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Persone. Le donne che fanno ricerca nel settore delle scienze ambientali sono ancora troppo poche, e le loro storie quasi del tutto sconosciute, ma qualcosa sta cambiando. Ne parliamo con Mirella Orsi, autrice insieme a Sergio Ferraris del libro Prime. Dieci scienziate per l'ambiente, in arrivo a settembre

Scienziate
dell'ambiente

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Foto: Unsplash/Maros Misove

Negli ultimi decenni sono stati fatti passi significativi nella valorizzazione del ruolo delle donne e del loro contributo alla ricerca, ma la strada verso la parità è ancora lunga e piena di sfide, e questo non fa eccezione nelle scienze ambientali, un settore sempre più importante e strategico per i tempi che stiamo vivendo. Ne abbiamo parlato con Mirella Orsilaureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche, vicepresidente dell’associazione Donne e Scienza e coordinatrice Between Science & Society HUB dell’Italian Institute for the Future (IIF), che nel tempo è diventata una divulgatrice scientifica occupandosi di scienza e comunicazione nel Regno Unito e in Italia, con servizi usciti su Le Scienze, la Repubblica, Science Nutshell, Il Bo Live, Science Cafè e OggiScienza; progetti interdisciplinari per favorire la diffusione della conoscenza scientifica e l’eliminazione delle disparità di genere in campo scientifico e sociale; e lezioni di giornalismo scientifico in corsi di formazione per giovani promossi dall’Unione Europea.

Oggi Mirella Orsi fa parte dell’Association of British Science Writers (ABSW) e dell’European Platform of Women Scientists (EPWS). "Lavoriamo ancora per raggiungere la parità", afferma sottolineando l'importanza di rimanere consapevoli degli ostacoli che le donne devono ancora superare nel settore scientifico. Nonostante ci sia stato un innegabile ampliamento del dibattito su donne e scienza nelle scuole, nei testi scolastici le donne sono ancora sotto rappresentate: le scienziate continuano a essere poco presenti, e rimangono pressoché assenti le figure delle divulgatrici scientifiche. "Valorizzare l'apporto delle donne all'ambito scientifico è essenziale", continua Orsi, "soprattutto per ispirare e motivare le giovani generazioni. Ma per catturare l'interesse di un pubblico più vasto occorre adottare linguaggi e modalità di comunicazione innovative".

Orsi ha deciso di sfidare il cliché del laboratorio scientifico come ambiente esclusivamente maschile: "l'amore per la scienza non ha nulla a che vedere con il genere; la ricerca scientifica è un'attività guidata dalla passione per la scoperta e dalla sete di comprensione del mondo, indipendentemente dal sesso biologico di chi la pratica". Tuttavia, i dati Unesco sulle donne nelle Stem (acronimo inglese per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) rivelano ancora una dolorosa disparità di genere: solo il 30% delle persone coinvolte nella ricerca scientifica a livello mondiale sono donne, e meno di un terzo delle studentesse sceglie di studiare materie scientifiche all'università.

Ma i dati costituiscono soltanto una parte di un quadro che, come ci spiega Orsi, per le scienze ambientali è ancora più parziale: infatti, mancano informazioni che sarebbero invece fondamentali per ricostruire un quadro completo, che rimane sfocato. Sebbene la parità effettiva sia ancora lontana, in alcune parti del mondo, come gli Stati Uniti, la presenza femminile nella ricerca ambientale raggiunge il 38,3%, ma a livello globale sono donne solo il 12% delle persone specializzate in questo campo, e meno dell'1% proviene dall'Africa, il continente colpito più duramente dai cambiamenti climatici.

In effetti, per come stanno le cose, "sembra che venga ignorato il fatto che siano proprio le donne a subire in maniera preponderante l'effetto dei cambiamenti climatici", sottolinea Orsi. Tra le scienziate ambientali maggiormente impegnate a livello globale per includere la prospettiva delle donne delle zone rurali nella ricerca, emerge in particolare il contributo di Susan Chombascienziata, direttrice di Vital landscapes for Africa presso il World resources institute (Wri), alla guida di 100 persone per la gestione di foreste, sistemi alimentari e popolazioni e per il ripristino dei paesaggi forestali.

In maniera speculare, continua Orsi, "il modo in cui si parla del clima nel mondo è ancora declinato principalmente dal punto di vista maschile": mentre i ricercatori ambientali si concentrano perlopiù sulla ricerca di fonti di energia rinnovabili per sostituire i combustibili fossili come petrolio e gas, da ricerche come quelle di Chomba emerge come non si presti abbastanza attenzione alle centinaia di milioni di donne in tutto il mondo che bruciano legna per compiti quotidiani come cucinare.

"Integrare le prospettive delle donne, in particolare di quelle che vivono nelle zone rurali", spiega Orsi "garantirebbe soluzioni più complete per affrontare l'emergenza climatica".

C'è però una buona notizia, legata al fatto stesso che oggi ci sia una donna africana come Susan Chomba a ricoprire una posizione così delicata e cruciale per il suo peso nella lotta ai cambiamenti climatici: nel rendere la conoscenza scientifica più inclusiva, il sapere delle donne rilevante e l'informazione scientifica accessibile sono fondamentali contributi come il suo, insieme a quello di altre donne attive nelle scienze ambientali.

Come quello delle climatologhe Katharine Hayhoe  autrice di più di 120 articoli di ricerca, nominata "Champions of the earth" dell'Onu nel 2019, considerata a oggi una delle principali esperte e comunicatrici della crisi climatica – e Kimberly Miner, che tramite l'Arctic methane project esamina l'impatto dei cambiamenti climatici nell'Artico.

Se la scienza è così rilevante per la nostra quotidianità, c'è l'urgenza di capire perché esiste ancora un gap comunicativo. "La disinformazione ha minato la fiducia delle persone nella scienza, generando diffidenza”, spiega Orsi. "Per affrontare le grandi sfide che ci attendono, come i cambiamenti climatici, è essenziale investire nella comunicazione e nella divulgazione scientifica di alta qualità".

In quest'ottica, Orsi ha condiviso con entusiasmo il suo progetto più recente, Prime. Dieci scienziate per l'ambiente, libro di cui è curatrice insieme al collega Sergio Ferraris, in uscita a settembre per Codice Edizioni. Il volume raccoglie dieci storie di scienziate che hanno rivoluzionato il campo delle scienze ambientali con scoperte pionieristiche: dalla botanica alla zoologia, passando per la climatologia e la primatologia. Una panoramica affascinante del contributo delle donne alle scienze ambientali.

La storia poco conosciuta, ma emblematica, della scienziata e attivista Eunice Newton Foote, o le vite avventurose della zoologa Dian Fossey e della oceanografa Sylvia Earle sono solo alcune delle ancora così poco conosciute biografie presenti nel libro.

"Prime. Dieci scienziate per l'ambiente è stato concepito con la consapevolezza che la storia della scienza al femminile appartiene e dovrebbe interessare tutte le persone" racconta Orsi. "È un libro che offre spunti di riflessione e di ispirazione per lettori e lettrici di tutte le età, e rappresenta un passo significativo verso una maggiore valorizzazione delle donne nel progresso scientifico".

Nonostante le innegabili sfide, continua Orsi "la strada verso una piena valorizzazione delle donne nel progresso scientifico è entusiasmante e promettente. L'inclusione delle donne nella scienza è un vantaggio per l'intera società, in quanto il loro talento e la loro competenza possono contribuire a un futuro più sostenibile e innovativo".

Grazie alla passione e all'impegno di divulgatrici scientifiche come Mirella Orsi, la conoscenza scientifica fa un ulteriore passo verso il suo essere maggiormente accessibile e coinvolgente, aprendo le porte a una società più consapevole e informata.

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