Dati

Le donne in Cina sono istruite, focalizzate sulla carriera, e fra quelle che a livello globale ricoprono le percentuali più alte di posizioni manageriali. Per arginare l'invecchiamento esponenziale della popolazione, il governo le vorrebbe invece relegate ai ruoli tradizionali di cura e obbedienza a padri, mariti e figli

Nella morsa 
del paradosso

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Nella morsa del paradosso
Credits Unsplash/Gabrielle Henderson

Il sorpasso dell'India sulla Cina pare sia già avvenuto a metà del 2023, quando – con 1.429 miliardi di abitanti – la popolazione indiana ha superato quella cinese, come attestano le Nazioni Unite. 

Un dato confermato anche dal Report sullo stato della popolazione 2023 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (United Nations Population Fund, Unfpa) e dal World Population Review (Wpr), che per l'anno in corso prevede un sorpasso più significativo. Fino al 2022 la Cina era il paese più popoloso del mondo.

Figura1. Trend nella popolazione totale di Cina e India, stime per il periodo 1970-2022 e proiezioni per il periodo 2023-2100. Figura2. I cinque paesi più popolosi, stime per il 1970 e proiezioni per il 2023 e il 2050

Popolazione Cina e India
Fonte: Nazioni Unite, Dipartimento per gli affari economici e sociali, Divisione popolazione (2022)

Per la prima volta dalla grande carestia del 1959-1961, a partire dal 2022 in Cina la popolazione ha invertito il suo trend di costante crescita. A causa delle mutevoli condizioni nell'ambiente lavorativo e sociale del popolo cinese, si è registrato un calo nel numero di abitanti, confermando quest'inversione di rotta anche nel 2023, con un ulteriore decremento della popolazione: -0.15%, rispetto allo -0.06% dell'anno precedente.

Crescita della popolazione in Cina dal 2000 al 2023

Crescita popolazione Cina
Fonte: Statista.com (2024)

Il cambiamento demografico in corso sembra inarrestabile, nonostante le pressioni di Pechino per convincere le famiglie ad avere più figli. La politica del figlio unico era stata abolita nel 2016 e sostituita con un limite di due figli, successivamente innalzato a tre nel 2021.

Per contro, si prevede che la popolazione indiana continuerà a crescere per vari decenni fino a raggiungere 1.670 miliardi nel 2050, superando di oltre 350 milioni quella cinese, che proseguirà nel suo declino. 

Le proiezioni più a lungo termine rilevano infatti che l'India avrà guadagnato 249 milioni di abitanti nel 2070 (pari al 15,6% della popolazione mondiale), vale a dire quasi un terzo in più rispetto alla Cina, che avrà invece perso 181 milioni di abitanti (pari al 12% della popolazione mondiale).  

Il mutato rapporto fra i due giganti asiatici ha allarmato la dirigenza cinese, anche se il peso demografico non è l'unico fattore che determina la potenza di un paese. 

Gli studi economici mettono in evidenza il valore dell'istruzione e delle competenze di qualsiasi forza lavoro come leve centrali della crescita, la capacità di mobilitare l'intera popolazione in età lavorativa, di investire in ricerca e sviluppo, di favorire l'innovazione. 

Ed è proprio la storia della Cina a ricordarci come una popolazione numerosa non rappresenti da sola un potenziale indicatore di sviluppo. 

Dong Tao, vicepresidente per la Grande Cina presso Credit Suisse Private Banking Asia Pacific ed esperto nell'analisi dell'economia cinese, sottolinea come l'elevata crescita demografica registrata dal paese negli anni Cinquanta e Settanta non si sia trasformata in successo economico finché Deng Xiaoping non ha promosso riforme e aperture economiche. 

Quelle politiche favorevoli al mercato, contestualmente al boom delle infrastrutture, hanno convertito il fattore lavoro in un trionfo dell'economia cinese, non solo della popolazione.

Ciò che in realtà preoccupa la Cina è l'invecchiamento della sua popolazione. Un fenomeno di enorme impatto, che sta modificando profondamente la struttura demografica del paese. 

Recenti analisi statistiche rilevano come, nel corso dell'ultimo decennio (2013-2023), in Cina la piramide delle età si sia gradualmente spostata verso i gruppi demografici più anziani. 

Incide il basso tasso di natalità: dal 2012 la fascia d'età 0-14 anni si è attestata attorno al 17%, mentre quella delle persone pensionate di età pari o superiore a 65 anni ha registrato una crescita di quasi sei punti percentuali, raggiungendo alla fine del decennio il 15,4%. 

In calo, invece, la popolazione cinese in età lavorativa (15-64 anni), con un divario di 5,6 punti percentuali (dal 73,9 al 68,3%).  Pertanto, l'età media della popolazione cinese è in costante aumento, e si prevede che raggiungerà i 50 anni entro il 2050. I segni dell'invecchiamento della popolazione sono evidenti.  

Distribuzione delle età in Cina dal 2013 al 2023

Distribuzione età in Cina
Fonte: Statista.com (2024)

Per gli economisti cinesi Fang Cai e Yang Lu, dal 2010 la Cina è gradualmente passata dal dividendo demografico a un periodo di invecchiamento e di crescita demografica negativa. 

Nel primo periodo di riforme e aperture economiche (1981-2010), il tasso di crescita potenziale della Cina corrispondeva al 10%, calando mediamente al 6,65% nel periodo 2016-2020 a causa della riduzione del dividendo demografico. Dal 2021 si è trasformato in un "debito demografico", che continuerà a peggiorare fino al 2050. 

Sul piano economico, questo dato si traduce in una diminuzione dell'offerta di lavoro, nell'indebolimento della domanda di consumo, nel calo del risparmio delle famiglie e nella crescita della spesa per la sicurezza sociale.

Per la Cina, la sfida più complessa legata all'invecchiamento demografico è quella rappresentata dalla spesa pensionistica pubblica, che rappresenta già più del 5% del Prodotto interno lordo. 

Uno studio recente della Chinese Academy of Social Sciences ha evidenziato che il fondo pensionistico potrebbe esaurirsi entro il 2035, se non verranno prese serie contromisure. 

Per questa ragione, il governo cinese sta pensando a una riforma che preveda l'innalzamento dell'età pensionabile. Attualmente è tra le più basse al mondo (60 anni per gli uomini, 55 per le impiegate e 50 per le operaie), oltre a non essere più in linea con l'andamento economico e demografico del gigante asiatico.

L'invecchiamento della popolazione rappresenta un problema in termini di competitività con altri paesi: la progressiva perdita di popolazione in età lavorativa ha effetti sul mercato del lavoro e sullo sviluppo economico. 

In questa prospettiva, la popolazione indiana, oltre metà della quale ha meno di trent'anni, potrebbe diventare un fattore di concorrenza con la Cina. La presenza di una forza lavoro giovane, più propensa a investire in formazione, capacità e competenze, attrae le imprese e favorisce gli investimenti stranieri, con opportunità di lavoro e di crescita dell'economia nazionale. 

Certamente, il potenziale di crescita di un paese richiede la presenza di altri fattori importanti – come stabilità interna e sviluppo sostenibile. Da questa prospettiva, l'India, caratterizzata da degrado ambientale e forti tensioni interne, ha davanti a sé grandi sfide, se vuole diventare una potenza globale.  

L'invecchiamento della popolazione cinese è correlato a un'aspettativa di vita più lunga e al calo dei tassi di natalità. L'età mediana della popolazione cinese è oggi di 39 anni (2024), mentre quella europea è di 42 anni (2024). La prima dovrebbe salire a 55 anni nel 2070, superando la seconda (che raggiungerà i 49 anni entro la stessa data). 

In Cina, la speranza di vita è ormai giunta a 79 anni, superando quella degli Stati Uniti. Mentre il tasso di natalità, cioè il numero di nascite ogni 1.000 persone, è sceso a 6,39 nel 2023, toccando il livello più basso almeno dal 1978.

L'allentamento graduale delle rigide misure di controllo delle nascite non ha soddisfatto le aspettative sulla natalità delle autorità centrali del partito comunista cinese. 

È evidente che i fattori che condizionano il numero delle nascite non si limitano alle politiche demografiche messe in atto. 

In Cina, come in altri paesi sviluppati, il grado di modernizzazione del paese, l'urbanizzazione, l'aumento dei livelli d'istruzione, la nascita di una classe media, il cambiamento degli stili di vita, pesano sulla scelta di avere figli. Un fattore particolarmente rilevante in questo senso è il fatto che le donne in età fertile diano oggi priorità alla carriera o all'istruzione. 

Una recente indagine a livello nazionale rileva che, tra il 2010 e il 2020, la percentuale di donne senza figli è aumentata in tutte le classi d'età. L'analisi per singoli gruppi d'età mostra invece che, nello stesso periodo, la percentuale di donne dai venti ai trent'anni senza figli è aumentata di oltre dieci punti percentuali. 

La stessa percentuale è aumentata dal 5,39% al 10,91% nelle donne di 35 anni, dal 2,66 % al 7,85% nelle donne di 40 anni, dall'1,55% al 5,86% in quelle di 45 anni, e dall'1,29% al 5,16% nelle donne di 49 anni. L'incremento della percentuale tra le fasce d'età più basse riflette in parte il rinvio del parto, mentre nelle fasce d'età più elevate indica la crescente possibilità di una permanente assenza di figli.

Percentuale di donne senza figli dal 2010 al 2020

Proporzione donne senza figli
Fonte: Quanbao Jiang, Cuiling Zhang, Yaer Zhuang, Yu Jiang, Xuying Zhang, Rising trend of childlessness in China: analysis of social and regional disparities with 2010 and 2020 census data, BMJ Open (2023)

Altre ricerche condotte nel 2017, nel 2019 e nel 2021 hanno rilevato che la percentuale di donne nate dopo il 1990 e non intenzionate ad avere figli era rispettivamente del 4,9%, 4,5% e 9,5%. 

Cresce dunque il numero di donne senza figli per scelta. Si tratta principalmente di donne che hanno oltrepassato i 27 anni, che privilegiano altri aspetti della vita, che sono istruite e in carriera. In Cina vengono definite "donne di scarto" (shengnu), un'espressione della misoginia socialmente radicata e istituzionalizzata, tanto che il Ministero dell'Istruzione cinese ha deciso di inserire questo termine nel lessico ufficiale.

In Cina oggi si studia e si lavora di più, ci si sposa più tardi o non ci si sposa affatto. Come ricorda Patrizia Farina su neodemos, fra il 2010 e il 2020 le coppie tra i 30 e i 35 anni che si sono sposate sono aumentate (passando dall'11 al 19%), mentre fra il 2013 e il 2022 il numero di matrimoni si è dimezzato. 

Le ultime statistiche del Ministero degli Affari civili mostrano che il numero di registrazioni di matrimoni in Cina ha toccato nel 2022 il minimo storico: solo 6,83 milioni di coppie hanno registrato il loro matrimonio, la cifra più bassa dal 1985.

Registrazione dei matrimoni in Cina (in milioni)

Registrazione matrimoni in Cina
Fonte: Ufficio nazionale di statistica della Cina, Ministero degli Affari civili

Tra le varie cause dietro la scelta di ritardare il matrimonio o di non sposarsi ci sono l'alto livello di disoccupazione giovanile, che a fine aprile 2024 ha raggiunto il 20,4% tra le persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni, e la crescita esponenziale dei prezzi delle proprietà immobiliari. 

L'urbanizzazione dei centri abitati spinge molte persone a trasferirsi dalle campagne alle città per cercare più agevolmente opportunità di lavoro. Tuttavia, con la migrazione verso le città cala la disponibilità di alloggi a costi accessibili, soprattutto per le coppie giovani, che finiscono per avere serie difficoltà a mantenersi e quindi anche a mantenere eventuali figli o figlie.

Del resto, il rinvio a età più avanzate del matrimonio e della procreazione, l'aumento del nubilato e del celibato e l'assenza totale di figli o figlie sono fenomeni strutturali, di lungo periodo e comuni non solo all'Occidente, ma anche ad altri paesi dell'Asia orientale

Secondo lo studio di Tomáš Sobotka del Vienna Institute of Demography già citato da Mara Gasbarrone in un precedente articolo, i tassi di fecondità in calo in molti paesi sviluppati hanno raggiunto i picchi più bassi nei paesi dell'Asia orientale, con economie in forte crescita e grandi cambiamenti della società. 

Tra le ragioni che compromettono le scelte riproduttive, l'autrice segnala la precarietà lavorativa tra le persone giovani e la rivoluzione incompiuta nel raggiungimento della parità dei sessi – che è causa della persistenza di stereotipi sessuali "particolarmente difficili da scalfire nelle società asiatiche", sempre più ipermoderne ma ancora profondamente legate a modelli patriarcali.

La bassa nuzialità, o almeno il rinvio del matrimonio a un'età più matura, così come la scelta di ritardare o di escludere la natalità dal proprio progetto di vita, si radica anche nel profondo mutamento delle aspettative delle donne che, come è già stato sottolineato, sono sempre più orientate a costruirsi una vita autonoma attraverso lo studio e il lavoro.

Nel 2021, le donne laureate che avevano intrapreso corsi di studio universitari a livello più avanzato erano il 51,5% del numero totale delle persone iscritte a stage di formazione post laurea, con un incremento di 0,6 punti percentuali rispetto al 2020. Una quota superiore a quella maschile. 

Inoltre, il tasso di partecipazione delle donne cinesi alla forza lavoro (arrivato al 45,1% nel 2023) si colloca al di sopra della media mondiale, ed è anche più alto di quello di alcuni paesi sviluppati. 

La Cina ha un'elevata presenza di donne top manager nelle imprese (38%) – dato inferiore solo alla Russia, paese leader con il 47%. Nelle posizioni successive della classifica ci sono i paesi europei (la Francia, con il 31%, e la Germania con il 17%), mentre il Giappone si colloca sul gradino più basso (7%).   

Uno studio del U.S. Bureau of Labor Statistics evidenzia come, negli ultimi decenni, il coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro sia cambiato a livello globale. 

L'analisi della forza lavoro femminile per caratteristiche occupazionali ed etnia indica che nel 2021 le donne asiatiche e bianche avevano maggiori probabilità di ricoprire ruoli manageriali, professionali e posizioni correlate più retribuite (56,7% e 47,7%, rispettivamente) rispetto alle donne nere e ispaniche (39,6% e 29,9%, rispettivamente). Le donne ispaniche e nere avevano maggiori probabilità di lavorare nei settori dei servizi meno retribuiti (rispettivamente 29,7% e 25,0%) rispetto alle donne bianche e asiatiche (rispettivamente 18,6% e 18,5%).

Tuttavia, alla crescita dei livelli d'istruzione e di occupazione qualificata delle donne asiatiche non sono corrisposte adeguate politiche di conciliazione tra famiglia, lavoro e servizi per l'infanzia. Li Qiang, vicepresidente del portale online di reclutamento Zhaopin, sostiene che le donne cinesi devono ancora affrontare sfide legate all'equilibrio tra lavoro e vita privata (work-life balance) e accontentarsi di stipendi medi inferiori a quelli maschili, principalmente per via della sottovalutazione delle capacità delle donne e delle minori aspettative riguardo alle loro prestazioni lavorative. 

Da tener presente, infine, il fatto che in Cina la disastrosa politica del figlio unico, attuata a partire dal 1979, ha prodotto un eccezionale squilibrio fra nascite maschili e nascite femminili, consolidando via via una permanente disparità nelle classi d'età successive.

Maschi per 100 femmine nelle classi di età indicate in Cina (2015-2021)

Maschi per 100 femmine
Fonte: Ufficio nazionale di statistica della Cina (2023)

L'eccedenza di giovani uomini rappresenta un rischio per il paese. Le stime ufficiali del 2022 indicano che il rapporto tra i giovani adulti in età da matrimonio (20-24 anni) è in ragione di circa 113,5 maschi ogni 100 femmine. Nel 2023, in Cina c'erano 31 milioni di uomini in più rispetto alle donne.

Popolazione in Cina dal 2013 al 2023, per genere (in milioni di abitanti)

Popolazione in Cina
Fonte: Statista.com (2024)

Lo squilibrio dei sessi alla nascita è dovuto alla preferenza dei figli maschi, particolarmente evidente nelle zone rurali, dove il retaggio del sistema patrilineare fa sì che siano ancora diffusi gli aborti selettivi. Alcuni degli effetti a catena di questo squilibrio sono la sovrarappresentazione maschile in specifici settori del mercato del lavoro e l'aumento della criminalità nel paese.

Come affronterà la Cina la transizione demografica nei prossimi anni? 

Pur avendo introdotto, nel 2023, diversi incentivi per fronteggiare la denatalità (estensione del limite massimo del periodo dei congedi parentali indennizzabili, sussidi monetari, coperture assicurative per i trattamenti di fertilità), i risultati sono al momento deludenti. 

Sebbene negli ultimi vent'anni il governo cinese abbia elaborato una serie di programmi (fra cui il Programma quinquennale di sviluppo delle donne e il Programma decennale di sviluppo delle donne) incentrati sul raggiungimento della parità di ruolo delle donne nella società, le cinesi vivono tuttora discriminazioni di genere a vari livelli. 

E, contrariamente a quanto sostenuto a marzo 2024 dalla rappresentante cinese alla sessantottesima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne (CSW68), ci sono segnali evidenti che spingono in direzione di un progressivo deterioramento della posizione delle donne nella società.

Se, tradizionalmente, il Congresso quinquennale delle donne del Partito comunista cinese era aperto da un richiamo al duplice protagonismo femminile nella famiglia e nella società, all'ultimo congresso, che si è tenuto a Pechino alla fine di ottobre del 2023, i leader del partito presenti (solo uomini) hanno spiegato alle donne qual era la loro missione: sposarsi, procreare e dare priorità alla famiglia tradizionale. 

Il ritorno delle donne alla vita domestica appare dunque come la soluzione presentata dal partito per contrastare l'inverno demografico. 

Il pensiero confuciano, riformulato tenuto conto delle priorità della Cina moderna, è la dottrina sociale che sta dietro a questa volontà di ripensare il ruolo delle donne in modo regressivo. Al di là del richiamo ai valori dell'amicizia, della solidarietà e della pietas filiale, considerati ingredienti essenziali per lo sviluppo armonico della società, sotto la veste del rilancio di un diverso corso di sviluppo consono alle sfide future del paese, viene riproposta la struttura patriarcale, radicata nei valori confuciani, incentrata sulle "tre obbedienze" – che imponevano la subordinazione della donna al rispetto al padre, poi al marito e infine ai figli maschi.

Riuscirà il governo cinese nel suo intento di contrastare la crisi demografica nazionale tramite il ritorno delle donne ai loro ruoli domestici? 

Sinceramente appare improbabile. 

Come sostiene Dudley L. Posto Jr., professore di sociologia alla Texas A&M University, "la maggior parte della riduzione della fertilità in Cina, soprattutto a partire dagli anni '90, è stata volontaria e più il risultato della modernizzazione del paese che di politiche di controllo della fertilità". 

Difficilmente il problema della crisi demografica sarà risolto chiedendo alle donne di ritornare a esercitare i vecchi ruoli ancillari. 

Le giovani cinesi chiedono piuttosto sostegno ai redditi, servizi di assistenza e cura all'infanzia, superamento di tutte le asimmetrie di genere: in casa e nel lavoro. 

Come afferma Yaqiu Wang, direttrice della ricerca per Hong Kong, Cina e Taiwan presso Freedom House, le donne, allarmate dalla preoccupante tendenza a volerle relegare di nuovo a ruoli marginali, stanno reagendo: "molte donne in Cina sono emancipate e unite nella lotta contro la doppia repressione in atto: quella del governo autoritario e quella della società patriarcale".

Nota

Si ringraziano Mara Gasbarrone e Paola Villa per i preziosi elementi che hanno fornito utili alla stesura di questo articolo.