Un nuovo report conferma che in Italia il potere è ancora saldamente nelle mani dei maschi: dalla politica ai vertici di aziende, quotidiani e università. C'è ancora molto da fare per raggiungere la parità, e il punto di partenza devono essere i dati
Sesso è
potere

In Italia, le donne con ruoli dirigenziali nei settori più influenti della nostra società, nell'economia, nella politica e nei media sono ancora troppo poche. Lo conferma l'edizione 2025 del report Sesso è potere, che mostra come nel nostro paese il potere sia ancora stabilmente in mano agli uomini.
Realizzato dalle associazioni onData e info.nodes, il report esamina ogni anno le diverse opportunità di accesso ai ruoli di comando nelle organizzazioni pubbliche e private per uomini e donne, allo scopo di sensibilizzare opinione pubblica, istituzioni e media, e incoraggiare azioni concrete.
Come esplicitato nel titolo, la variabile di riferimento è il sesso e non il genere, perché "non ci sono abbastanza dati nemmeno su questo fronte: indagare la specificità del genere vorrebbe dire avere la possibilità di fare un'inchiesta interpellando ciascuna persona nelle posizioni di potere e chiedere quale sia il genere in cui si riconosce" si legge nell'introduzione.
Sesso è potere si basa su dati accessibili online e resi pubblici da governo, parlamento, amministrazioni regionali, società quotate in borsa, ambasciate, gruppi bancari, atenei, enti di ricerca, autorità indipendenti, testate giornalistiche e agenzie di stampa, ed è il risultato del lavoro collettivo del team di ricerca delle due associazioni, che ha dovuto integrare e, spesso, ricomporre le informazioni disponibili: i dati diffusi da enti e istituzioni, infatti, non sempre sono aggiornati e adeguati dal punto di vista qualitativo.
"Niente di tutto quello che viene riportato nell'indagine è disponibile altrove, perché osservare le disparità di potere nella nostra società è una precisa volontà di ‘contare’" scrive Donata Columbro, giornalista e attivista di onData, nell'introduzione al rapporto, che indaga le dimensioni del potere politico, economico, mediatico e nella società, analizzando chi lo detiene ed è in grado di esercitarlo in Italia.
Rispetto alle edizioni precedenti, la risposta rimane invariata: viviamo ancora in una società dove il potere è coniugato al maschile. Su un totale di 128.093 posizioni di potere analizzate nel rapporto, è occupato da uomini il 65%.
Andando più nello specifico, dall'analisi sul potere politico emerge che sono soprattutto gli uomini a governare e amministrare il paese: a livello comunale, solo nel 15,4% dei casi è stata eletta una sindaca, e la presenza di donne è scarsa anche nelle giunte regionali. Qui, ricopre ruoli elettivi in presidenze, giunte e consigli appena il 25,2% di donne, mentre sono solo due le donne presidenti di regione (in Umbria e Sardegna).
Risalendo i vertici del potere politico, nonostante alla Presidenza del Consiglio ci sia una donna, Giorgia Meloni, l’attuale governo è composto prevalentemente da uomini: su 24 Ministeri, 18 sono presieduti da uomini e solo 6 da donne. Non va meglio alla Camera e al Senato, dove le donne ricoprono il 33% e il 36,6% dei seggi, rispettivamente, né tantomeno nei ruoli di potere fuori dai confini nazionali: delle 177 ambasciate italiane nel mondo, soltanto 24 sono guidate da donne.
Passando alla dimensione economica del potere, anche quest'anno, come nelle precedenti edizioni, il report ha analizzato le società controllate o partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), per avere una visione d'insieme sulla presenza delle donne in posizioni apicali.
Su 34 società controllate o partecipate dal Mef, sono 6 le donne che ricoprono un ruolo direttivo apicale (amministratrice delegata o Chief Exectuvive Officer, CEO), mentre nelle prime 50 aziende per capitalizzazione quotate alla borsa di Milano le CEO donne sono solamente due.
Nel settore mediatico, il quadro è ancora peggiore: solo 3 dei 50 quotidiani nazionali presi in esame nel report è diretto da una donna. Un dato ancora più critico se messo in relazione con il fatto che le donne che lavorano come giornaliste professioniste in Italia sono il 42% del totale, raggiungendo il 54% nella fascia d'età sotto i 40 anni (dati dell'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani).
Quello del giornalismo, del resto, è un settore ancora caratterizzato da profonde disparità di genere a livello salariale e da molestie e abusi, come ha messo in luce una recente inchiesta. Non stupisce dunque il dato che vede la direzione dei principali telegiornali totalmente affidata agli uomini.
Anche nella direzione di enti di ricerca pubblici e università, la strada verso la parità è ancora lunga: su 85 atenei italiani presi in considerazione nel report, solo il 20% ha una rettrice donna, ed è bassa anche la percentuale degli enti di ricerca pubblici guidati da una donna, che sono infatti solo il 21,4% di quelli analizzati.
Anche in questo caso, i dati appaiono ancor più preoccupanti a fronte del fatto che in Italia sono quasi esclusivamente le donne a lavorare come insegnanti nelle scuole, e che, in media, le ragazze si laureano prima e con voti più alti rispetto ai maschi.
Se, da un lato, il report permette dunque di constatare come non ci siano stati cambiamenti significativi rispetto alla distribuzione del potere fra uomini e donne in Italia, dall'altro, dimostra chiaramente l'importanza di avere dati aperti, accessibili e aggiornati per prendere coscienza delle disparità e avviare processi concreti per correggerle.