, il reddito più basso “abbassa” l'aliquota del più alto). Nel caso in cui uno dei partner – di solito la donna – ha più probabilità di entrare e uscire dal mercato del lavoro, e/o di variare il suo orario, tutto ciò può risolversi in un disincentivo al lavoro femminile: per esempio, per una donna decidere di passare dal part-time al tempo pieno potrà voler dire far alzare l'aliquota marginale del partner, e dunque ci sarà un incentivo economico a restare nel part-time. Così facendo, il sistema fiscale va contro un altro obiettivo della politica economica che è a parole universalmente riconosciuto, ossia quello di incentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Poi c'è il discorso “figli”, quello che fa più presa, per ovvi motivi culturali, politici, elettorali. Il fisco deve aiutare le famiglie con figli, si dice, incolpando (nel nostro caso) il sistema fiscale anche della bassa natalità italiana. Invece: toglietevi della testa che l'alta fertilità francese sia legata al quoziente familiare, scrivono gli autori. “Il quoziente familiare rappresenta un trasferimento significativo solo per il 10% (quello più ricco, ndr) della popolazione. Come potrebbe questo 10% ripopolare da solo la Francia?” (p. 146). L'alto tasso di fertilità delle donne francesi dipende allora da altre cose, dall'insieme delle prestazioni familiari che il sistema francese riconosce per i minori. Sistema che nel suo complesso va difeso, mentre il quoziente familiare e tutti i trasferimenti a favore dei nuclei familiari adesso in vigore vanno aboliti, e rimpiazzati con un meccanismo semplicissimo: un credito d'imposta di 190 euro al mese per ciascun figlio, che di default è diviso a metà tra i due genitori (salvo scelta diversa, volontaria, della famiglia, come già succede per i genitori separati). Oggi, il sistema “prestazioni familiari più quoziente” dà benefici che crescono al crescere del reddito: si va dai 150 euro per figlio a cui ha diritto il decile più povero della popolazione agli oltre 400 di quello più ricco. Il sistema proposto dagli autori, basato solo sul credito d'imposta, spalmerebbe invece i benefici (a spesa totale invariata) verso i livelli medi e bassi, permettendo di “dare in media quasi 180 euro a figlio all'anno in più a tutti i genitori dal primo al nono decile”.

Naturalmente, queste considerazioni e calcoli valgono per il caso francese, con caratteristiche specifiche sia riguardo alla maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, che all'efficienza della macchina dell'amministrazione finanziaria e al grado di compliance fiscale. Ma, depurate dalle specificità francesi, si posso applicare pari pari alla nostra situazione – anzi, a maggior ragione quanto alle preoccupazioni sul disincentivo al lavoro femminile. Ci confermano che quello del quoziente familiare è un falso mito, che sotto buone e familistiche spoglie finisce per attuare una pesante discriminazione di censo e genere; e, soprattutto, ci dicono che un buon progetto di ricostruzione del sistema fiscale deve mettere al centro il tema dell'equità e dunque anche della parità di genere.

 

Camille Landais, Thomas Piketty, Emmanuel Suez. Per una rivoluzione fiscale. Ed. La scuola, 2011