Politiche

Da poco più di un mese l'Italia ha una Strategia nazionale per la parità di genere da mettere in atto tra il 2021 e il 2026, eppure nessuno ne parla. Tra obiettivi di ripresa e raccomandazioni europee, Paola Villa rintraccia la genesi di un documento che richiede la giusta attenzione

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Foto: Unsplash/ Vlado Paunovic

Il 5 agosto 2021 la ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti ha presentato al Consiglio dei ministri il documento intitolato Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. La predisposizione di una strategia nazionale per la parità di genere si inserisce tra gli interventi previsti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sottoposto dal governo italiano alla Commissione il 5 maggio 2021, e approvato dal Consiglio dell’Ecofin del 13 luglio 2021. È interessante ricostruire la genesi del documento e il rapporto che ha con il Pnrr, che dà un peso rilevante agli obbiettivi di parità di genere, come dimostra l'articolo di Germana Di Domenico e Aline Pennisi che abbiamo pubblicato.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza[1] ricorda, a pagina 25, che il regolamento del Dispositivo per la ripresa e resilienza (Rrf) – il principale strumento del programma Next generation Eu (NgEu) – richiede di spiegare come il piano contribuisca ad affrontare in modo efficace le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese (Country specific recommendations, Csr)[2] del 2019 e del 2020.[3] 

Nel 2020, tra le quattro Csr per l’Italia, una è sulle politiche del lavoro e sociali (Racc. 2), ma senza alcun riferimento alle disuguaglianze di genere. Nel 2019, in una delle cinque Csr vi è un esplicito richiamo alla questione femminile (Racc. 2). Nello specifico, si chiede di “Sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a lungo termine di qualità”. Qui si parla di ‘strategia globale’, non di un piano nazionale per la parità di genere.

La scelta di inserire nel Pnrr del nostro paese il lancio di una strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 è quindi una scelta del governo, non esplicitamente sollecitata dall’Europa. È utile ricordare che nel piano questa strategia è presentata in coerenza con la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 (Pnrr, p. 39). Vale quindi la pena proporre alcune considerazioni su quest’ultima.

La strategia dell'Ue per la parità 2020-2025

Il 5 marzo 2020, alla vigilia dello scoppio della pandemia da Covid19 in Europa, la Commissione ha pubblicato la Strategia per la parità di genere 2020-2025.[4] Il documento, semplice e breve, inquadra l’operato della commissione in materia di parità di genere e definisce gli obiettivi politici e le azioni chiave per il periodo 2020-2025. Nell’introduzione si legge che la strategia procederà su un duplice binario: da un lato devono essere promosse misure volte a conseguire la parità nei vari ambiti specifici (combattendo la violenza e gli stereotipi, le disuguaglianze in ambito economico, e nei ruoli dirigenziali della società), dall’altro lato è necessario assicurare “una maggiore integrazione della dimensione di genere”, il cosiddetto gender mainstreaming. Segue, nel documento, un’affermazione chiara e forte in proposito:

“La Commissione migliorerà tale integrazione inserendo sistematicamente una prospettiva di genere in ogni fase dell'elaborazione delle politiche in tutti i settori di azione dell'UE, sia interni che esterni.” (p. 2)

Nella sezione dedicata al gender mainstreaming si fa esplicito riferimento alla transizione verde e digitale per sottolinearne le importanti implicazioni per la parità di genere:

“Le sfide principali che l'UE si trova oggi ad affrontare – tra cui le transizioni verde e digitale e il cambiamento demografico – hanno tutte una dimensione di genere. L'inclusione di una prospettiva di genere in tutte le politiche e i processi dell'UE è essenziale per raggiungere l'obiettivo della parità di genere”. (p. 16)

Segue un impegno forte: “la Commissione integrerà la prospettiva di genere in tutte le sue principali iniziative nel corso dell'attuale mandato”. La cartina di tornasole della fragilità politica di questa affermazione è data dalla marginalità delle disuguaglianze di genere nelle raccomandazioni all'Italia degli ultimi due anni, e dall’assenza di un qualsiasi riferimento alla dimensione di genere nei documenti predisposti dalla commissione per fronteggiare la pandemia e proporre un programma di ripresa.

Il genere marginale nelle raccomandazioni 2019 e 2020

Come sopra ricordato, i paesi che intendono utilizzare i finanziamenti previsti dal dispositivo Rrf devono includere nei loro piani di ripresa misure che rispondono in modo efficace alle sfide individuate nelle raccomandazioni ricevute nel 2019 e nel 2020.

Il 20 maggio 2020 la commissione ha presentato le sue proposte per le raccomandazioni ai 28 paesi dell’UE per il 2020.[5] La versione finale delle CSR è quindi stata approvata nella seduta del Consiglio del 20 luglio 2020. Le raccomandazioni per il 2020 si differenziano dal passato essendo incentrate sulle misure da adottare durante la pandemia al fine di ridurre l’impatto economico e sociale, e sulle politiche volte a favorire la ripresa economica, concentrando gli investimenti sulla transizione verde e digitale. 25 paesi (inclusa l’Italia) hanno ricevuto anche una raccomandazione sull’occupazione e i problemi sociali, ma senza alcun riferimento alle disuguaglianze di genere e alle pari opportunità.

Anche nelle raccomandazioni per il 2019, quindi prima della crisi pandemica, l’attenzione sulle politiche per promuovere le pari opportunità risulta al più marginale. Su 28 paesi, solo quattro (Austria, Chechia, Estonia e Italia) hanno avuto una raccomandazione con un riferimento specifico alle disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro.

In breve, la lettura delle raccomandazioni ai 28 paesi dell’Ue degli ultimi due anni suggerisce che l’integrazione della prospettiva di genere era al più marginale nel 2019, e assente nel 2020 in contrasto con quanto affermato nella strategia europea per la parità di genere.  

Dimensione di genere assente nella proposta della Commissione

Il Next Generation EU è lo strumento innovativo pensato per stimolare la ripresa, per un’Europa più verde, più digitale, capace di creare opportunità e posti di lavoro per le nuove generazioni. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf) è il principale strumento di finanziamento dei piani nazionali. Nelle tre proposte di regolamento del Rrf presentate dalla Commissione e discusse dal Consiglio in successione tra maggio e settembre 2020 non si trova alcun riferimento alla dimensione di genere.[6] 

È solo nel regolamento finale, approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo il 12 febbraio 2021, che la dimensione di genere è considerata in modo esplicito (Regolamento (UE) 2021/241). Nelle considerazioni generali, che precedono il regolamento, si legge:

Le donne sono state particolarmente colpite dalla crisi COVID-19, dato che rappresentano la maggior parte degli operatori sanitari in tutta l'Unione e combinano il lavoro di assistenza non retribuito con le loro responsabilità lavorative. La situazione è particolarmente difficile per i genitori soli, l'85% dei quali è costituito da donne. È opportuno che l'uguaglianza di genere e le pari opportunità per tutti e l'integrazione di tali obiettivi siano tenute in considerazione e promosse durante l'intera preparazione e attuazione dei piani per la ripresa e la resilienza presentati ai sensi del presente regolamento. Gli investimenti in solide infrastrutture di assistenza sono essenziali anche per garantire la parità di genere e l'emancipazione economica delle donne, costruire società resilienti, combattere il precariato in un settore a prevalenza femminile, stimolare la creazione di posti di lavoro nonché prevenire la povertà e l'esclusione sociale, e hanno un effetto positivo sul prodotto interno lordo (PIL) in quanto consentono a un maggior numero di donne di svolgere un lavoro retribuito. (paragrafo 28)

Poi, a seguire:

Il piano per la ripresa e la resilienza dovrebbe indicare il contributo previsto per l'uguaglianza di genere e le pari opportunità per tutti, nonché riportare una sintesi del processo di consultazione condotto con i portatori di interessi nazionali. (paragrafo 39)

E nelle disposizioni relative al Pnrr (organizzate in 26 articoli) è stabilito che tra i vari elementi da includere è richiesta:

una spiegazione del modo in cui le misure del piano per la ripresa e la resilienza dovrebbero contribuire alla parità di genere e alle pari opportunità per tutti, come pure all'integrazione di tali obiettivi, in linea con i principi 2 e 3 del pilastro europeo dei diritti sociali, nonché con l'obiettivo di sviluppo sostenibile dell'ONU 5 e, ove pertinente, la strategia nazionale per la parità di genere (art. 18, comma 4, lettera o)

È in questo testo che la possibilità di una ‘strategia nazionale per la parità di genere’ fa la sua comparsa. Sta scritto "ove pertinente" in quanto è una possibilità (che dipende da un’eventuale scelta politica nazionale) non una raccomandazione dell’Europa.

Quindi, è stato il Parlamento europeo che si è fatto carico di correggere ex-post l’approccio gender blind del programma NgEu, il piano per la ripresa proposto dalla Commissione il 28 maggio 2020 e approvato dal Consiglio il 21 luglio 2020. Va ricordato che già il 22 luglio 2020, il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione sulle conclusioni del Consiglio del 17-21 luglio 2020, in cui si richiedeva di introdurre il gender mainstreaming e la valutazione di impatto di genere nel quadro finanziario pluriennale (QFP) e nel NgEu:  

sostiene con forza l'introduzione di obblighi in materia di integrazione della dimensione di genere e impatto di genere (bilancio di genere) sia nel regolamento sul QFP sia in quello relativo a Next Generation EU; sottolinea pertanto che una metodologia di monitoraggio trasparente, globale e significativa dovrebbe essere adottata celermente e se necessario adattata durante la revisione intermedia del QFP.

Perché il documento merita la nostra attenzione

È vero che Commissione e Consiglio hanno proposto uno strumento importante e innovativo per la ripresa economica e sociale dell’Ue (il NgEu e il Rrf), tralasciando di considerare la dimensione di genere. Tuttavia, il Parlamento europeo si è attivato, con successo, sollecitando i paesi dell’Ue a integrare la dimensione di genere nei loro piani di ripresa.

È indubbiamente importante che il piano di ripresa per il nostro paese abbia incluso tra gli strumenti da attivare la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, sebbene ciò non fosse richiesto esplicitamente dall’Europa. Gran parte del merito di questo risultato va di certo riconosciuto alla grande mobilitazione delle donne in Italia, dentro il parlamento e fuori.

È ora necessario il sostegno politico della società civile al fine di assicurare che l’integrazione della dimensione di genere sia effettivo ed efficace, non solo di facciata, come riscontrato con la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025. Nonostante i suoi proclami, è stata a tal punto ignorata che la parità di genere non compariva inizialmente nei documenti che accompagnano il più grande finanziamento comune della Ue, dalla sua fondazione.

È quindi opportuna una valutazione della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 per suggerire eventuali miglioramenti e modifiche in un’ottica costruttiva.

Note

[1] In questo articolo farò riferimento alla versione aggiornata ad agosto 2021 del Pnrr pubblicata sul sito ufficiale del Governo 

[2] Le Csr sono raccomandazioni fatte dalla Commissione, e approvate dal Consiglio, in base alla valutazione dei Piani nazionali di riforma (Pnr) sottoposti annualmente dai paesi dell’Eu, come parte del cosiddetto "semestre europeo". Il semestre europeo consiste in un insieme di procedure volte ad assicurare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio dei paesi membri dell'Ue e della zona euro.

[3] Il regolamento del Rrf, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio del 12 febbraio 2021, prevede “una spiegazione del modo in cui il piano per la ripresa e la resilienza contribuisce ad affrontare in modo efficace tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide, individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese, inclusi i relativi aspetti di bilancio, …” [Art. 18(4), punto b].

[4] Si ricorda che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha ufficialmente dichiarato l’epidemia da Covid19 una pandemia mondiale.

[5] Fino al 2020, il Regno Unito rientra nelle procedure del semestre europeo (che riguarda quindi 28 paesi). È opportuno ricordare che le proposte di Csr della Commissione sono successivamente discusse con vari comitati consultivi che affiancano il lavoro dei ministri nel Consiglio europeo, quindi approvate.

[6] Cfr. Proposta di regolamento del 28 maggio 2020 [COM(2020) 408 final]; proposta di regolamento approvata dal Consiglio europeo straordinario, 17-21 luglio 2020; proposta di regolamento del 17 settembre 2020 (che considera le conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio) [SWD(2020) 205 final].

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