Politiche di genere per un altro modello di sviluppo: l'attivista indiana Shubha Chacko raccoglie alcune proposte per il BRICS, il forum delle economie emergenti che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione di osservatori internazionali, investitori e società civile

Traduzione e adattamento del testo Following the Yellow BRICS road di Shubba Chacko a cura di Barbara Leda Kenny.
Cos'è il BRICS
BRICS acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa è il forum delle economie emergenti che negli ultimi anni ha attirato sempre di più l’attenzione di osservatori internazionali, investitori e società civile. Anche chi era scettico ha compreso negli ultimi anni che il BRICS andava preso sul serio non solo come accordo economico ma anche come forza con un ruolo da giocare nella trasformazione degli attuali assetti globali.
L’accordo di cooperazione copre il 40% della popolazione mondiale e il 25% delle terre, investe le aree di commercio e investimento, manifattura, energia, agricoltura, scienza, tecnologia e innovazione, finanza, connettività, ICT. Gli analisti prevedono che, entro la metà del secolo, i paesi BRICS supereranno per portata economica quelli del G7, anche grazie alla loro aumentata capacità di negoziare l’agenda internazionale, visto che tutti e cinque sono nel G20. L’emergere dei BRICS cambia lo scacchiere internazionale: senza scontri frontali sta creando un’alternativa al modello statunitense, spingendo l’Organizzazione Mondiale del Commercio (il WTO) a una ridefinizione dei suoi valori. Stanno inoltre esercitando pressione per avere sempre più peso nelle istituzioni internazionali, come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, prospettando un futuro in cui non ci sarà più solo un centro ma un “universo multipolare”
Sebbene non abbiano negoziato con una voce sola i social development goals, hanno però chiesto a gran voce il principio di universalità: ossia che tutti i paesi, e non solo i paesi in via di sviluppo, si impegnino in obiettivi comuni ma con responsabilità diverse, concetto che lascia spazio alla contestualizzazione delle responsabilità e dei ruoli, tenendo a mente la capacità diversa dei contesti di affrontare e risolvere un problema.
Contraddizioni e preoccupazioni
Molte sono le contraddizioni e le preoccupazioni sollevati dai paesi BRICS. In primo luogo la bassa istituzionalizzazione e coesione del gruppo, che è attraversato da numerose tensioni, l’incapacità di proporsi come coalizione all’interno del G20 (così come fuori). I cinque paesi sono spesso in competizione per gli stessi mercati e sono significative le differenze politiche. Quindi, allo stato attuale, è difficile dire quale sarà la reale capacità di creare un gruppo integrato sulla base di regole condivise che rafforzino i legami di cooperazione. Un’altra preoccupazione è che non sembra che i BRICS si stiano ponendo come alternativa all’ordine globale attuale, ma che stiano piuttosto cercando un loro posto al sole. I rapidi tassi di crescita di questi paesi contrastano fortemente con le condizioni di deprivazione in cui vivono ampie fasce della loro popolazione.
Il documento più importante prodotto finora dai BRICS è la Strategia di cooperazione economica (2015) che identifica come obiettivi principali: il rafforzamento dei mercati, gli investimenti, la predisposizione di un ambiente favorevole alla creazione e allo sviluppo di impresa, e una crescita economica inclusiva. Si reiterano nel documento due principi: che la tecnologia è la base dello sviluppo economico e che lo scopo della cooperazione economica è l’aumento della redditività. Tutela ambientale, disuguaglianze, povertà, empowerment delle donne, per nominare solo alcune questioni, sono completamente fuori dal discorso.
L’impatto delle politiche dei BRICS
Il modello che i paesi BRICS stanno perseguendo accetta: la globalizzazione neoliberale, una politica economica militarizzata e finanziarizzata, il declino del welfare state, la riconfigurazione del contesto geopolitico. Queste politiche, che stanno guidando lo sviluppo economico di molte delle economie emergenti del Sud, sono basate su principi androcentrici ed eurocentrici. Per la maggioranza delle persone del Sud (e anche del Nord) questo non è un modello accettabile.
Genere e BRICS
Nonostante tutti i paesi membri abbiano una storia di movimenti femministi e una crescita recente dei movimenti LGBT con un impatto sia globale che locale, il forum dei BRICS non ha un focus sul genere. Si nominano le donne solo nei programmi per gruppi vulnerabili. Il BRICS dunque vede le donne come vittime da proteggere e non come agenti attivi di sviluppo, in quest’ottica non stupisce la totale assenza di una valutazione di impatto di genere delle politiche. Ecco quindi le proposte per uno sviluppo che riconosca che non c’è solo una forma di sviluppo, e che sviluppo non è sinonimo di infrastruttura e crescita economica esponenziale, ma del riconoscimento della diversità e dei bisogni che esprime.
1) Garantire alle donne una pari rappresentanza in tutta l’architettura dei BRICS, dalla società civile ai governi, ai gruppi di lavoro, comitati e istituzioni fondate dal BRICS.
2) Stabilire misure per integrare un approccio femminista in tutto il lavoro e le strutture del BRICS.
3) Costituire un gruppo di sorveglianza di donne che abbia voce in capitolo, specialmente nella cooperazione Sud-Sud, nei trattati commerciali, negli accordi finanziari, negli interventi politici in situazioni di conflitto.
4) Sviluppare, promuovere e applicare sistemi di monitoraggio dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere.
5) Avere indicatori sulla condizione delle donne che siano parte integrante di tutti gli accordi di sviluppo del BRICS.
6) Tutti i programmi dovrebbero avere meccanismi di monitoraggio che valutino l’impatto sull’ambiente e sui diritti umani.
7) Fornire sostegno ai paesi membri per adempiere agli impegni internazionali assunti nei vari trattati e nelle risoluzioni internazionali.
8) Creare un ambiente di cooperazione che consenta alla società civile di sostenere e accompagnare i governi nelle loro politiche.
9) Creare un fronte compatto nella negoziazione dei diritti sul lavoro, specialmente delle donne, con le multinazionali.
10) Regolamentazione pubblica degli standard lavorativi per rispondere alla sfida di contrastare la competizione tra i paesi basata su lavoro con bassi salari e senza tutele.
11) Valutazione dell’impatto di genere delle macro-politiche di contrasto alla povertà: ogni programma e investimento finalizzato al contrasto della povertà deve garantire proprietà, uso e accesso delle donne alle risorse (naturali e non).
12) Rivedere i parametri e le politiche di sviluppo in un’ottica di inclusione sociale, compresa la stima del lavoro non pagato delle donne (lavoro domestico, di cura, di produzione alimentare).
13) Ricerca: il BRICS dovrebbe produrre e analizzare dati che consentano una comprensione approfondita della condizione delle donne.
14) Think tank di donne: i capi di stato devono dotarsi di think tank di donne che sappiano ripensare il paradigma dello sviluppo e identificare le nuove leve per la crescita.
Riferimenti
Carey R., Xiaoyun L., The BRICS and the International developement system: challenge and convergence? IDS Policy Briefing, 2014
Merlo J., The role of the BRICS in changing global governance: a case study of the post-2015 developement negotiations, 2015
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