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La Nigeria bandisce le mutilazioni genitali femminili

foto Flickr/World Bank Photo Collection

La Nigeria bandisce le mutilazioni genitali femminili vietandole con un disegno di legge, incluso nell'ambito della violenza contro le persone, che è stato approvato in Senato il 5 maggio e recentemente convertito in legge. Sono più di 100 milioni nel mondo, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le donne che hanno subito mutilazioni genitali, circa 3 milioni le bambine a rischio ogni anno in Africa, uno degli stati più coinvolti da questa pratica insieme a Medio Oriente e alcune regioni dell'Asia e dell'America Latina.

Ma quella delle mutilazioni genitali femminili è una questione che riguarda anche l'Europa: il parlamento europeo ha stimato che sono circa 500 mila le donne e le bambine coinvolte che vivono sul territorio europeo, altre 180 mila sono a rischio ogni anno. Le conseguenze sono forti non solo in termini sociali ma prima ancora di salute: emorragie, infezioni batteriche, ferite aperte, e, a lungo termine, anche infertilità, complicazioni del parto e infezioni ricorrenti.

Con una legge che criminalizza questa pratica la Nigeria, dove si stima che a subirla sia il 25 per cento delle ragazze e delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni, compie quindi un passo storico per auspicarne la completa eliminazione. Con l'hashtag #VAPPBill (dal nome della legge in questione: Violence Against Persons Proibition Bill) su twitter si susseguono entusiasti i post a sostegno del provvedimento preso dal presidente uscente, Goodluck Jonathan.

Ma il cambiamento non avverrà dal giorno alla notte mette in guardia Stella Mukasa, direttore di genere, violenza e diritti presso il Centro Internazionale per la Ricerca sulle Donne che ha sede a Washington, che dalle pagine del Guardian dichiara:"È fondamentale lo sforzo per cambiare la visione tradizionale culturale che è alla base della violenza contro le donne. Solo allora questa pratica dannosa potrà essere eliminata". "L'istruzione è fondamentale, e deve lavorare in collaborazione con sistemi scolastici" continua Mukasa, e poi, la ricerca. "Produrre nuove prove è cruciale nel rafforzare le risorse per attuare le disposizioni legislative, fornire i servizi sanitari e di assistenza sociale, e incoraggiare le comunità ad allontanarsi da norme sociali che sostengono la violenza" spiega Mukasa, che rcorda come a vent'anni dalla dichiarazione di Pechino "dare priorità ai diritti e al benessere delle donne e delle ragazze è attesa da tempo. Violare il loro diritto a una vita sicura e produttiva non solo ha un profondo effetto su di loro, ha un impatto su ciascuno di noi." Leggi tutto il commento sul Guardian.